De Vìllepin riceve Frattini: il Raiss distrugga i missili di Cesare Martinetti

De Vìllepin riceve Frattini: il Raiss distrugga i missili De Vìllepin riceve Frattini: il Raiss distrugga i missili La Francia più cauta sulla minaccia di veto al Consiglio di sicurezza Onu Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Dominique de Villepin lancia un appello all'Iraq: «Distruggete quei missili». Franco Frattini aggiunge: «Significherebbe già qualcosa...» Anche «qualcosa» di comune tra Francia e Italia che sono state finora schierate su fronti diversi nella crisi irachena e che provano invece ad avvicinarsi: «Ci siamo incontrati a metà strada, sulla linea delTUnione Europea», dice il ministro degli Esteri italiano. Dunentichiamo il passato, la «lettera degli otto» firmata anche dall'Italia contro l'asse franco-tedesco della «vecchia Europa» e «lavoriamo insieme per trovare una soluzione pacifica», dice il ministro degli Esteri francese. Ma - chiede un giornalista francese al suo ministro - andrete fino in fondo, fino al veto nel Consiglio di Sicurezza Onu? De Villepin dà una risposta articolata: «Perché si possa parlare di veto, bisogna che all'interno del Consiglio si verifichi che un Paese riesca a ottenere la maggioranza di nove voti per far approvare un suo progetto. Non siamo in questa situazione e dunque non c'è ragione di parlare di veto». Questo significa che la Francia sta tentando di sgombrare l'orizzonte dal feticcio del «veto» (di cui dispone con Usa, Russia, Cina e Gran Bretagna) anche se la sua posizione sulla crisi è ferma al dogma «la guerra è l'ultima soluzione, continuiamo le ispezioni». Però bisogna sottolineare che esattamente alla stessa domanda, un mese fa, all'Orni, de Villepin aveva risposto in ben altro modo: «Nous irons jusq'au bout», andremo fino in fondo. Fino al veto. Sotto la girandola di incontri, vertici, pranzi, cene, telefonate qualcosa si muove. Se il presidente Chirao continua a dichiarare la linea di sempre, come ha fatto anche ieri alla fine di un «déjeuner» col premier spagnolo José Maria Aznar («Siamo amichevolmente in disaccordo»), i suoi uomini danno l'idea del movimento in atto. Il primo ministro Jean-Pierre Raffarin, per esempio, aprendo ieri pomeriggio il dibattitto aìTAssemblée Nationale, ha detto che una guerra immediata contro l'Iraq sarebbe oggi «illegittima»: «Noi non vogliamo uno 'scontro di civiltà, tuttavia non scartiamo alcuna ipotesi, nemmeno il ricorso alla forza, anche se il nostro impegno è per la pace». E infine: «Il popolo americano può contare sulla fedeltà della Francia». Il passaggio all'Assemblée è stato blindato - si dice - da un intervento diretto di Chirac sul presidente dell' Assemblea Jean-Louis Debré, che aveva imprudentemente parlato di dibattito aperto e da concludersi con un voto. Invece il dibattito è stato severamente regolamentato (un intervento solo per ogni partito) e non si è concluso con un voto. E' chiaro che Chirac vuole tenersi aperte tutte le opzioni. All'Assemblée l'intera l'opposizione, ma anche parte della maggioranza, hanno chiesto che la Francia dica risolutamente no a questa guerra fino al veto in Consiglio di Sicurezza. Una maggioranza parlamentare su questa posizione sarebbe stata imbarazzante per il Presidente. E intanto altri movimenti sono in corso, per esempio sulla Convenzione europea. Chirac e Aznar hanno annunciato ieri un documento a quattro (Parigi-Berlino-Madrid-Londra) nel «cantiere» della nuova Costituzione della Uè. Si tratterebbe di aggiungere il contributo inglese e spagnolo alla proposta franco-tedesca per istituire un presidente del Consiglio europeo e rafforzare il presidente della Commissione. E l'Italia? E' un «documento aperto», ci ha risposto il portavoce delTEliseo, che non vuole escludere nessuno, ma che al momento ha l'appoggio solo dei quattro. Franco Frattini, ieri alla sua pri¬ ma visita a Parigi da ministro degli Esteri, ha contemporaneamente lanciato l'idea di un «messaggio politico» unico da parte dei «sei paesi fondatori» alla Convenzione per superare i «conflitti di sensibilità». Ma tra i sei fondatori non ci sono né la Gran Bretagna, né la Spagna. Insomma le iniziative si sommano, la diplomazia è in movimento, compresa - con la sua «specialità» - quella italiana: «Noi non siamo membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu - ha detto Frattini - per questo svolgiamo un'azione politica, non di mediazione ma di convincimento». Per l'Italia si deve disarmare Saddam ma per via pacifica, però le ispezioni «non possono continuare à tempo indeterminato, ci va di mezzo la credibilità dell'Onu». Ma Saddam deve essere rovesciato come dicono gli Stati Uniti? Frattini: «L'obbiettivo della risoluzione Onu non è quello, ma francamente non credo che il dittatore possa conservare il potere una volta disannato».