La TV fa l'indiana di Simonetta Robiony

La TV fa l'indiana La TV fa l'indiana Simonetta Robiony ROMA No. Non ci sono le storiche fotografie dei Beatles in viaggio in India con il loro santone. Né le immagini degli hippy che negh Anni 70 se ne andavano a cercare pace e equilibrio nella città di Sri Aurobindo. E neppure, più banalmente, la faccia di Kabir Bedi che con il suo «Sandokan» televisivo, sia pure attraverso Salgari, rese popolare l'India agli itahani. No, «Curry Cultura», in onda sui canaU di Raisat da ieri al 22 febbraio, è solo una istantanea del presente: 28 pezzetti di filmato per documentare l'influenza, e in alcuni casi la fusione, della cultura indiana sulla nostra, in un mescolamento di consumi di cui ormai la gente pare non domandarsi più le origini e le ragioni. A legare il tutto, poi, due giovanissime italo-indiane, Tupa e Jumpa, che rimaste orfane ma adottate da una famiglia itahana, sono cresciute da noi. «Per me oggi non ha più senso parlare di contaminazione - dice Stefano Pistolini che con l'aiuto di Massimo Salvucci e la produzione di Francesca Martinotti ha realizzato «Curry Cultura» -. Meglio è dire universalizzazione. La gente gira per il mondo e il mondo gira intomo alla gente: si mescolano gusti, abitudini, passioni, prodotti. E evidente che il mercato è più avanti dell'economia globalizzata». L'India, dunque, è tra noi tanto che, a 50 anni dalla sua dichiarazione di indipendenza, lo slogan creato per festeggiarla, «Unità nella diversità», potrebbe essere apphcato al modo in cui noi europèi stiamo imparando a vivere, tra lioi stessi e con gli altri nel mondo. E sono molti i segni di quest'invasione indiana. Dalla cucina, alla moda, dalla musica al cinema, dalla ginnastica alla religione, dall'architettura all'arte. Il film di Mira Nair «Monsoon wedding», un anno fa, ha vinto il Leone d'oro a Venezia mentre quest'anno, a Natale, nelle sale ha trionfato la commedia anglo-indiana «Sognando Beckam». A Londra fanno la fila per vedere il musical di Lloyd Webber «Bombay Dreams», a Parigi il locale più alla moda è il Buddha Bar con i suoi disck-jockey David Visan e Ravin, ma in Italia la testa della hit parade musicale la conquista Panjabi MG che è come se il napoletano Nino D'Angelo fosse diventato il cantante più popolare dell'India. Infine è di questi giorni la notizia che il libro di Hari Kunzru «The impressionist», ennesimo successo lettario indiano o angloindiano dopo Rushdie, Kureshi, Gosh, Vikram Seth, Naipaul fino al più facile «Cuccette per sipiore» di Anita Nair, è stato già acquistato da Hollywood che lo vuol trasformare in un kolossal cinematografico. E via così, in tutti i campi, economia e matematica compresa: basta guardare i premi Nobel. L'idea di «Curry Cultura» è appunto presentare questo panorama sfaccettato. E presentarlo in maniera sfaccettata, mandandolo in onda su quattro canali della rete, RaiSat Art, RaiSatCinema, RaiSat-GamberoRosso-Channel, RaiSatShow, fino ad arrivare ad aprile quando, dal 6 al 12, RaiSat Cinema si trasferirà a Bombay, la BoUywood indiana, per presentare sette lungometraggi e tre documentari ma anche per raccontare cosa succede in questa città da 3 milioni di dipendenti che sforna 800 titoli 'all'anno, mescolando il musical americano e la mitologia hindi per un miliardo di spettatori. Non è un caso che il ministro Urbani ha da poco stretto un rapporto di collaborazione tra il nostro cinema e quello indiano tanto che già è pronto U primo titolo di questa produzione; «Pollo e Curry» che Francesca Archibugi, per la Cattleya di Tozzi, girerà in India. 128 piccoli pezzi di «Curry Cultura» sono fatti soprattutto di interviste, interviste a itahani che dall'In¬ dia si sono lasciati affascinare ma anche a indiani che in Europa hanno trovato la loro fortuna. Tra i nomi italiani più noti i registi Bertolucci e Salvatores, gli artisti Ontani e Clemente, l'architetto Ettore Sottsass, il gaherista Sargentini Salvatores, l'uomo di teatro Mario Martone, l'attore Giuseppe Gedema, il critico Enrico Ghezzi, il produttore Ismail Merchant, quello di Ivory, che con i suoi film ci ha fatto conoscere l'India coloniale. L'unico rifiuto a farsi intervistare Stefano Pistolini l'ha ricevuto da Sonah Das Guptas, moghe indiana di Roberto Rossellini, uno dei primi nostri autori con Paolo Pasolini a interessarsi dell'India, la quale ha dichiarato di non sopportare la tv, in qualsiasi forma sia fatta. Dalla cucina alla moda dalla musica al cinema dalla ginnastica all'arte 28 filmati documentano l'influenza e la fusione della cultura indiana A legare il tutto due giovanissime nate , aDehlifTupaeJumpa Un'Inquadratura di «Monsoon Wedding», Leone d'Oro a Venezia l'anno scorso