Sequestro di Sondrio un arresto nella notte

Sequestro di Sondrio un arresto nella notte E UN EX METRONOTTE TRENTENNE: PERQUISITA L'ABITAZIONE, MOLTI INDIZI Sequestro di Sondrio un arresto nella notte Sequestrata l'auto del sospettato. Interrogato a lungo il ragazzo rapito Nella sua villa le impronte del bandito che usava dei mezzi guanti Corrispondono a quelle dell'arrestato, coinvolto nel '94 in un omicidio Brunella Giovara inviata a SONDRIO Rapimento lampo di Sondrio, il caso è chiuso, ha detto il procuratore della Repubblica, Gianfranco Avella. Il responsabile sarebbe Armando Bongini, 33 anni, ex metronotte, coinvolto nel '94 nell'inchiesta sull'omicidio di uno studente milanese a Tirano (Sondrio) e poi prosciolto. È stato tradito dalle impronte digitali. La sua abitazione è stata perquisita a lungo dalla polizia, prima del fermo. E stata sequestrata la sua auto, portata via con un carro attrezzi. La svolta dopo che nel pomeriggio Avella si era presentato a sorpresa a casa di Tommaso Dassogno, accompagnato dal capo della Squadra mobile, Carlo Bertelli. Sono state 24 ore piene di sorprese, poi è arrivato il momento della chiarezza, nello strano caso del sequestro Dassogno. Bongini è anche lui di Berbenno, in carcere è finito dopo un lungo interrogatorio nell'ufficio del procuratore della Repubblica. L'ex guardia giurata, fermata dalla Squadra mobile di Sondrio in serata, alcuni anni fa era finito sotto inchiesta (in stato di libertà) per l'omicidio dello studente (all'università milanese Bocconi) Renato De Luis, 26 anni. Venne ammazzato a sprangate in testa nel garage della sua casa di Tirano, al rientro da una serata trascorsa in discoteca, il 18 dicembre '94. Un omicidio rimasto senza soluzione: Bongini fu assolto nei tre gradi di giudizio. Per il caso Dassogno qualcosa si è mosso ieri mattina, quando la polizia scientifica ha accertato un primo dato importante: il sequestratore di Tommaso Dassogno era proprio un dilettante. Uno sprovveduto, oppine un cretino, al punto da lasciare le impronte digitali delle sue dieci dita in bella evidenza nella casa del sequestrato. Impronte così perfette da lasciare stupiti. gli stessi esperti della polizia scientifica incaricati di raccoglierle. È solo l'ultima delle anomalie riscontrate in questa inchiesta, ma è anche la più sconcertante: tutti sanno che le impronte sono una traccia troppo importante per lasciarsela dietro, così ingenuamente (un pregiudicato non l'avrebbe mai fatto). Bongini non ha preso alcuna precauzione, come ha testimoniato lo stesso Tommaso Dassogno: «Il mio sequestratore aveva un passamontagna, e portava un paio di guanti. Di quelli che lasciano le dita scoperte...». Un paio di guanti come si usavano una volta o come quelli che vanno di moda adesso tra i ragazzi. Le impronte perfette di Bongini sono state rilevate su alcune superfici lucide di casa Dassogno, e su brandelli del nastro adesivo da pacchi utilizzato dallo sconosciuto per imbavagliare la vittima (che ha raccontato «non riusciva a strapparlo...»). Le tracce sono state confrontate con tutte quelle dei conviventi di Dassogno (il padre, la madre, la nonna) e con quelle di altre persone che lavorano alla villa (la donna delle pulizie). Sono diverse, sono proprio quelle del sequestratore. E allora, i casi sono due: il sequestratore è un balordo, oppure il sequestratore è una persona così sicura che l'affare sarebbe andato a buon fine, che Alberto Dassogno avrebbe pagato un milione di euro e soprattutto che non avrebbe mai chiamato la polizia, da non prendere ima delle precauzioni più elementari, di quelle che si imparano guardando i telefilm. Invece, Alberto Dassogno ha rifiutato di pagare il riscatto, e soprattutto ha avvertito la questura di Sondrio. Il sequestratore, a quel punto, si sarà mangiato le mani, al pensiero della stupidaggine fatta. Ma è andata così, cioè male. Al punto da dover rilasciare l'ostaggio, senza ottenere neanche un euro. Una gestione fallimentare, come testimoniato da Tommaso Dassogno, che nell'ultima deposizione fatta davanti al procuratore Avella ha raccontato così le sequenze della notte tra il 17 e il 18 febbraio: «Stavo per uscire, avevo un appuntamento con un amico, insieme dovevamo andare dal meccanico per una riparazione alla mia Mercedes. Ho trovato un uomo fuori dalla porta, forse indossava una giacca di pelle. Mi punta la pistola ma arriva mia nonna, che era in cucina e aveva sentito la baraonda. Mia nonna ha urlato: "Non mi mettere il nastro sulla bocca! Sono cardiopatica, se mi metti il nastro non respiro e muoio ». Racconta Tommaso: «Il bandito si è convinto. Mi ha chiesto "Dove possiamo mettere la vecchia?". Ho suggerito il bagno. Poi lui mi ha detto "Ma non credevo che fossi così malconcio alle gambe" (Tommaso Dassogno ha difficoltà a camminare per via di una malformazione congenita alle gambe). Dopo mi ha incappucciato e caricato sulla Mercedes ma per pochi minuti perché siamo arrivati in una vigna. In quel momento avevo le manette ai polsi. Mi ha legato a un palo con una specie di fil di ferro. Lì sono rimasto una decina di minuti, legato alla base del palo. Ma le manette erano difettose, una si è rotta. Il bandito in quel momento è ritornato, mi ha preso in spalla perché non riuscivo a camminare e mi ha messo in un furgone. Mi ha dato due coperte. Riuscivo a vedere alcu¬ ni particolari: un pupazzetto di plexiglass, una specie di ciondolo appeso alla grata che divide la cabina di guida dal cassone». Il furgone si è mosso, con l'ostaggio a bordo. «Un percorso molto breve, poi ci siamo fermati. Il rapitore mi ha aperto un pezzo del cappuccio e strisciando per terra riuscivo a sbirciare fuori: intravedevo un pezzo di tettoia, un pergolato». Il bandito se ne va, e soprattutto - stranamente - libera le mani dell'ostaggio. Dassogno racconta anche di aver cercato di lasciare qualche traccia del suo passaggio «spalmando di saliva alcuni punti del furgone» (probabilmente sperando che un futuro esame del Dna permettesse di accertare la sua presenza in quel luogo). Dice anche che «c'era abbastanza luce per vedere l'orologio, ricordo tre volte l'ora: le 20,10, le 22,10 e l'ima meno un quarto. A quell'ora siamo ripartiti. Ho anche sentito due treni passare». L'ostaggio viene portato in una casa. «Siamo saliti per una scala e siamo arrivati in una stanza buia. Il cappuccio si era allentato, riuscivo a vedere una rastrelliera di scarpe da ginnastica, e tinche un attrezzo, tipo cyclette o vogatore». Una cyclette come quella trovata in casa di Bongini. «Ho sentito abbaiare un cane - ha aggiunto Tommaso - e in quel posto abbiamo cominciato a parlare del modo per uscire da quella storia. Fino a quando non ha deciso di lasciarmi andare». A quel punto Dassogno è stato caricato su una macchina «a due volumi», e si è ritrovato seduto sul muretto del campo sportivo, con il bandito che gli restituiva il cellulare «avvolto in una carta», e gli diceva: «Chiama casa ma non subito». IL GIALLO L'ORA INSOLITA Il sequestratore arriva vicino alla casa del giovane senz'auto e si apposta al buio e al freddo in attesa del momento migliore per intervenire. Entra in casa in un'ora insolita, alle 18,30, per un assalto alle ville. Mentre minaccia la nonna e il giovane fa anche cadere la pistola. IMPRONTE IN CASA Il sequestratore ha lasciato molte impronte in casa: indossava i «mezzi guanti». LE CONDIZIONI DELLA VITTIMA I rapitore trovandosi di fronte a Tommaso gli dice: «Non sapevo che fossi messo cosi» riferendosi all'handicap del giovane che ha problemi a camminare. In un secondo momento quando conduce il giovane in una vigna per un cambio di auto si vede costretto a trasportarlo in spalla. J PER QUATTRO ORE 4 SLEGATO NEL FURGONE I ragazzo riferisce agli inquirenti che a un certo punto, durante la notte, «le manette si rompono» e che è rimasto chiuso nel furgone, slegato, per quattro ore. I RICHIESTA LAMPO DI RISCATTO I La richiesta di riscatto arriva nei primi momenti dopo il sequestro: la telefonata viene fatta appena due ore dopo. Troppo presto. Il padre chiede al sequestratore di passargli il figlio per avere la certezza che sia con loie soprattutto che stia bene. Il rapitore dice di avere Tommaso vicino ma non gli permettedi comunicare con il padre. | IL RILASCIO VICINO A CASA I rilascio del giovane avviene a 1 meno di un chilometro dalla casa del ragazzo, nel campo sportivo. II sequestratore gli riconsegna il cellulare dicendogli che in quel modo ha l'opportunità di avvertirei familiari. L'uomo evidentemente non ha molto tempo, né grandi spazi per fuggire perché i posti di blocco sono tutti operativi e la zona é praticamente accerchiata. Il banditosi lascia convincere da Tommaso a non pretendere alcun riscatto e a lasciarlo libero. Tommaso Dassogno ieri è stato interrogato dal procuratore della Repubblica di Sondrio

Luoghi citati: Berbenno, Sondrio, Tirano