VAN GOGH il dritto e il rovescio di Fiorella Minervino

VAN GOGH il dritto e il rovescio DA DOMANI AD AMSTERDAM UNA MOSTRA RIVELA I RAPPORTI TRA IL MAESTRO DEI «GIRASOLI» E GLI ARTISTI CHE LO ISPIRARONO VAN GOGH il dritto e il rovescio Fiorella Minervino AMSTERDAM PAREVA che tutto fosse stato già detto, scritto, indagato, scandaglialo, «consumato». Le infinite masse che per le vie del mondo accorrono in file interminabili per ammirarlo paiono non saziarsi mai di quelle ansie, turbamenti, sconquassi del sottosuolo psichico che Van Gogh ha saputo così autenticamente, direttamente, lucidamente esprimere nella pittura. Le angosce e le depresisoni dei tempi nostri ben si riconoscono in lui, nella follia che registrava con pennelate ondulanti e svariate, con violenza, stridori o sinfonie dei colori, in spazi obliqui e ambigui, in composizioni pericolanti, ma assai meditate. Nasceva 150 anni fa, il 30 marzo, nel villaggio di GrottZundert il predicatore mancato, il teologo accanito, il «mercante» curiosissimo di quadri, il cronista di se stesso e della propria esistenza, il critico più lucido delle proprie opere come della pazzia. Van Gogh possiede ogni ingrediente per coinvolgere, commuovere e sommuovere le masse: miseria, maledettismo, pazzia, suicidio a soli 37 anni. Ma sopra ogni cosa possiede una pittura che riesce a dare un'anima a ogni persona, a ogni oggetto, a ogni aspetto della natura. Scriveva al fratello Theo: «Bisogna far in modo che gli alberi facciano smorfie» e riuscì a farle fare ai girasoli, a una seggiola, a un ramo di pesco, a una mela. Appare allora ancora più stupefacente che Amsterdam, al Museo Van Gogh abbia saputo allestire una mostra superba, che da domani schiera in campo 173 opere, fra stampe, disegni, dipinti, superando l'emozione del «fenomeno» Van Gogh e raffrontando il pittore con gli artisti che nel passato e nel suo presente egli amò, frequentò, venerò, copiò e comunque citò nelle sue lettera a Theo. Una mostra magistrale e anche scientifica che illumina aspetti tuttora reconditi del «miracolo» Van Gogh. Già il titolo, voluto dai curatori Andrea Bloom, Chris Stolwjik, Sjraar van Heugten, Leo Jansen, è eloquente: La scelta di Vincent - il museo immaginario di Van Gogh (aperta sino al 15 giugno). La panormaica è occasione irripetibile per capire a fondo il pittore dalla sensibilità perturbante, penetrando fra le scelte che fin da principio intrisero la sua pittura. Se dapprima furono i paesaggisti olandesi con marino alla Ruisdael o abitate da mulini a vento di Weissenbruck o le città di Maris, ben presto comparvero «I bellissimi Constable», il «sublime Gorot» con L'agonia nell orto, dove «si sente Omero, Eschilo, Sofocle, e talvolta il Vangelo», nonché «prepotenti sensazioni moderne che tutti noi possiamo sentire». Affiancato, compare il mirabile Campanile di Neuen de\V85, una rovina simbolo del faticoso lavoro dei campi nei secoli, con una minuscola fossa, la croce di legno, i fiori, il cielo grigio attraversato da nubi minacciose e i gufi che ricompariranno nelle opere ultime di Van Gogh. Presto nel cuore si porta Millet, ed ecco il celebre Seminatore divenire nell'olandese dapprima uno studio drammatico, più tardi una cupa figura al tramonto, sovrastata da un incredibile sole giallo mentre è dominata da un albero originato dalle stampe giapponesi. Se «la tosatura» di Millet è per lui da «copiare», in realtà nel magnifico dipinto realizzato nell'SQ di Millet non restano che figure e gesti. Poi Franz Hals, Rubens, soprattutto Rembrandt. E' questa una parte illiminante dell'esposizione. La luce della Sacra Famiglia di bottega di Rembrandl si irradia e diviene il lume giallo nella magistrale Notte d'una misera famiglia dentro una casupola, così come la stupenda Resurrezione di Lazzaro del 1890 si rinnova in quel sole raggrumato, che lascia nel biancore perlaceo le sorelle, la donna con fazzoletto bianco e braccia alzate, i capelli arancione, l'abito verde dai contorni neri, mentre dietro, in lontanaza, compaiono colline blu. Uno dei molti pregi dell'esposizione è di mostrare come Van Gogh, qualsiasi cosa riprenda o tocchi, riesca sempre a essere se stesso, a siglare del proprio genio e originalità fin le copie per lui più somiglanti. Basta il celebre Autoritratto di Rembrandt: lo ripresero Poussin, lo stesso Cézanne, in seguito Picasso. Tuttavia van Gogh ne offre una versione mirabile con «il volto della morte», come scrive, capelli biondi con tocchi di rosso fuoco come i colori sopra la tavolozza che regge in mano insieme ai penneli, la barba arancione «triste e trascurata», un camiciotto blu a minuziose e minuscolo pennellate, il retro della tela in primo piano e gli occhi quasi opachi, disperati che guardano fuori dal quadro. Parecchi i raffronti con i più o meno contemporani, Delacroix, Puvis de Chavanne, Gourbet, poi Monticelli, Emile Bernard, Albert Besnard, Monet, Seurat, Pissarro, Lautrec, Signac e una serie di pittori, noti al tempo, in seguito in parte dimenticati, che sono con astuzia e competenza ravvicinati in una sala sulle pareti rosse come nei musei del tempo, autori ricercati nei musei e nei Salons. La camera che ospitò Van Gogh ad Arles è stata ricostruita, e di conseguenza il rapporto profondo e talora ambiguo che legò Vincent a Gauguin, al quale dedica al celebre Sedia «con la candela che raffigura l'assenza e al tempo stesso la presenza di Gauguin». Una parte preziosa della mostra è riservata al suo vero Museo: quello composto dai doni dei pittori amici come Bernard, Lavai, Gauguin con i ritratti che rinviano l'uno all'altro e quello, bellissimo, in cui Gauguin lo raffigura mentre dipinge i girasoli. Ecco poi le copie delle opero che avrebbe voluto: la Pietà da Dolacroix, resa assai più sofferente nei blu tormentati e nel paesaggio che pare muoversi; segue un paesaggio innevato da Millet. La mostra peraltro presenta pure o sere meno note o poco viste di Van Gogh. Infine la stampe giapponesi, di cui l'olandese come parecchi Impressionisti, post e neo furono avidi. Il celebre Ponte di Hiroshighe diviene motivo per una composizione straordinaria dalla prospettiva inconsueta, non lontana dalle soluzioni fotografiche, ma le onde sono frementi, i colori esaltati, sul fondo si allungano colline blu o apparo un cipresso caro a Vincent. La cornice attorno è altra invenzione e capolavoro che ribadisce, con il quadro, come ogni spunto servisse a Van Gogh per creare opero soltanto sue, segnate dalla propria emotività e genialità. A Otterlo al Museo Kròller Mùller è inaugurata un'esposizione dedicata a Helene e il marito, i coniugi che raccolsero 30 mila disegni di Vincent e i mirabili dipinti acquistati anno per anno. In quella che fu la loro stupenda casa nel parco, si ammirano fogli mai visti. Non è tutto: in luglio Amsterdam continuerà le celebrazioni con un'altra panoramica: Van Gogh e i pittori moderni, come dire i s iccessori e coloro che lo hanno ruminato come il grande Bacon. E sarà ancora un'altra storia e un'altra occasione da non perdere. L'autoritratto di Rembrandt(a sinistra) e quello di Van Gogh. A proposito di Rembrandt, così Van Gogh scriveva al fratello Theo: «Sta cadendo il crepuscolo, crepuscolo benedetto... E benedetto colui che conosce queste cose e le segue. Rembrandt doveva conoscerle poiché dal ricco tesoro del suo cuore trasse, fra l'altro... il disegno che rappresenta la casa di Befania». E continua dicendo: «Rembrandt ha pure dipinto degli angeli. Fa un ritratto di se stesso, vecchio sdentato, con le rughe... un quadro dal vero in uno specchio. Egli sogna, sogna, e il suo pennello ricomincia a dipingere l'autoritratto, ma a memoria e l'espressione diventa ancora più afflitta e desolante... Rembrandt dietro quel vecchio che assomiglia a lui stesso dipinge un angelo soprannaturale col sorriso di Leonardo da Vinci». Nelle osservazioni di Van Gogh sui maestri e i compagni di strada che gli hanno toccato la mente, si nasconde una sorta di affettività dell'arte. Come quando dice di Gauguin: «Tutto ciò che la sua mano tocca è dolce, triste, stupefacente». Il seminatore di Jean-Francois Millet e, a destra, la rielaborazione che ne fece Van Gogh. Meditando sul quadro di Millet, Van Gogh scrisse al fratello Theo: «Dipingere la vita dei contadini è una cosa seria, mi sentirei colpevole se non cercassi di creare dei quadri che destino pensieri seri per chi pensa seriamente all'arte e alla vita. Millet e altri ci hanno dato esempi di caratteri forti, noncuranti di giudizi come "orribile, rozzo, sporco, puzzolente"». Scendendo poi in particolari più tecnici, Van Gogh annota: «Disegnare una FIGURA DI CONTADINO IN AZIONE - ti ripeto è questa una figura essenzialmente moderna. proprio il nocciolo dell'arte moderna, cosa che né i Greci, né il Rinascimento, né la vecchia scuola olandese hanno fatto... il grande Millet come guida, è questo il vero nocciolo dell'arte moderna e cosi resterà». Millet é uno degli artisti che Van Gogh assunse ad esempio e a matrice della propria arte. Attraverso 173 opere, la mostra di Amsterdam rivela l'intrico di suggestioni e di rimandi che guidarono il lavoro pittorico di Van Gogh. L'esposizione va molto aldilà della Van Gogh mania esplosa in questi ultimi anni. E tuttavia non la esaurisce. Infatti, al Museo Kròller Mùller di Otterlo, è stata inaugurata una mostra dedicata a Helene e il marito, che nella loro vita raccolsero una quantità impressionante di disegni di Van Gogh (30 mila) e, anno dopo anno, un cospicuo numero di dipinti. In luglio la città di Amsterdam continuerà nell'omaggio al grande, tormentatissimo artista con un'altra panoramica: Van Gogh e i pittori moderni. Mostrerà, in sostanza, l'influsso di Vincent su coloro che arrivarono dopo diluì. «r*^

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