LA GUERRA INVOLONTARIA DEI PACIFISTI

LA GUERRA INVOLONTARIA DEI PACIFISTI LA GUERRA INVOLONTARIA DEI PACIFISTI Alberto Alesina CREDO che quasi tutti concordino che il modo migliore per risolvere la crisi irachena sia una rimozione di Saddam Hussein dal potere attraverso una sua dipartita volontaria e la distruzione del suo potenziale terroristico evitando una guerra che coinvolgerebbe anche la parte del popolo iracheno che nulla ha a che fare col dittatore. Dico «la parte» perché nessun dittatore si regge senza l'appoggio di una parte, anche piccola, della popolazione. L'altra parte (e stragrande maggioranza) del popolo iracheno accoglierebbe gli americani come liberatori, così come accadde in Afghanistan. Chiediamoci quale sarebbe (o sarebbe stato) il modo migliore di raggiungere questo obiettivo. Mettiamoci nei panni della diplomazia europea più o meno sei mesi orsono: come reagire alla forte presa di posizione americana? Il modo migliore per evitare la guerra sarebbe stato quello di allinearsi con la fermezza americana, anche se, si badi bene, lo scopo fosse stato quello pacifista. In altre parole data la presa di posizione americana il modo mighore di evitare la guerra anche per chi non era del tutto convinto del pericolo creato da Hussein era di appoggiare l'America. Invece le posizioni europee confuse o patetiche (tipo: mandiamo gli Alpini, ma che non sparino) e in particolare le posizioni pacifiste di Chirac e Schroeder, hanno reso I9 guerra più probabile, forse inevitabile. Non solo, ma una qualunque parvenza di unità della politica estera dell'Unione europea si è dissolta. Il modo migliore per evitare una guerra, nel mondo della Realpolitik, dei Saddam Hussein e degli Osama bin Laden, è di renderne l'esito il più certo possibile. Se un conflitto (sia bellico o d'altro genere) ha un esito certo e una delle due parti sa di non avere via d'uscita, sarà più propensa ad accettare la sconfitta senza sparare un colpo, in senso reale o figurato. La certezza della sconfitta riduce i benefici di tentare la via bellica, per la parte più debole, che ha probabilità zero di vittoria. In questo caso se Saddam si fosse sentito completamente isolato dall'intera comunità intemazionale (o almeno da Usa, Europa e Russia), magari avrebbe ceduto. Più in generale, se il mondo arabo moderato avesse avuto di fronte una comunità intemazionale più unita avrebbe fatto più pressioni sul dittatore per farlo andare via, o magari lo avrebbe eliminato con un colpo di Stato. Lo stesso discorso vale per le manifestazic r. u acifiste e per le dichiarazioni aei loro leader che dall'alto del loro senso di superiorità morale guardano con disprezzo chi, come molti di noi, cercg con fatica di valutare prò e contro della via bellica. Più gli estremisti islamici e Saddam Hussein si rendono conto che il fronte nemico non è compatto, più una guerra aperta diverrà inevitabile. Maggiore incertezza sulla forza e fermezza dell'avversario rende il conflitto aperto più probabile. Meno incertezza sulle forze in campo aumenta la forza della diplomazia. Insomma sembra si stia arrivando alla guerra perché l'Amministrazione americana ha corso troppo e gli europei troppo poco. Il modo migliore per evitare la guerra sarebbe stato quello di un fronte unito tra Europa e Usa che non lasciasse speranze a Saddam e costringesse il mondo arabo moderato a sollevare la sua testa perennemente nella sabbia. Insomma se ci sarà guerra, Chirac e Schroeder dovranno prendersi la loro parte di pesante responsabilità per aver contribuito a crearla.

Persone citate: Alberto Alesina, Chirac, Osama Bin Laden, Saddam Hussein, Schroeder

Luoghi citati: Afghanistan, America, Europa, Russia, Usa