I democratici divisi sognano un generale alla Casa Bianca di Maurizio Molinari

I democratici divisi sognano un generale alla Casa Bianca DEGLI OTTO CANDIDATI DUE SONO FAVOREVOLI AL CONFLITTO. SEI CONTRARI: IL PARTITO SPERA NELL'UOMO CHE HA SCONFITTO MILOSEVIC I democratici divisi sognano un generale alla Casa Bianca Pressioni su Wesley Clark perché si presenti nel 2004 retroscena Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK LA sfida fra democratici sulla Nomination presidenziale del 2004 passa attraverso la crisi irachena, e a spuntarla alla fine potrebbe essere un personaggio che ancora esita a scendere in campo: l'ex generale della Nato Wesley Clark, che nel 1999 sconfisse la Jugoslavia di Slobodan Milosevic senza perdere un uomo e senza litigare con gli alleati. Il tentativo dei democratici di riconquistare la Casa Bianca nel 2004 è incominciato pochi giorni fa con una tavola rotonda fra i candidati finora scesi in campo di fronte a poche centinaia di elettori dell'Iowa, lo Stato da dove partirà la sfida delle Primarie. L'incontro si è trasformato in un dibattito molto acceso sul tema che divide l'America: la guerra all'Iraq di Saddam Hussein. Gli sfidanti, uniti nel voler impedire a tutti i costi la riconferma di George Bush, si sono trovati a duellare su fronti opposti quando si è trattato di esporre la propria posizione sulla guerra. Lo scontro è stato senza peli sulla lingua e ha fatto emergere due schieramenti contrapposti. I favorevoli all'intervento militare voluto dall'amministrazione repubblicana sono due, l'ex candidato alla vicepresidenza Joseph Lieberman e l'ex leader dei deputati Richard Gephardt: il primo ha fatto precedere l'annuncio della candidatura da una visita ai militari impegnati nel Golfo, il secondo usa un lessico simile a quello del Presidente per far dimenticare il voto anti-guerra espresso all'epoca di Desert Storm. «Non credo che Saddam farà mai ciò che deve fino a quando non si renderà conto che non ha alternative», dice Gephardt. «Non mi opporrò certo a una linea politica che sostengo da 12 anni solo perché oggi il nostro comandante in capo è un repubblicano», ripete da giorni Lieberman. Si tratta dei due nomi dell'establishment democratico in lizza e riflettono la tesi - espressa dall'ex vicepresidente Al Gore - secondo la quale lasciando ai repubblicani il tema della sicurezza nazionale si rischia nel 2004 di perdere, come è avvenuto alle elezioni di medio termine dell'anno scorso. Ma Gephardt e Lieberman attorno al tavolo dello lowa si sono trovati in chiara minoranza rispetto a un fronte anti-guerra tanto compatto nel voler dar voce all'opposizione popolare a Bush quanto differenziato nel come esprimere questa posizione. Howard Dean, governatore del Vermont, e Dennis Kuchinich, deputato dell'Ohio, sono i più attenti ai sentimenti dello zoccolo duro dei liberal. La loro convinzione è che ((per riconquistare la Casa Bianca - come ha detto Dean incontrando i giovani democratici di Manhattan - dobbiamo ripartire da chi siamo». Sulla stessa lunghezza d'onda sono i due candidati afroamericani - il reverendo Al Shaipton e l'ex senatore dell'Illinois Carol Maseley-Braun anche se i toni della polemica in questo caso sono assai più accesi. Sharpton vuole essere la voce di Harlem ed è stato in prima fila durante le grandi manifestazioni anti-guerra che si sono svolte a Washington negli ultimi due mesi, accusando dal palco George Bush di voler combattere «per il proprio petrolio con il sangue di chi paga le tasse». Differente la li lea ài John Edwards, il giovane senatore del North Carolina da molti indicato come il «nuovo Clinton» per carisma personale e capacità oratoria. «Il problema è che Bush non ha una visione di fronte a sé - è la sua tesi - non ha la più pallida idea di cosa fare per risolvere i problemi di fondo, se gli lasceremo in mano l'America vivremo in un mondo in cui generazioni di persone di odieranno». E' la critica anti-Bush che piace a giornali liberal come il «New York Times», secondo il quale il punto debole di Bush è l'andare a tentoni guidato da un'aggressività che cela «carenza di progetto pohtico». Il senatore del Massachusetts John Keiry - in questi giorni in ospedale per un intervento alla prostata - concorda sulla necessità di affondare i colpi sugli «errori strutturali» del capo della Casa Bianca: «Il Presidente dovrebbe usare meglio il suo tempo per spiegare con più efficacia le sue ragioni al popolo americano e ai nostri partner e alleati». Il dibattito è appena all'inizio, ma riscuote grande interesse: se saranno i democratici a vincere nel 2004 toccherà a loro decidere come e se continuare la guerra al terrorismo iniziata da Bush. Ma non è tutto, in attesa di scendere in campo ci sono altri tre volti noti: il senatore della Florida Bob Graham, l'ex candidato presidenziale Gary Hart e l'ex comandante supremo della Nato in Europa, generale Weslay Clark. E' su quest'ultimo che la curiosi¬ tà è maggiore. «1 democratici non hanno mai avuto un loro generale» osserva Michael Waltzer, direttore di "Dissent", convinto della necessità di «dare risposte democratiche alla richiesta eh sicurezza da parte della gente che si sente minacciata dal terrorismo». Clark per ora ammette solo di aver ((ricevuto numerose richieste di scendere in campo» ma esita a farlo, forse aspettando la fine della guerra in Iraq. Critico nei confronti delle scelte di Bush, non iscritto a nessun partito e artefice della vittoria in Kosovo ottenuta dagli Usa assieme agli alleati, potrebbe riuscire a catturare i voti di molti moderati favorevoli alla guerra al terrorismo ma sroumitori di un metodo diverso da quello dei repubblicani. WESLEY CLARK: 58 anni, ex generale, comandante supremo della Nato all'epoca della guerra in Kosovo, oggi commentatore tv JOHN EDWARDS: senatore del North Carolina, è considerato il nuovo Clinton per carisma personale e abilità oratoria BOB GRAHAM: 66 anni, senatore della Florida, convalescente dopo un intervento per un tumore alla prostata che non sembra fermarlo HOWARD DEAN: governatore del Vermont, è uno dei più contrari del suo partito a una eventuale guerra contro l'Iraq, che critica senza mezzi termini JOHN KERRY: 59 anni, reduce dal Vietnam e senatore del Massachusetts, è appena stato operato per un tumore alla prostata AL SHARPTON: reverendo nero di New York, attivista per i diritti civili, si oppone decisamente a un intervento militare americano in Iraq RICHARD GEPHARDT: 62 anni, «falco», eletto 14 volte deputato del Missouri, ex capogruppo democratico alla Camera. Tentò inutilmente la candidatura nell'BS CARDI MOSELEY-BRAUN: 55 anni, prima nera a essere eletta al Senato (Illinois, 1992), è stata ambasciatrice in Nuova Zelanda sotto Clinton JOE LIEBERMAN: senatore del Connecticut, ex candidato alla vicepresidenza, è favorevole all'uso delta forza in Iraq