MAGRITTE il surrealista barocco

MAGRITTE il surrealista barocco MAGRITTE il surrealista barocco AL JEU DE PAUME UNA GRANDE RETROSPETTIVA SUL MAESTRO DELL'INCONSCIO CHE AMAVA DE CHIRICO E MAX ERNST E ISPIRO REGISTI COME HITCHCOCK FONTE di suggestioni per registi (primo fra tutti il grande Hitchcock), saccheggiato dai pubblicitari, dagh illustratori e dagli autori di videoclip, ma anche significativo punto di riferimento per molti artisti pop e concettuali, da Johns a Oldenburg, da Broodthaers a Kosuth. René Magritte rimane senza dubbio il più attuale fra i grandi protagonisti del gruppo storico dei surrealisti. È uno dei pochi esempi di pittore amato e apprezzato sia dal grande pubbhco sia dagli intellettuali più raffinati, e questo grazie al fatto che le sue opere, caratterizzate da una figurazione precisa, apparentemente banale e didascalica e allo stesso tempo da una carica di invenzione fantastica sempre intrigante, possono essere fruite a differenti livelli di complessità. Questa grande retrospettiva che si è aperta alla Galerie Nazionale du Jeu de Paume, è una straordinaria occasione per poter verificare la qualità unica del suo lavoro, attraverso una accurata selezione di un centinaio di dipinti, tra cui quelli più celebri ma anche molti poco conosciuti. La mostra, curata da Daniel Abadie, ha un'impostazione abbastanza classica, con un' articolazione cronologica scandita in tre principali periodi. Il primo, fondamentale, che va dalla metà degli anni '20 alla fine degli anni '30, e che comprende i quadri dove è più chiara l'influenza di de Chirico e di Max Ernst (i due artisti più stimati), quelli incentrati sul problematico rapporto fra parole e immagini e fra le cose e i loro riflessi, quelli che mettono in scena, con valenze ironiche e di humour nero, situazioni ambigue e LA MODESETTFranceparadossali, e quelli più esplicitamente elaborati in chiave metamorfica. C'è poi il periodo degli anni'40, dove l'artista si lascia tentare da un certo barocchismo postimpressionista, sia pure sui generis. E infine la fase che comprende gh ultimi due decenni (fino al 1967, anno della sua morte) segnata dal definitivo successo intemazionale anche dal punto di vista mercantile. La produzione dell'ultimo periodo, anche se è contraddistinta da un numero fer¬ se eccessivo di repliche più o meno variate di idee precedenti, ci offre ancora invenzioni sorprendenti. Per molti versi, il critico Patrick Waldberg non ha torto a dire che l'artista belga è il più coerente prosecutore della metafisica dechirichiana, in termini comunque profondamente originali. Del resto, lo stesso Magritte ha precisato in varie occasioni l'importanza cruciale del «pictor optimus» come ispiratore della direzione definitiva della sua ricerca. La visione del quadro Canto d'amore lo emoziona fino alle lacrime, «i miei occhi videro il pensiero per la prima volta». Attraverso de Chirico, Magritte scopre il potere affascinante di ciò che viene considerato bana- STRA LA MANA o Poli ie, il mistero e l'enigma che si nascondono nelle cose quotidiane, quando vengono contemplate al di fuori della logica del senso comune; e la contraddizione insanabile fra apparenza e realtà, tra spazio mentale e spazio reale. Il principio che informa la sua pittura, di aspetto così provocatoriamente «normale» e descrittivo, è quello dello spostamento, dello spiazzamento delle cose e dei loro attributi, in modo da produrre nello spettatore una sorpresa, un cortocircuito mentale affascinante e inquietante. Numerosi sono gli elementi fantastici e le elaborazioni metamorfiche, con valenze più specificamente surrealiste (importante è in questo senso l'influenza iniziale di Ernst), ma la metamorfosi investe gli oggetti e le figure soprattutto sul piano semantico, attraverso particolari processi di ibridazione e condensazione. Si può dire che Magritte si distacca dagh altri surrealisti perché il suo interesse per la dimensione dell'inconscio, dell' onirico e del fantastico è sempre accompagnato da una ben precisa coscienza critica, ironica e corrosiva, di carattere concettuale. E qui sta, soprattutto, la modernità del suo linguaggio visivo. Tra i dipinti che mettono in evidenza l'aspetto puramente convenzionale della connessione fra parole e immagini i più esemplari sono Lo specchio vivente, La chiave dei sogni e Questa non è una pipa. Il primo presenta delle nuvole su cui galleggiano scritte come «personaggio che scoppia dal ridere», «orizzonte», «armadio», «grido d'uccello», per ricordarci che il senso del inguaggio è fluttuante e volatile come le nuvole stesse. Il secondo, di proprietà di Jasper Johns, è una classica lavagna a quattro scomparti dove le tre immagini di un cavallo, una brocca e un orologio hanno nomi sbagliati (porta, vento, uccello), mentre la quarta, una valigia, è correttamente definita col suo nome, ma anche qui il nesso sembra assurdo. Il terzo è la versione in inglese dell'opera oggetto del celebre saggio di Michel Foucault. Riguardo ai quadri più affascinanti dal punto di vista metamorfico si possono citare per esempio quello in cui delle vecchie scarpe stanno trasformandosi in piedi. Molto significativa infine è la messa a confronto di tre versioni dell' Impero delle luci, tre scene analoghe di una casa fra alberi immersa a metà nella notte, la cui magia sta nello straordinario effetto straniante della compresenza fra luci artificiali e luce morente del tramonto. «Magia nera», un dipinto di Magritte del 1934 LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Francesco Poli Magritte La maitre du mystère Parigi, Galerie Nazionale du Jeu de Paume Orari 12-19 (ma 21). Chiuso lunedì Fino al 9 giugno

Luoghi citati: Parigi, Stra