Eurobanche più grandi, ma peggiorano le sofferenze

Eurobanche più grandi, ma peggiorano le sofferenze INDAGINE DI R&S SUI 37 PRINCIPALI GRUPPI. ANCHE IN ITALIA PREOCCUPA LA QUALITÀ' DEL CREDITO Eurobanche più grandi, ma peggiorano le sofferenze Dimensioni raddoppiate dal '95 a oggi, solo tre italiane tra i big del settore Flavia Podestà MILANO Più grandi, più forti, più redditizie ma non prive di rischi, perché la qualità del credito è ancora problematica: e, soprattutto, sempre meno diligenti nel finanziare il sistema produttivo attratte come sono da più remunerative (e meno rischiose) attività di servizi di collocamento e di gestione di patrimoni. E' questa la fotografia delle maggiori banche europee fornita dalla nuova indagine che R&S - società di Mediobanca specializzata nella ricerca - ha deciso quest'anno di avviare sui principali istituti di credito intemazionah con l'obiettivo di coghere le tendenze che caratterizzano l'evoluzione della fascia più alta del sistema bancario e i relativi aspetti finanziari. Le statistiche coprono il periodo 1995 - 2002. L'analisi, che verrà estesa l'anno prossimo alle principali banche americane e giapponesi, in questa prima edizione ha preso in esame 37 grandi gruppi europei che a fine 2001 presentavano un totale attivo di 16 mila miliardi di euro, un volume di depositi di circa 10 mila miliardi e 2,2 milioni di occupati. In questo microcosmo la parte del leone è fatta dalle banche tedesche ( 11 gruppi) cui fanno seguito 6 grandi banche britanniche, altrettante del Benelux, e 5 francesi, per l'Italia - visto che per rientrare nel novero dei «grandi» ogni istituto doveva fregiarsi di una dimensione pari ad almeno 1' 1 "/o del totale - hanno fatto parte della partita esclusivamente Banca Intesa (che è 260 nella lista dei 37 grandi gruppi), Unicredito (32") e Sanpaolo Imi (ultima della graduatoria). Il primo dato che colpisce è la grande crescita degli attivi che, nel periodo considerato, praticamente raddoppiano: la dimensione media dei gruppi è passata da 146 miliardi di euro del '95 a 439 miliardi di euro nel 2001 con uno sviluppo del 20007o. La crescita della dimensione media dei gruppi bancari è dovuta principalmente ad acquisizioni e fusioni: non è un caso che all'inizio del periodo le banche considerate fossero 55, diventate 37 a fine 2001 proprio per via delle fusioni. Del resto tra il gennaio 1996 e il 30 giugno 2002 sono, infatti, stati 19 i mega mergers, ossia le fusioni che hanno coinvolto almeno due delle banche del campione. Importanti operazioni hanno coinvolto le stesse maggiori banche per un controvalore pari a 6528 miliardi di euro in termini di totale attivo (il 40D7o degli attivi di bilancio a fine 2001 ). Più grande, il sistema è diventato anche più solido perché più efficiente. Lo conferma 0 fatto che, a fronte di uno sviluppo degli attivi dell'82% gli oiganici sono cresciuti solo del 330Zo tra il 1996 e il 2001.1 ricavi prò capite sono aumentati del 42,50Zo (in Italia solo del 14,80Zo): i costi del personale bancario (esclusi gli assicurativi) sono cresciuti del 42,l0Zo (l'Italia è l'unico Paese in controtendenza con una diminuzione del costo del 9,20Zo grazie all'accordo del '97 con il governo e i sindacati, per cui il costo medio del personale italiano è il più basso in Europa: il 2694 inferiore alla media De). Migliora, nel suo complesso, l'indice costi/ ricavi passando dal 66,5 al 65,60Zo. I ricavi operativi quasi raddoppiano da 209 a 405 mUiardi di euro - eben la metà dell'incremento è dovuto alle commissioni nette (esplosione dovuta al diffondersi della corsa al rispamjio gestito). L'aumento netto della produttività discende in parte anche dal processo di disintermediazione: la gestione produce più cospicui cash flow e le banche vanno di più sul mercato con le obbligazioni. Ne viene influenzata la struttura patrimoniale in cui si nota una diminuzione della quota degli impieghi alla clientela (dal 49'* del '95 al 44* nel 2001) e un aumento della liquidità (cassa e titoli dal 16,9 al 21,70Zo). Il saldo netto dei rapporti interbancari rimane negativo: il che dimostra le le banche maggiori continuano ad essere collettori di risparmio raccolto dalle banche minori (nel 2001 per un ammontare pari al 14* dei depositi da clienti). Dal lato del passivo si riduce il pesa della, provvista (dall'Se* al 79,60Zo) a vantaggio di altre passività: specie le riserve tecniche dei gruppi impgnati nella bancassurance. Il patrimonio netto si mantiene poco sopra al 4*, valore simile al limite del tier 1 dei requisiti patrìmoniali intemazionah (Basilea 1). Il coefficiente complessivo ha un limite dell'8% e la media europea è dell' 11*: tra le banche itahane Unicredito è in linea con la media Uè, Intesa e Sanpaolo Imi sono un po' sotto. Il tax rate diminuisce: dal '99 è inferiore al 300Zo. La redditività aumenta: il Roe arriva a toccare il 17,80Zo nel 2000, salvo scendere all'I 1,6* nel 2001 ma era al 9,90Zo nel 1995. A dispetto dei progressi compiuti - un po' appannati nel 2002, come è emerso dalle indicazioni semestrali diminuiscono la raccolta da clientela (-2,7*), gh impieghi alla clientela (-1,1 *) e il patrimonio netto (-4,40Zo) - ad insidiare la redditività ci sono sempre le perdite su crediti: che restand alte, nonostante la loro incidenza sui crediti sia scesa dall'I 1* del '95 al 9,1* nel 2001 (d'altra parte le sofferenze si sono ridimensionate solo grazie alle robuste cartolarizzaziom). Come dire, in sintesi, the la qualità del credito lascia ancora a desiderare. Specie in Italia. E il 2003 - tra congiuntura debole e venti di guerra - non fa presagire progressi di sorta, sotto questo profilo. LE PERDITE SUI CREDITI ■VWSai •V«»v .4 GRANDI BANCHE ITALIANE o S MEDIA BANCHE ITALIANE 13.7 GRANDI BANCHE EUROPEE E ai «u -SW«t\ ««WÌx -VìWÌx -ISRfeN TSRtfV X -««ncf SM

Persone citate: Flavia Podestà, Intesa

Luoghi citati: Basilea, Europa, Italia, Milano