L'Italia contro Saddam, io obbedirò al Papa

L'Italia contro Saddam, io obbedirò al Papa COSSIGA: CON L'ASSENSO DELL'ONU LA PARTECIPAZIONE È LEGITTIMA (MA FORSE NON OPPORTUNA), AL SENATO MI ASTERRÒ L'Italia contro Saddam, io obbedirò al Papa Francesco Cossiga IL problema di una guerra contro llraq e di ima partecipazione italiana solleva non pochi problemi tra le forze politiche, nella società civile e in particolare trai cattolici. In base alla dottrina più certa, da Agostino d'Ippona e Tommaso d'Aquino a Francisco de Vitoria e Francisco Suarez, fino al De iure pacis ac belli con cui Ugo Grazio, grande cristiano, fonda nel XVn secolo il diritto internazionale moderno, la guerra può essere non solo legittima e giusta, ma talvolta anche doverosa per difendere, ristabilire e imporre la pace. Ma la pace è - e deve essere tranquillitas in ordine, come diceva Agostino, e quindi, nel mondo civile, anche in libertate: libertà dall'oppressione, dalla minaccia, dal terrore. E tutto questo a dispetto di ogni facile e sempheistico oltranzismo pacifista, che esclude ogni guerra in sé, considerando solo la pace l'unico bene supremo da perseguire a ogni costo. Ma quale costo? «Morire per Danzica?»: ritorna il dilemma che Hitler pose all'Europa antifascista quando, pretendendo la cessione, oltre che della Slesia e di Danzica, del cosiddetto corridoio, calpestò il trattato di Versailles e invase la Polonia. Che mai infatti sarebbe successo della storia d'Europa e della stessa Chiesa cattolica e delle altre comunità religiose cristiane se, ispirandosi alla invocazione profetica della pace a ogni costo, la Francia e l'Inghilterra non avessero scelto nel 1939 di mandare i propri figli a morire per combattere il nazismo e il fascismo? E non fu unapreemptìve selfdefenee l'intervento americano contro la Germania che cambiò le sorti di ima guerra che sembrava perduta, liberando dal- I nostri bersaglieri impegnati In un'esercitazione. Nella foto piccola il senatore Francesco Cossiga la barbarie nazista l'Europa? È atto di legittima difesa, infatti, tanto respingere quanto evitare, prevenendolo e neutralizzandolo, un ingiusto attacco. Un pericolo attuale, ammesso dalle sedici risoluzioni (dalla numero 687 del 1991 alla 1441 del novembre 2002) con cui l'Onu ha imposto, e tuttora impone, all'Iraq la distruzione del suo arsenale chimico, biologico e missilistico. Il mancato adempimento da parte di Saddam Hussein non potrebbe che portare a un intervento militare per difendere la pace. L'uso dello strumento militare è limitato -ma anche ammessodalla Costituzione italiana per il fine della guerra di difesa, nel!' ambito dell'ordinamento dell' Onu. Non potremmo quindi accettare un intervento unilaterale americano, ancorché eticamente e umanamente comprensibile. Nutra molte perplessità, incertezze e dubbi, non certo sulla liceità o astratta doverosità, ma sulla opportunità che il nostro paese si adegui a una eventuale decisione deUe Nazioni Unite a favore dell' uso della forza. Siamo ormai una media potenza politica, una media-piccola potenza economica, e una piccolissima potenza militare. Molto tenui possono essere considerati quindi i nostri doveri verso la Comunità intemazionale, a differenza di quelli di potenze quali gli Stati Uniti e il Regno Unito! Ma soprattutto temo che una nostra partecipazione mihtare diretta (e forse anche solo indiretta: uso di basi del territorio, dello spazio aereo e del mare territoriale) sarebbe ulteriore fonte di divisione in un paese comunque dolorosamente diviso: politicamente, civilmente, moralmente e forse anche religiosamente. Riconosco il primato dello spirituale e il valore autoritativo del magistero della Chiesa in materia sia di morale sia di diritto naturale, quindi anche del nocciolo del diritto intemazionale, perché credo nella distinzione, invece che nella divisione, tra Chiesa e Stato. Senza bisogno di tornare indietro allapotestós directo in iemporalibus enunciata da Bonifacio VUI, né rifarsi alla più moderata teoria della potestas indirecta in temporalibus del cardinal Bellannino, accettata e fatta propria, per giustificare il primato dello spirituale, dal grande filosofo e democratico francese Jacques Maritain. Col Concilio Vaticano H, la Costituzione Gaudium et Spes supera anche la potestà indiretta (anche se gli amici Padri gesuiti di Civiltà Cattolica e soprattutto i pericolosi dilettanti dìFamiglia Cristiana sembrano inclinare, a favore dell'Iraq, verso posizioni neo-bellarminiane). La missione diplomatica del cardinale Roger Etchegaray, vescovo esemplare, non è missione politica ma manifestazione dello zelo apostolico, dello spìrito dì universale carità, intrinseco al carisma profetico di Giovanni Paolo. Per Etchegaray la parola «pace» non corrisponde certo - a mio parere - alla difesa del potere di distruzione di massa da parte di un governo sanguinario e repressivo non adempiente alle legittime risoluzioni delle Nazioni Unite. Il primato dello spirituale trova sufficiente fondamento nel rapporto di ontologica dipendenza tra l'ordine della grazia e l'ordine della natura. Ma questo senza rinunciare al primato della coscienza, sia nelle cose spirituali sia ancora maggiormente in quelle temporali, come testimoniò San Thomas More e insegnò John Henry Newman, nella Chiesa e per la Chiesa, giammai contro la Chiesa. Quindi io, se il Consiglio di Sicurezza votasse per l'intervento militare, considererei legittima la partecipazione diretta o indiretta del nostro Paese; ma forse non opportuna. Tuttavia, se il giudizio dell'Episcopato e della Santa Sede contro la guerra avesse non solo un contenuto pastorale e profetico, o ancor più non fossero solo la manifestazione di ima giustificabile, giusta e prudente poUtica ecclesiastica, assumendo invece «le forme e il valore di un giudizio morale precettivo individuato e concreto, obbedirò serenamente al Papa, anche in dolente e sofferta difformità al giudizio già formatomi secondo umana ragione e personale convincimento. Peraltro, dato che il mio potere in Parlamento appartiene all'ordine puramente temporale e mi deriva da imo status attribuitomi dalla Costituzione e in radicibus dalla sovranità popolare in una Repubblica democratica e laica, io in Senato non parteciperò al voto, e cioè pohticamente mi asterrò, per conciliare così, religiosamente da cattolico e culturalmente da cattolico-liberale, i miei doveri di cristiano con quelli di membra del Parlamento. E poi, tacerò. Presidente emerito della Repubblica