RADIO SHERWOOD La protesta corre sul filo

RADIO SHERWOOD La protesta corre sul filo VIAGGIO NEL «QUAnTIER GENERALE» DEI DISOBBEDIENTI DEL NORD EST RADIO SHERWOOD La protesta corre sul filo reportage AldoCazzullo inviato a PADOVA PRONTO? Sono in onda? Ciao! Sono Danilo da Volta Brusegana. Siamo tutti quanti lungo i binari, abbiamo occupato simbolicamente il passaggio a livello, e anche il parroco è con noi!». Si chiamava Radio Sherwood, era la radio dell'autonomia padovana. 1976. Fondatore Emilio Vesce. Pezzo d'apertura delle trasmissioni, la Marcia di Mickey Mouse, cioè Viva Topolin. Oggi si chiama Global Radio. Trasmette di continuo ima vecchia canzone reggae dì Bob Màrlèy nella versione dei 99 Posse, Stop that train. Coordina ima rivolta che usa tutti gli strumenti della comunicazione tecnologica, telefonini, satellite, Internet. Intervista all'on. Luisa Morgantini: «L'altra sera mi sono trovata a dibattere con Bondi, il portavoce di Forza Italia. Dice che siamo eversivi. Forse lo siamo; ma anche la guerra lo è». Conduttore: «Brava Luisa! L'hai messo alle corde, quel Bondi!». «Grazie, sì, ma è stata dura. Quel Bondi è tremendo. Faccia d'angelo, ma perverso». In collegamento dalla base Nato di Ederle, l'inviata Silvia trasmette in diretta l'ispezione dei Verdi che si muovono con la sagace rapidità di Al Baradei negli arsenali iracheni: «Siamo qui al seguito dell'onorevole Luana Zanella e del consigliere regionale Gianfranco Bettin, che devono controllare se nella caserma siano nascoste armi batteriologiche o all'uranio impoverito». Sono venti ragazzi, in quattro stanze all'ombra delle cupole della basilica del Santo. Ma fuori sono molti di più. Il principio è che chiunque può diventare giornalista ed editore. Le chiamano «isole di produzione e conduzione»: basta un computer collegato in rete per registrare files che vengono poi trasmessi. La radio si può ascoltare sul segnale di emittenti alleate, come Radio Cirama («caos» in calabrese) di Cosenza. 0 dalla tv, via satellite: «Arriviamo fin nei paesi arabi», come la Cnn e Al Jazeera. Oppure on-line, sul sito Internet www. globairadio.it, disponibile anche in inglese. E' lo stesso sistema con cui stanno nascendo le tv dei Disobbedienti, network clandestini di quartiere: ce ne sono già venti, trasmettono nel raggio di un chilometro. Una rete che raccoglie e distribuisce dissenso. Uno sfogatoio e un alimentatore. Telefonano a decine e quasi nessuno riesce ad andare in onda. Chiedono e ricevono notizie. Dove andare, cosa fare, come farlo. Oggi è giomo di mobilitazione. Milena, Mariella, Giovanna, Barbara, Ivan si alternano a trasmettere il programma delle manifestazioni. «Ore 15, tutti alle stazioni di Bergamo, Padova, Cittadella, Bologna San Ruffillo. Ore 15 e 30, tutti alla stazione di Fornovo. Ore 16, tutti alla stazione dì Abano Terme. Ore 15, a Montegrotto, Verona, Brescia. Ore 18, a MonseUce...». L'on. Morgantini annuncia la sua imminente missione negli Stati Uniti: «Da domenica sarò nel ventre della balena. Andremo al Congresso e alle Nazioni Unite a dire che la "vecchia Europa isolata" non è isolata da chi crede nella giustizia». Collegamento dalla base Nato: «Qui è pieno di militari che circolano. Ci sono moltissime persone in divisa. Vicenza vive così quotidianamente l'angoscia della guerra». Altra telefonata: «Sono Mimma da Palermo. Sono in stazione, abbiamo appena occupato gli uffici di Trenitalia! Ci sono i centri sociali e tutto il movimento antagonista della città: siamo in cinquanta. Alcuni lavoratori sono con noi, altri no». Studio: grazie Mimma, ma la gente, la gente è con voi? Mimma: «La gente ci guarda un po' stupefatta, ma in linea di massima sembrano abbastanza d'accordo». E' così sin da venerdì. Global Radio è il punto di riferimento della battaglia dei treni. Gli altri giorni si susseguivano le segnalazioni sul percorso dei convogli fantasma, avvistati ora a Sud ora a Nord del Po, ora di qua ora di là dell'Appennino. E poi gli annunci: «Siamo su un treno passeggeri, abbiamo tirato il freno d'emergenza». Il convoglio di oggi è fermo a Grisignano di Zocco. L'indiscrezione che arriva dalle staffette è che potrebbe prendere la direzione opposta, puntare verso la Slovenia anziché su Camp Darby e il porto di Livorno, aggirare gli ostacoli arrivando via terra sino in Turchia. Voce affannosa di Casarini: «Pisanu attento che vi stiamo monitorando. Le nostre staffette tra Mantova e Parma e tutti i passeggeri sono pronti a darci notizie del convogliò». L'on. Morgantini: «Bush è stato eletto solo con il 3L per cento dei voti e deve tenere conto di questo movimento multicolore. In America andremo con tante tante bandiere della pace!». In diretta dalla base Nato: «1 Verdi hanno portato anche un metal detector, un rilevatore di uranio, per vedere se la radioattività è più alta del normale. Il livello standard è 0,07. E possiamo dirvi che avvicinandoci alla base i numeretti si alzano». «Sono Gianmarco da Bologna. Qui siamo centinaia. Ci sono anche centinaia di poliziotti però. Con noi ci sono un sacco di sacerdoti, dehoniani e non solo! Abbasso Guazzaloca e i suoi intrighi con l'ambasciatore americano! Ma noi l'abbiamo visto, il signor Mei Sembler, mentre usciva con la scorta da Palazzo d'Accursio...». Riaffiora il lessico degli Anni Settanta. Repressione. Occupazione. Ritoma la ginnastica della guerra. Anche a Padova, come a Pisa, ci sono gli echi, i luoghi. Ma i modi e le prospettive non potrebbero essere più lontane. Qui nessuno crede non si dice alla rivoluzione, ma anche all'idea di poter bloccare davvero non si dice la guerra, ma anche un ingranaggio della macchina bellica americana. Lo iato tra le parole e le intenzioni, quello sì ricorda l'altra epoca. Il trainstopping è testimonianza. Rappresentazione che agli attori pare tragica e ai denigratori farsesca. Spia di un dissenso diffuso, di un'angoscia, di un'insofferenza che potrebbe essere altrimenti incanalata in forme allora sì davvero pericolose. Si divide l'Ulivo, e neppure questa è una novità. L'aspirazione alla rivolta è rivendicata più che esercitata. «Non basta dirsi sabotatori e disertori, bisogna esserlo!» proclama la radio. Poi racconta di bandiere, striscioni, canzo- ni. Non ci sono libri di Toni Negri, qui in redazione. Solo i giornali di ieri, e una copia di Micromega. Le foto di Tano D'Amico e Sebastiao Salgado, la bambina vietnamita e Casarini abbracciato a quattro bimbi del Chiapas. Casarini leader unico ed editore ombra è ritratto in tutte le posizioni, tipo Ibrahim Nafie direttore a vita di Al Abram primo quotidiano del mondo islamico, alle pareti anche i ritagli dei giornali con la notizia «Casarini arrestato a Copenaghen». Poster di associazioni che si chiamano Invisibili, Razzismo stop, Difesa dei lavoratori, centro sociale Pedro. Adesivi invitano a degustare e diffondere il «café rebelde zapatista». Tazebao contro il sindaco di Treviso Gentilini. Festa in maschera «a sostegno delle spese legali e processuali per l'inchiesta sulle giornate di Genova». Genova è stata la grande prova, il rito iniziatico, la «perdita dell'innocenza» come per quell'altra generazione piazza Fontana. E' presto per dirlo, ma gli esiti sembrano opposti, il sangue non è stato lavato, la spirale della violenza non si è innescata. Sono successe cose molto più grandi, dopo. C'è la guerra. L'on. Morgantini: «Boselli ci dice di scendere dai treni, D'Alema ci critica? Bisogna lasciarli perdere. Sono così penosi». Prima intervista rubata a Bettin all'uscita dalla base: «Sono stati gentili, mi hanno anche offerto il caffé. Sì, il caffé era abbastanza buono». Ciccio da Pisa: «Stanno arrivando compagne e compagni da tutta Italia per la grande manifestazione del pomeriggio. Il presidio lungo i binari andrà avanti per tutta la notte. Alla stazione i passeggeri si affacciano ai finestrini e applaudono le bandiere della pace». Intermezzo musicale. Musica indipendente, di preferenza. Rock ossessivo. Ma anche cantautori locali, gruppi sconosciuti alternati a Manu Chao, Noir Desire, Subsonica. La giomata si mette bene: «Ottime notizie: il sindaco di San Secondo, di Fornovo, di Cascina sono con noi!». «E non solo: Cento città americane in rivolta contro la guerra dall'Arizona al Minnesota!». Spot. «Pubblicità etica» assicurano i redattori: commercio equo e solidale, riviste musicali. Telefonata: ((Abbiamo tirato il freno d'emergenza sulla Bologna-Ferrara, e nessuno ha protestato!». Arriva il pranzo: pentolone di pasta e fagioli. L'on. Morgantini tranquillizza gli ascoltatori: «Non starò a lungo in America. L'8 marzo tomo e sarò con voi, nei porti e negli aeroporti, a bloccare i veicoli della morte». L'on. Zanella relaziona sulla prima ispezione: «E' solo l'inizio. Torneremo. Il colonnello ha avuto un approccio tranquillizzante. Ma ci dev'essere ben altro, qua dentro». I blocchi dei treni vengono narrati dai «mediattivisti»: in redazione non ci sono libri di Toni Negri ma tanti giornali, una copia di Micromega, le foto di D'Amico e Salgado E, dappertutto, immagini di Casarini, in azione o abbracciato ai bimbi del Chiapas Musica indipendente, di preferenza. Rock ma anche cantautori locali, gruppi poco noti alternati a Manu Chao, Noir Desir, Subsonica. E la giornata si mette bene: «Ottime notizie: i sindaci di San Secondo, Fornovo, Cascina sono con noi!» Nata nel 75, l'emittente dell'autonomia padovana apriva le trasmissioni con la Marcia di Mickey Mouse. Orasi chiama Global Radio, trasmette news e musica di Marley, coordina una rivolta high tech e internettiana Dimostranti pacifisti durante la manifestazione di ieri a Pisa Attivisti in azione ieri all'aeroporto militare di Pisa