«Pesante il prezzo del patto con la Turchia»

«Pesante il prezzo del patto con la Turchia» GLI STATI UNITI RISCHIANO PI TROVARSI INTRAPPOLATI NELLE ftlVENDlCAZIÓNI (NCROCIATE TRA CURDI E ANKARA «Pesante il prezzo del patto con la Turchia» il generale Clark: troppi miliardi e troppe complicazioni nel dopoguerra intervento Wesley Clark SEMBRA che alla fine sia stato raggiunto un accordo con la Turchia, la nostra alleata di lungo corso, sull'utilizzo del suo territorio per invadere l'Iraq da Nord. Purtroppo la natura pubblica del negoziato è stata imbarazzante e sgradevole: il prezzo troppo alto (una donazione di 6 miliardi di dollari e prestiti per un'altra trentina di miliardi) riduce la legittimità degli obiettivi e dei metodi americani nella regione. Che cosa abbiamo comprato esattamente dalla Turchia? Abbiamo comperato il diritto di accesso all'Iraq per la durata della guerra al prezzo di gravi complicazioni dopo la guerra. Non a caso gli ostacoli al negoziato sono stati, più che la quantità degli aiuti, problemi operativi come il comando e il controllo, i profughi, il disarmo dei curdi, l'influenza sul governo dopo Saddam, che sarà fondamentale per il successo delle operazioni post-belliche in Iraq. Le stesse forze che hanno assicurato l'acquiescenza turca alle richieste Usa - nonostante la schiacciante opposizione della popolazione turca alla guerra - minacciano difficoltà per il dopoguerra. La Turchia ha un bisogno disperato dell'aiuto finanziario americano ma vede a rischio i suoi interessi vitali in una guerra guidata dagli Stati Uniti. Deve impedire la nascita di uno Stato curdo separato; deve impedire l'ingresso in massa di profughi curdi sul suo territorio, che inasprirebbero i problemi di sicurezza interna; e deve ottenere l'immediata ripresa del flusso petrolifero dall'Iraq. Per impedire la nascita di uno Stato curdo, la Turchia pretenderà che le forze curde vengano disarmate e, si dice, che le sia riconosciuta qualche forma di accesso o di influenza sul governo iracheno post-guerra. Ma chi reabzzerà il disarmo e come verrà assicurato? Sappiamo dall'esperienza in Bosnia e in Kosovo che disarmare gente che ha combattuto per anni nel suo Paese è difficile, delicato e solo parzialmente efficace. Sciogliere le unità combattenti significa semplicemente spingerle nella clandestinità. Conserveranno armi ed equipaggiamenti per la stessa ragione per cui se li sono procurati: raggiungere i loro obiettivi politici. In questo caso, purtroppo, gli obiettivi politici curdi e turchi sono diametralmente opposti. Se nel disarmo dei curdi saranno impegnate anche le forze turche, sarà inevitabile un aumento delle tensioni e della conflittualità latente. Domenica scorsa Hosyar Zebar, portavoce del Partito democratico del Kurdistan (Pdk), ha ammonito che «qualunque intervento turco sotto qualunque pretesto porterà a scontri». Eppure, anche escludendo la partecipazione turca alle operazioni di disarmo, cammineremo sulle uova cercando da un lato di rassicurare i turchi, dall'altro di riconoscere le legittime preoccupazioni dei curdi sulla struttura dell'Iraq dopo il conflitto e sul loro ruolo in quella struttura. Immaginate dunque la situazione: lavoreremo con i curdi per far deporre loro le armi, mentre la Turchia baderà che il nostro lavoro non sia inadeguato. Cercheremo di far nascere un governo locale efficace, in un sistema federale, mentre i turchi vedranno la loro sicurezza meglio servita dal rafforzamento del governo centrale e forse anche dalla restituzione all'Iraq del Nord di quegli elementi sunniti e arabo-iracheni che i curdi hanno respinto per più di un decennio. I curdi guarderanno con sospetto qualunque rappresentante turco o canale di comunicazione particolare con il governo centrale di Baghdad che verrà dopo il conflitto. Ci affretteremo a ridurre le forze Usa, mentre i turchi resteranno sul campo, preoccupati di evitare qualunque scintilla di indipendenza curda. E saremo capaci, in mezzo a questo bailamme, di nontenere l'influenza di altri outsider come l'Iran, che vedono an- ch'essi a rischio i loro interessi? E' probabile che si rivelino problematici pure gli aspetti umanitari dell'accordo. A quanto pare, le forze turche penetreranno di qualche lunghezza nell'Iraq del Nord per impedire il flusso di profughi curdi in casa loro attraverso il confine. E così facendo daranno l'impressione di voler stabilire una zona cuscinetto per combattere le infiltrazioni dei curdi o la minaccia della loro indipendenza. Io spero che noi chiederemo alla comunità internazionale di sovrintendere all'attività umanitaria, in modo da garantire che l'attività turca sia diretta esclusivamente all'allestimento di campi profughi temporanei e ai servizi umanitari che probabilmente saranno essenziali durante il conflitto e immediatamente dopo. E' probabile che anche i pozzi petroliferi di Kirkuk saranno un altro problema. I timori turchi che il controllo curdo su di essi incoraggerebbe la nascita di un Kurdistan indipendente non sono irragionevoli, ma la questione a più lungo termine sarà la nuova struttura dell'industria petrolifera irachena, la decentralizzazione del controllo e la distribuzione dei profitti. Quand'anche elementi curdi non fossero già ben piazzati per prendere l'immediato controllo di quei pozzi petroliferi appena spezzata la salda presa di Saddam, il crescere dell'influenza curda nel dopoguerra potrebbe essere difficile da controllare. E creare agli Stati Uniti difficoltà politiche interne che non vogliamo. Infine, senza conoscere i dettagli dei negoziati e delle compensazioni, è impossibile sapere se i vantaggi dell'accesso all'Iraq e della partecipazione turca alla guerra valgono il prezzo e i rischi del dopoguerra. Speriamo che l'accordo consenta, per il tempo della guerra, l'accesso che riteniamo necessario e che i problemi del dopoguerra finiscano per rivelarsi gestibili. Però, come chiariscono bene sia l'andamento sia la sostanza dei negoziati con la Turchia, questa guerra contro Saddam è molto diversa dalla precedente. Quando sarà finita, è probabile che a Baghdad ci sarà un altro regime, ma la minaccia di Al Qaeda continuerà a esserci. Copyright The Wall Street Journal 2003 Dow Jones S Company Ine Il generale Clark è stato comandante delle forze Nato in Europa dal 1997 al 2000. Ora è analista militare per la Cnn ^ém* Quando tutto ™" sarà finito è quasi certo che a Baghdad ci sarà un nuovo regime ma la minacciaci Qaeda non sarà stata debellata E resteranno aperti i problemi dei profughi del disarmo dei curdi e dei pozzi petroliferi di Kirkuk. lo spero che i vantaggi dell'accesso al Nord del Paese valgano tutto ciò fBB ^1 l . :p L'ex generale Wesley Clark

Persone citate: Wesley Clark