La nostra ora d'amore
La nostra ora d'amore La nostra ora d'amore RICORDO che era fine maggio, o forse giugno, del '97. Era appena uscito il nostro primo e sconosciuto «Subsonica»: - «Mi ha telefonato Roberto Colombo» - «..il regista dei video?» - «no, quello è Albertocolombo» -«..il navigatore?» - «fatevi furbi... allora mi ha telefonato Robertocolombo, ex Pfm, ex arrangiatore dei Matia Bazar e compagno di Antonella Ruggiero...» - «..ma va', non sta più con Bimbo?» - «...chi Bimbo chi?» «...Bimbo, il tastierista credo...» «ma che dici, quello è suo fratello...» - «allora! Mi state a sentire? Mi ha telefonato, ha ascoltato alcuni nostri pezzi e ci propone la rivisitazione di qualche brano del repertorio- storico dei Matia Bazar» - «..Figo! Facciamo Vacanze romane?» - «No quella la fa già Madaski» - «-..allora quella che faceva aaa Berlinoooo» - «No, quella si chiama Fantasia e la fanno già i Bluvertigo» - «...vabbe', che Francesco Renga martedì 11 al Faster dobbiamo fare. Mister Mandarino?» - «la fanno quei pazzi della Banda Osiris!» - «ah ah ah» - «a noi propongono II video sono io, e fin qui fidatevi che ci stiamo dentrissimo, e Per un'ora d'amore; insistendo molto su quest'ultima. Mi sa che non la voleva fare nessuno». E iniziammo, campionando orchestre di musica contemporanea, incidendo chitarre dissonanti e batterie distorte con l'intento di togliere a «Per un'ora d'amore» quella patina easy listening ed brazileira che non riuscivamo proprio a digerire. In realtà eravamo convinti che ci avrebbero scartati. E invece no, Antonella ne fu entusiasta al punto da voler utilizzare il brano come singolo, chiedendo di mantenere anche la voce (una semplice guida di riferimento) di Samuel. E così fu. Le radio lo passarono massicciamente, alcune televisioni ci chiesero una esecuzione insieme e noi finalmente conoscemmo - per la prima volta la misteriosa Antonella. Arrivò nello studio di piazza Vittorio per provare. Silenziosa, timida, con un fare da bimba imbronciata. Men-. tre montavamo gli strumenti, nella regia vuota risuonava un vecchio disco di Brian Eno «Another green world». Sentii Antonella cantare alcune strofe, mi voltai, ci guardammo e mi confessò di aver amato tantissimo quell'album. A quel punto la caricai di domande sulla musica underground degli Anni Ottanta. Volevo sapere se era un'impressione o se nei Matia Bazar del periodo elettronico pulsava decisamente un'anima new wave. Quando - elencando i suoi gruppi preferiti - oltre ai Bauhaus e alle produzioni di Eno (appunto), arrivò a citarmi anche i Tuxedomoon, capii tutto. Quelle derive sperimentali che rendevano i Matia speciali rispetto al panorama della musica leggera di quegli anni erano parte dell'anima di quella bambina imbronciata. Max Casacci
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