Un sequestro lungo dodici ore e una scia di misteri

Un sequestro lungo dodici ore e una scia di misteri SONDRIO, GLI INQUIRENTI: «NECESSARI MOLTI CHIARIMENTI» Un sequestro lungo dodici ore e una scia di misteri Ancora confuso il racconto delja vittima: «Un solo rapitore, voleva un milione» dall'inviata a SONDRIO Un sequestro strano. Fatto «da un dilettante» (parole del sequestrato), o «da un balordo» (definizione del padre del sequestrato). Gli inquirenti, invece, non commentano: al massimo, dichiarano che «il ragazzo ha detto molte cose, e naturalmente adesso dobbiamo sviluppare i nostri accertamenti». Tutto ancora da valutare, il sequestro Dassogno, cominciato alle 18,30 di lunedì a Berbenno, provincia di Sondrio, e finito 12 ore più tardi, sempre a Berbenno, solo un chilometropiùinlà. L'ostaggio, libero e in buona salute. Tommaso, 25 anni, studente di Economia e Commercio a Pavia, figlio di Alberto Dassogno, ex dirigente della De locale, commercialista di Sondrio molto conosciuto, e molto ricco. Un sequestro lampo, senza che sia stato pagato il riscatto chiesto: un milione di euro. Un solo sequestratore, a quanto racconta Tommaso. Che pensa di averne riconosciuto «l'accento valtellinese». Un uomo di queste parti, che studia un colpaccio, e alla fine però rinuncia, convinto dalle parole del giovane: «Gli ho detto che sarebbe finita male, e che comunque potevo dargli io dei soldi miei, senza aspettare il riscatto di mio padre». «Le conclusioni le tiriamo sempre alla fine delle indagini e non all'inizio», commentava ieri mattina il procuratore di Sondrio, Gianfranco Avella. Che ha ricostruito il minimo indispensabile davanti ai giornalisti: l'allarme scattato alle 20, i posti di blocco che hanno chiuso la strada statale - l'unica che scende verso Lecco e Milano, e l'altra, verso il còlle dell'Aprica. H ritrovamento della macchina del ragazzo, parcheggiata davanti ad un bar, e ieri mattina, la telefonata del rapito: «Sono al campo sportivo, venite a prendermi». In mezzo, i dubbi inevitabili di chi è chiamato a fare chiarezza, quando chiarezza non c'è. E se è vero che il giovane Dassogno è scosso, «molto confuso» (come dicono i genitori) e sicuramente provato da una notte trascorsa per lo più all'aperto, è anche vero che il suo racconto lascia ancora aperte alcune ipotesi. La prima è la più sgradevole, ma è anche quella che ieri circolava per tutta la Valtellina, tanto che il padre di Tommaso si è infine sentito obbligato a replicare: «Mio figUo è solo una vittima. E' un ragazzo in gamba, non mi importa niente di cosa si dice in giro». Nessun coinvolgimento del rapito, quindi, nessun accordo tra rapito e rapitore. Il papà lo esclude, così come esclude «una vendetta, una ritorsione o un avvertimento nei miei confronti. Questa è opera di un balordo, e io Iho capito subito». Alberto Dassogno parte dalla prima telefonata del sequestratore: «Ha chiamato mia moghe sul cellulare. Le ha detto di aver rapito nostro figho. Ci siamo precipitati a casa, e lì abbiamo trovato mia suocera Bere- nice: chiusa a chiave nel bagno. Abbiamo capito che non era uno scherzo». Dassogno è da poco entrato in casa, quando riceve un'altra telefonata, questa volta sul suo telefonino: «Era lui, il rapitore. Parlava un buon italiano, con una certa inflessione dialettale valtellinese. Mi ha chiesto un milione di euro. "Li voghe entro due giorni, e in contanti". Io non cibo più visto. Gliho gridato: "Fammi parlare con mio figho, altrimenti non vedrai una lira. Voglio sapere se è vivo". Gh ho anche detto che era un bastardo e un delinquente, a prendersela con un ragazzo. Allora lui ha detto: "Ti richiamo mercoledì mattina e'^ti dico dove portarmi i soldi". Infine ha riattaccato». A quel punto Dassogno chiama il «113». Sono le 20. Racconta tutto, le telefonate, la suocera prigioniera in bagno. Nel giro di un quarto d'ora la polizia arriva a casa sua. Insieme ricostruiscono la giornata. La festa di compleanno della norma Berenice, che giusto lunedì ha compiuto 87 anni, ed è stata festeggiata dalla fighe, dal genero e dal nipote. Poi, Dassogno e la moghe tornano a Sondrio, e a casa restano Tommaso e la nonna. Tommaso si prepara, deve uscire per cena con un amico. Sta per uscire, si è già messo addosso la giacca a vento. Entra un uomo, il volto coperto da un passamontagna. Gh cade la pistola, ma la riprende e si porta via Tommaso. Ma Tommaso non riesce a ricostruire le ore del suo sequestro. Non ricorda bene, e ogni tanto si contraddice. Sui tempi, sui momenti in cui è rimasto nel bagagliaio dell'auto (che poi sono diventate tre), sul quando è stato ammanettato, stille botte ricevute. «E' solo molto scosso, si chiarirà tutto», dicono i genitori di questo figho molto sfortunato, e molto amato, [b. gio.] I familiari: «Quello era un dilettante oppure un balordo. Non è stata una vendetta e neanche una ritorsione. Adesso Tommaso è molto scosso» Tommaso Dassogno assieme al padre Alberto, ex dirigente De di Sondrio e commercialista molto conosciuto

Persone citate: Alberto Dassogno, Dassogno, Gianfranco Avella, Tommaso Dassogno