«Ero prigioniero in una baita vicina a casa»

«Ero prigioniero in una baita vicina a casa» IL RAGAZZO: ERA NERVOSISSIMO. GLI HO PROMESSO I MIEI SOLDI «Ero prigioniero in una baita vicina a casa» «Sono stato colpito alla nuca, poi l'ho convinto a liberarmi» intervista Brunella Giovara inviata a BERBENNO (Sondrio) E allora l'ho convinto a lasciarmi andare». Ah. E come? «Beh, credo di aver parlato per cinque, sei ore, fra un trasferimento e l'altro. Di tutto, anche di sciocchezze. Gh ho detto che stava combinando dehe cose gravi, che gh sarebbero costate care. E che non avrebbe avuto scampo». Bravo Tommaso, e lui? «Si è innervosito. Alla fine gh ho detto che avevo dei soldi miei, che glieli avrei dati se solo mi avesse liberato, senza aspettare il pagamento del riscatto». E lui? «Ha detto sì. A lui interessavano i soldi... Era molto nervoso, certo. E' sempre stato molto nervoso, fin dall'inizio». Ma martedì mattina alle 6,45, il sequestratore solitario ha ceduto. «Mi ha restituito il telefonino, mi ha detto: "Chiama casa". Ma prima aspetti che io me ne vada. Quando non senti più il rumore della macchina, allora puoi chiamare i tuoi». «Che tipo, Tommaso...», sorride febee lo zio Adolfo. Dal giardino della villa di Berbenno, temporaneamente invasa da giornalisti e telecamere, si vede la famigha Dassogno che saluta, si abbraccia, e accetta volentieri di parlare. La mamma Anna Cristina, stravolta, ma contenta: «Ho ricevuto io la prima telefonata del rapitore». E cosa le ha detto? «Che se non pagavamo, me l'avrebbe ammazzato». Il papà Alberto: «A me ha detto: "Deve pagare il riscatto"». Quanto? «Non lo posso dire», ma si sa ebe la cifra era di un milione di euro. E lui, Tommaso, che a soh 25 anni può dire di essere sopravvissuto a molte cose: trenta interventi chirurgici per rimediare ad un difetto congenito dell'anca. Un incidente stradale gravissimo: nel '99, a bordo della Porsche del padre, si era schiantato contro un albero ed era rimasto in coma qualche giorno. Infine, un sequestro di persona. «E meno male che aveva addosso un golf di cachemire, oltre alla giacca a vento pesante. Sennò sarebbe morto di freddo...», raccontava ieri il papà abbrac- dando il suo ragazzo. Che forse per lo choc, o per la carica di adrenalina che si è ritrovato addosso una volta libero, ha cominciato a raccontare con pochi freni: «Io non so come sia entrato in casa, ma me lo sono trovato davanti. Impugnava una pistola... e per prima cosa ha spinto mia nonna nel bagno, e ce l'ha chiusa dentro. In quel momento gh è anche caduta la pistola, ma l'ha ripresa subito in mano, e io non sono riuscito a scappare». E che idea si è fatta del rapitore? «Mah, era un itahano...» (ai suoi confida di più: «Aveva una cadenza valtellinese, un accento dehe nostre parti»). E per caso l'ha visto in faccia? E qui il Tommaso ha un'incertezza: sembra voler rispondere sì, ma una gomitata della mamma gh blocca la parola sul nascere. «No, ero sempre incappucciato». Comunque, «mi ha caricato a forza sulla nostra Mercedes. Io ero bendato e avevo pure le mani legate. Mi ha chiuso nel bagagliaio e siamo partiti. Per dove? Non l'ho capito. Ho sentito che passavamo su una strada ghiacciata perché mi sono accorto che la macchina stava slittando. Ho capito ad un certo punto che c'era del fango, ad un certo punto della strada...». Ma la corsa nel bagagliaio della Mercedes è durata poco. «Dopo un po' sono stato spostato su un'altra macchina, e poi su una terza. In mezzo al tragitto, ad un certo punto mi sono ritrovato in una baita. Ho chiesto anche di poter bere, e lui mi ha dato un bicchiere d'acqua». . ; JJn rapitole gitila, WjfPPdOChe però, «quando ha perso il controllo, mi ha anche mollato due colpi alla nuca, qui dietro. Ho pensato che volesse pestarmi, invece si è fermato lì». Allora, come lo definirebbe? «Un dilettante, mi sento di dire», dice Tommaso. E adesso non ha paura di subire altre ritorsioni? Il suo sequestratore è libero... «No, non credo ci saranno conseguenze. E poi, sono il primo rapito in Valtellina, io. Volete dire che mi rapiscono di nuovo?». E1 stata una lunga notte, in giro per la Valtellina, o forse solo in girotondo attorno alla casa, a distanza di sicurezza, osservando con un binocolo i movimenti dei Dassogno, chiusi nella loro villa ad aspettare notizie di Tommaso. «Ad un certo punto lui mi ha detto: "Tuo padre ha chiamato la polizia". Sembrava molto contrariato... Mora mi ha avvisato: "Andiamo a prendere un'altra macchina', parlando al plurale come se avesse dei comphei. Mi ha lasciato lì, chiuso nel bagagliaio, al freddo. Dopo un po', dopo circa un'ora, è tornato e abbiamo cambiato macchina per l'ultima volta». Si è ritrovato seduto sull'erba del campo sportivo del suo paese, cioè vicinissimo a casa. «Fine dell'incubo», diceva ieri il papà. E il figho: «Eh sì, ho patito tanto freddo». E paura? «Anche. Non era un professionista, però ho capito subito che non era un ladròxVoleva oortareviame». La casa dei Dassogno

Persone citate: Anna Cristina, Brunella Giovara, Dassogno, Mora

Luoghi citati: Berbenno, Sondrio