TOM WOLFE Scandalo a Manhattan di Alberto Papuzzi

TOM WOLFE Scandalo a Manhattan UNA BEFFA AL «NEW YORKER», LA PIÙ SOFISTICATA RIVISTA USA: LO SCRITTORE LA RICOSTRUISCE NELLA RACCOLTA DI SAGGI CHE ESCE DA MONDADORI TOM WOLFE Scandalo a Manhattan Alberto Papuzzi 2UELLA fu la volta del grande scandalo che agitò gli lettuali di New York e coinvolse persino la Casa Bianca. Quella volta che Tom Wolfe, che non era ancora il celebrato dandy Tom Wolfe, inventore dei radical-chic ... Ma procediamo con ordine. Mondadori ha mandato in libreria in questi giorni l'ultimo libro di Wolfe, La bestia umana, una raccolta di saggi che fotografano il paesaggio americano con la scintillante caustica ironia che è il dna stilistico dell'autore; ma del volume parlerà Masolino d'Amico sul prossime Ttl, quelle che ci interessano sono le ultime cinquanta pagine, intitolate come un dossier spionistico L'affaire «New Yorker», in cui si ricostruisce la beffa giocata da Wolfe, nel 1965, ai danni della più sofisticata e prestigiosa rivista americana, famosa perché non ha mai usato fotografie, ma soltanto disegni, per le sue copertine. Il iVeiv Yorker vide la luce il 21 febbraio 1925, fondato e diretto da Harold Ross, un uomo che si diceva somigliasse a un disonesto Abraham Lincoln. Il duraturo successo mise le radici negli anni trenta, quelli della grande depressione economica: benché non potesse in nessun senso essere definito un magazine umoristico, tuttavia contava fra i suoi collaboratori alcuni dei migliori umoristi americani; piacevano al pubblico benestante e acculturato le short stories, i giovani talenti, l'accurata organizzazione, l'eleganza della veste, qualità che ne fecero, e ne fanno tuttora, negli Slati Uniti, uno status symbol della classe alta, e una miniera d'oro per la comunità degli scrittori. Negli anni sessanta, a scompigliare l'Eden un po' levigato del New Yorker, arriva però un movimento, ambizioso, sovvertitore e iconoclasta, che ha preso il nome di newjoumalism. I suoi protagonisti erano giovani reporter che dovevano scrivere storie per i supplementi domenicali dei grandi quotidiani di New York o di Los Angeles: allora erano dei nessuno affamati di gloria e quattrini, che avevano in testa di usare tutti gli artifizi della letteratura per rendere il giornalismo più appetibile, e in un certo senso anche più vicino alla realtà della gente. Sognavano di scrivere romanzi non-fiction, alcuni di loro ci sono riusciti - Truman Capote, Guy Talese, Norman Mailer e appunto Wolfe - e fanno parte della letteratura americana. Nel 1965 cadevano i quarantanni del New Yorker, diretto da William Shawn, successore di Harold Ross. Nella redazione del New York, domenicale dell'Hera/d Tribune, si discute come celebrare l'anniversario: l'idea del direttore Clay Felker (arrivato da Esquire), di Tom Wolfe e degli altri reporter, che cinque giorni la settimana scar- pinavano per raccogliere notizie per ì'Herald Tribune e il sesto giorno scrivevano storie per il supplemento domenicale, in cui buttavano lo tecniche sperimentali del newjoumalism, è che il New Yorker è una delle due o tre più importanti pubblicazioni americane ma e anche «noioso, noioso, noioso e pomposo». In più c'è il fatto. non da poco, che quelli del New Yorker hanno cominciato a prendere di mira, nella loro rubrica Talk of the Town, gli irrispettosi giovanotti del New York. Come scrivo Wolfe nell'Affaire, ««E lora... non era il momento migliore por far scoppiare il palloncino?». L'ago maligno ò proprio la penna di Tom Wolfe, Il quale si produce in due articoli in cui profondo il meglio di se stesso, seri- vendo una biografia di William Shawn che è in realtà una parodia. Mai tradotti finora in italiano, i due articoli {Piccole \ Mummie! La vera storia del 1 dominatore della Terra dei Morti Viventi! e Sperduti nel roveto delle relative: «The New \ Yorker») sono esemplari di co- I me scorticare con la lievità di una carezza (vedi il brano citato a fianco). Nella sostanza l'ago di j Wolfe è cosi maligno che fa | scoppiare non soltanto il palloncino del New Yorker ma quello j della comunità intellettuale newyorkese. Contro il futuro autore del Falò delle vanità si molte in moto il gotha: Muriel Spark lo paragona a McCarthy, il senatore noto per la «caccia alle streghe» contro i comunisti, E.B. While lo assomiglia a un pisi olerò a cavallo che trascina il rivale nella polvere. Entra in lizza Walter Lippmann, il «decano» por antonomasia della stampa americana, elio non la prendo alla leggera, qualificando Wolfe di «asino incompetente». Ci motte una cattiva parola anche Joseph Alsop, altro mito del giornalismo americano. Dalla volontaria reclusione in cui si ora già confinato, si fa vivo J.D. Salinger, il papà del GiovaneHolden, con un telegramma all'editore deU'Herakl Tribune, Jack Whitney, in cui definisce il pezzo di Wolfe «impreciso o saccento, giulivo e uniformemente velenoso» e si dichiara corto che ['Herald Tribune e il suo proprietario «non saranno mai più considerati degni di rispetto». Dulcis in fundo, a Clay Felker arriva anche la telefonala di un portavoce della Casa Bianca: por lui l'articolo «è roba da fogna», ma rientra nell'ombra quando Felker lo invila a fargli avere la sua protesta su carta intestala della Whit e House. A quanto pare, dal resoconto di Wolfe, ebbe la fortuna che sia il direttore, dock Whitnoy, sia l'editore, Jim Bellows, dell'He rald 'lYibune, non si lasciarono intimidire da nessuna protesta. L'editore «era ricchissimo - scrivo Wolfe - ma anche un vero gentiluomo, e di recente era stalo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Corte inglese». Succede questo: appena la prima puntata dell'articolo su William Shawn è pronta e stampata, prima però che vada in edicola, gli viene mandata da vedere per cortesia. Il bersaglio della beffa reagisce con una lettera in cui definisce l'articolo di Wolfe un libello «omicida», destinalo alla «fogna», e chiedo a Whilney di annullarne la pubblicazione, mandando in distribuzione ì'Herald Tribune senza il suo supplemento domenicale. L'editore la mostra sconcertato a Bellows: «Che facciamo, Jim?». Secondo la ricostruzione che possiamo goderci nella Besliu umana. Il direttore generale (.MVHerald Tribune prende la lotterà, la legge, ridacchia, poi risponde: «Te lo faccio vedere subito cosa facciamo, Jock». Prende il telefono e chiama i colleghi prima del rime quindi di Newsweek, i due più diffusi e importanti settimanali d'informazione degli Stati Uniti, per leggergli la lettera di William Shawn tutta por intero. La domenica l'articolo di Wolfe esce, il lunedi Time e Newsweek pubblicano un riassunto dell'articolo, e la notizia della lotterà di prolesta del direttore del New Yorker. E' cosi che si scatena il putiferio. L'appendice più divertente, a stare a sentire Wolfe, riguarda un particolare vagamente piccante. Wolfe scrisse che Shawn non faceva che telefonare a Lillian Ross. Ripubblicando adesso l'affaire, si domanda se ciò che fece infuriare il suscettibile direttore del New Yorker, al punto di cercare di fermare la pubblicazione di un'altra rivista, contro tutta la tradizione della libertà di stampa americana, non fosse stato il fatto che si svelava il suo rapporto con Madame Ross, custode dell'eredità del fondatore. «Se allora qualcuno fosse venuto da me e mi avesse raccontato in lungo e in largo che avevano una storia - conclude Wolfe con la malizia finale - non ci avrei creduto. Mi spiace, ma non erano proprio tipi "da storia"». Siamo ai tempi iconoclasti del newjoumalism Una parodia del direttore del famoso magazine scatena un putiferio fra gli intellettuali di N.Y THE NEW YORKER E o a ttan ER Siamo ai tempi iconoclasti del newjoumalism Una parodia del direttore del famoso magazine scatena un putiferio fra gli intellettuali di N.Y pinavano per raccogliere notizie per ì'Herald Tribune e il sesto giorno scrivevano storie per il supplemento domenicale, in cui buttavano lo tecniche sperimentali del newjoumalism, è che il New Yorker è una delle due o tre più importanti pubblicazioni americane ma e anche «noioso, noioso, noioso e pomposo». In più c'è il fatto. non da poco, che quelli del New Yorker hanno cominciato a prendere di mira, nella loro rubrica Talk of the Town, gli irrispettosi giovanotti del New York. Come scrivo Wolfe nell'Affaire, ««E lora... non era il momento migliore por far scoppiare il palloncino?». L'ago maligno ò proprio la penna di Tom Wolfe, Il quale si produce in due articoli in cui profondo il meglio di se stesso, seri- e, ia Tom Wolfe nel disegno di David Levine copyright New York Review/distr, ILPA A sinistra una copertina del New Yorker degli anni Sessanta molto oceacuta. ne di na ve ottita di e del n po' e mele a Sussurri. metri da ciano a cetera. Il e la Zdim Quando è in orre nel sentito a un ... incontra orridoio. Un urro! Shawn ha ancora la ccolo, e piene. Dà essere vestito ventina, tre uattro micie, due questa, e da un abito alzini di ui in sta e porge inizia, -sta?» entre più Tom Wolfe nel disegno di David Levine copyright New York Review/distr, ILPA A sinistra una copertina del New Yorker degli anni Sessanta