Michelangeli in un doppio cd di Sandro Cappelletto
Michelangeli in un doppio cd IN VENDITA CON LA STAMPA QUESTA SETTIMANA Michelangeli in un doppio cd Sandro Cappelletto Moltidei titoli più amati, quelli dove più netto è il segno del suo genio di interprete: il doppio compact-disc che La Stampa propone questa settimana offre, anche grazie a due Concerti di Mozart incisi con Carlo Maria Giulini come direttore, un'antologia preziosa dell'arte di Arturo Benedetti Michelangeli, a otto anni dalla morte, avvenuta a Lugano nel 1995, il contributo del pianista alla storia della musica e della sua interpretazione rimane fondamentale. Vanno nell'ombra le polemiche, gli aneddoti, i capricci imprevedibili che spesso gli si imputavano: la cancellazione improvvisa di concerti già stabiliti, per la disperazione di pubblico e organizzatori; la cura, quasi ossessiva, verso i suoi pianoforti prediletti, che faceva viaggiare per cielo e per mare pur di averli sempre disponibili. L'irritabilità, estrema come la timidezza; il fastidio verso l'assalto dei media, la riluttanza a concedersi alle telecamere, la sincera antipatia per le interviste. E più si negava, più veniva desiderato, come capita soltanto agli artisti più amati, più necessari. Questo disco ci riporta alla sua prima maturità e svela dei furori profondissimi. Nato a Brescia nel 1920, Michelangeli ha soltanto diciannove anni quando vince il concorso di Ginevra e si impone, subito, all'attenzione internazionale. Chi associa al La copertina del ed suo nome l'idea di un pianismo impeccabile, però imbrigliato nell'eleganza fredda del classicismo, asettico, avrà motivo di ricredersi. In queste esecuzioni giovanili, comprese tra 1942 e 1948, Michelangeli getta un' energia incontenibile. Nelle Variazioni su un tema di Paganini di Brahms come nella Ciaccona di Bach trascritta da Feruccio Busoni, avremmo bisogno di un sismografo per registrare le variazioni dell'intensità del suono, le accelerazioni improvvise e violente, le spezzature del tempo del racconto, la durezza adamantina dei suoni più acuti: un estro folle, quasi dei raptus che negli anni successivi non si sarebbe più permesso. Un'attitudine che in- vade perfino Malaguena, del compositore spagnolo Isaac Albéniz. Un eccesso, un'esagerazione scandalosi, estremi, eppure sempre del tutto controllati. Ancora più netto, allora, diventa il contrasto con certi attacchi in pianissimo, con i suoi impercettibili respiri, così evidenti in Chopin e nei due concerti mozartiani, registrati a Roma nel 1951 e diretti da Giulini. Tra i due artisti, quasi perfettamente coetanei, nasce un dialogo vero, che nel tempo produrrà altri incontri, altri esiti memorabili. Neppure qui prevale il piacere dell'indugio, del gesto retorico; vincono i chiaroscuri, il dialogo continuo tra luci e ombre, il piacere di ascoltarsi tra orchestra e solista, nel segno di una vitalità, di un'originalità artistica assolute. La copertina del ed
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