La polpetta avvelenata cucinata a Palazzo Grazioli

La polpetta avvelenata cucinata a Palazzo Grazioli mu?0uiica.6 lo svmimmm pelle «sedi isxm^aù» m^ù^ La polpetta avvelenata cucinata a Palazzo Grazioli La dimora del Cavaliere, da tempo, è sede di vertici e cene tra alleati, con regali, cuochi e canzoni. Ma ieri vedersi lì è stata una buona idea? retroscena Filippo Ceccarelli ROMA ■ palazzi, si sa, non sono mai neutrali. L'egocrazia, o regime personale, ha senz'altro i suoi vantaggi e le sue comodità logistiche. E' tutto più rapido, ad esempio: il sovrano decide e gli altri eseguono. Se il sovrano è intelligente, prima ancora che illuminato, farà credere agli esecutori di averli coinvolti nelle sue decisioni. Non di rado, se è particolarmente bravo, i suoi vassalli e cortigiani si convinceranno che così è stato. Eppure mai si sposterà dalla sua reggia. Ricevere è infatti un'arte gentile, ma è anche un fatto di potere. Palazzo Grazioli Laute della Rovere, a via del Plebiscito, è la residenza romana di Silvio Berlusconi. Di recente il presidente del Consiglio ha ricordato che si tratta (anche) del Comitato di Presidenza di Forza Italia. Ma quando si dorme in un posto, questo diventa prima di tutto una casa. A casa Berlusconi, negli ultimi due giorni, si sono tenuti tre vertici, tutti dedicati alla Rai, che per l'anfitrione non è esattamente l'argomento più pacifico. Tanto non lo è che quando in Consiglio dei ministri si devono affrontare delle questioni connesse alla Rai, lui si alza e se ne va, per garbo istituzionale; seguito dal sottosegretario Gianni Letta. Dei tre vertici, due si sono tenuti all'ora di pranzo e uno all'ora di cena. Le agenzie di stampa sono generalmente prodighe di informazioni sugli orari e sui vari partecipanti, ma ieri e ieri l'altro non si sono soffermate sulla probabile circostanza che, a Palazzo Berlusconi, ci si sia anche seduti a tavola, a mangiare. I piatti del cuoco Michele, che negli ultimi tempi sembra si siano arricchiti di uno straordinario pesce (aragoste e frutti di mare) che arriva fresco dall'Africa del nord, dono personale del governo algerino. Anche questo di dividere il cibo con i suoi alleati e collaboratori (non necessariamente vassalli e cortigiani) è un atto di cortesia, ma anche un inconfondibile segno del comando. Il presidente Berlusconi riceve, nutre e sollazza abitualmente i suoi ospiti e interlocutori, anche internazionaU. Entrare a Palazzo, più che una necessità, è un privilegio. Non molto tempo fa, è stato festeggiato qui anche il compleanno del ministro Castelli. Qualche volta, dopo il pasto, si presenta per il caffè il presidente del Senato. Una sera indimenticabile, al termine di una cena seguita a un vertice con i presidenti dei gruppi parlamentari della maggioranza, si è aperta una porta della sala da pranzo e, a sorpresa, è entrato un ometto con la chitarra: Apicella. Bravissimo. Berlusconi ha fatto ascoltare ai suoi appagati commensali c'erano stati anche dei regali - una composizione musicale romantico-napoletana. L'onorevole La Russa l'ha tenuta a battesimo, cioè gli ha dato il titolo: Meglio 'na canzone. Tutti hanno applaudito. Ma nelle ultime riunioni a via del Plebiscito non tirava aria né di orologi in regalo, né di Apicella. L'impressione, anzi, è che proprio questo palazzo signorile e ancora di più la circostanza di avervi tenuto tre vertici a ripetizione sulla Rai abbiano creato un sacco di problemi a Berlusconi, alla maggioranza, al governo, ai presidenti delle Camere, alla Rai, ai suoi prossimi consiglieri d'amministrazione e in ultima analisi ai cittadini e ai telespettatori italiani. In altre parole: era meglio se quelle riunioni non si tenevano. E meglio ancora se non si tenevano in quel luogo, ormai divenuto simbolo dell'irrisolto o irrisolvibile conflitto d'interessi non solo tra il Berlusconi presidente del Consiglio e il Berlusconi-Mediaset, ma anche tra il capo di una coalizione democratica in una Repubblica parlamentare e il sovrano assoluto di una signoria politico-mediatica abituato a decidere in prima persona e per conto di tutti. Fino a qualche anno fa i confini erano netti, intangibili. Sarebbe stata impensabile «la cena del lunedì» ad Arcore. Anche allora i vertici si sprecavano, le nomine pure, ognuno cercava di piazzare i suoi nei consigli d'amministrazione. Ma la sede del governo era a Palazzo Chigi, dove peraltro si mangiava malissimo, pizzette scivolose, tramezzini rinsecchiti. Nessuno pagava l'affitto e Mediaset faceva regali a nessuno. Ma i luoghi istituzionah erano proprietà dello Stato e quindi dei cittadini. Quando Craxi e De Mita si prendevano a male parole per qualche poltrona, Giulio Andreotti s'improvvisava paciere e per convincere l'uno o l'altro usava un'espressione che i tempi hanno completamente ribaltato. Diceva Andreotti: «E insomma, mica dovete passare le vacanze insieme...». Ecco, per Berlusconi, passare le vacanze insieme rientra oggi a pieno titolo nell'attività politica: corse in Sardegna, inviti a Portofino, figliole di Putin, cene del lunedì, pranzi del martedì, canzoni del mercoledì, conferenze stampa nel «parlamentino» di Palazzo Grazioli, arredato dall'architetto Pes in bronzo e legno, sotto la riproduzione de «Il Buongoverno» di Ambrogio Lorenzetti. Nel settembre scorso, a villa La Certosa c'era il vertice del Partito popolare europeo, ma i giornalisti presenti avevano scritto sulla targhetta di riconoscimento: «Presidenza del consiglio». E nessuno sarà in mala fede, le antiche distinzioni sono certamente saltate, i tempi appaiono confusi. Il Cavaliere oltretutto è lì, in qualche modo, anche perché viene da un mondo refrattario alle vetuste liturgie. In più, il personaggio adora lo stile informale, irrituale. Ma in questo modo comunque non ci si capisce più niente. Che cosa è di Berlusconi e cosa del governo, cosa di Mediaset e cosa dello Stato. E alla lunga, tra un vertice e l'altro, una cenetta e l'altra, il presidente del Consiglio finisce per sembrare il proprietario delle istituzioni, che sarebbe uno di quei controsensi che funzionano solo qui in Italia. E neanche a dire che di questo non si è parlato, negli ultimi tempi. Ci sono fior di analisi di Dahrendorf e di De Rita sullo svuotamento delle sedi istituzionali. Il professor Sartori ha parlato addirittura di una democrazia totalitaria: «I meccanismi del regime berlusconiano restano democratici, ma il sistema è totalmente pervaso sul piano politico e su quello economico, dal potere personale di una sola persona». Non sarà, anche lui, un simpatizzante del centrodestra, ma per Umberto Eco questa forma di potere personale ha precedenti solo negli imperatori romani. Non si può pretendere che Berlusconi sposi tali punti di vista, eppure è strano come sulla Rai non si sia reso conto che questo andazzo - che pure, dalla sua, ha probabilmente ragioni «di sistema» - si sarebbe risolto in modo particolarmente catastrofico per la maggioranza. Dopo tre vertici a Palazzo Berlusconi, qualsiasi nome, qualsiasi cinquina, anche una presidenza Biagi, per assurdo, con Luttazzi e Santoro in consìglio e Roberto Zaccaria ripescato alla direzione generale sarebbe nata male e accolta peggio. E ora cosa possono fare Pera e Casini? La presidenza Rai al fondatore di McDonald's e re dell'hamburger italiano era già una scelta impegnativa. Deciderla per giunta a Palazzo Grazioli è stato come preparare nel vassoio, con le patatine e la Coca cola, la più classica polpetta avvelenata. Deciderla nell'abitazione privata del premier è stato come preparare nel vassoio una pietanza difficilmente digeribile La presidenza di viale Mazzini assegnata al numero uno di McDonald's era una scelta impegnativa Palazzo Grazioli La villa di Arcore

Luoghi citati: Arcore, Italia, Portofino, Roma, Sardegna