Affare Mannesmann, sei top manager alla sbarra di Francesca Sforza

Affare Mannesmann, sei top manager alla sbarra L'ACCUSA E' MALVERSAZIONE IN OCCASIONE DELLA FUSIONE CON L'INGLESE VODAFONE DI TRE ANNI FA Affare Mannesmann, sei top manager alla sbarra Anche il presidente di Deutsche Banke il capo dell'lg Melali rischiano il rinvio a giudizio Francesca Sforza corrispondente da BERLINO Potrebbe essere i^io dei precessi d'economia più spettacolari nella storia della Repubblica Federale. Ieri il pubblico ministero di Dusseldorf ha chiesto il rinvio al giudizio di sei protagonisti del mondo economico tedesco, tra cui Klaus Esser, ex amministratore delegato di Mannesmann, Josef Ackermann, presidente della Deutsche Bank e Klaus Zwickel, segretario generale del potente sindacato dei metalmeccanici. L'accusa, per tutti, è di malversazione ai danni degli azionisti di Mannesmann, e arriva tre anni dopo l'opa ostile effettuata dal gruppo inglese Vodafone nei confronti di Mannesmann per 188 miliardi di euro. Da allora, i diversi tentativi delle procure tedesche di portare sul banco degli impupati i grandi mana/ ger implicati in quell'affare erano tutti falliti. Fino a ieri. Klaus Esser è accusato di malversazione per l'improvvisa adesione all'opa ostile e per aver ricevuto una liquidazione che ammonta a 30 milioni di euro dopo la conclusione dell'affare. Dopo aver appreso la notizia del suo rinvio a giudizio, il manager ha dichiarato di non sentirsi particolarmentepreoccupato: «Nelcontrastare l'opa ostile il mio comportamento è stato più che coerente», ha detto. Per Josef Ackermann e Klaus Zwickel, allora membri del consiglio di sorveglianza, si parla invece di complicità: avrebbero dato il proprio assenso alToperazionj danneggiando così il patrimonio degli azionisti. Particolarmente delicata la posizione del capo dei sindacati Zwickel, che in pubblico ha denunciato le liquidazioni miliardarie di Esser e di altri meiQibri del management board, ma in consìglio di sorveglianza non ha votato contro. «Zwickel farà di tutto per dimostrare la propria innocenza» ha dichiarato il suo portavoce Eilrich, ma un processo alla vigilia della pensione getterebbe in ogni caso più di un'ombra sull'integrità del personaggio. Secondo Ackermann, invece, Klaus Esser avrebbe ricevuto per liquidazione solo 13 milioni di euro e in cambio avrebbe procurato agli azionisti un plusvalore di 77 miliardi di euro. La Deutsche Bank - si è difeso Ackermann - « paga annualmente 3 miliardi di euro di premi di produzione, dunque non ci sono le basi per constatare una sproporzione nella liquidazione di Esser». Ackermann ha inoltre aggiunto che non ha nessuna intenzione di dimettersi, e il consìglio dì sorveglianza della Deutsche Bank gh ha datf» il suo pieno sostegno: «L'accusa dì malversazióne è arbitraria e non condivisibile». Ma sono in molti a pensare che un eventuale processo dì lunga durata potrebbe indebolire il capo della più grande banca tedesca e il suo istituto. Due al momento gli scenari possibili: o Ackermann viene "messo a riposo" per la durata del processo e sostituito dall'ex amministratore delegato Rolf Breuer, oppure dà le dimissioni e lascia il posto a Juergen Fitschen, attuale capo dell'attività di credito della banca. Nel frattempo il tribunale di Dusseldorf sta esaminando il fascicolo di oltre 600 pagine consegnatogli dalla procura, in attesa di decidere se ci sono gli estremi per aprire un processo che - come si ironizza negli ambienti giornalistici «vedrà il capitale e il sindacato seduti sul banco degli imputati fianco a fìance».

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