Le imprese aprono il match della responsabilità sociale

Le imprese aprono il match della responsabilità sociale OGGI CONFRONTO IN ASSOLOMBARDA CON IL PREMIER BERLUSCONIE IL MINISTRO MARONI. NON CONVINCE LA FORMULA DELLA CERTIFICAZIONE Le imprese aprono il match della responsabilità sociale MILANO La Social Responsibility - ovvero l'attenzione ai temi sociali ed ambientali - sino a pochissimo tempo fa era patrimonio di pochissimi imprenditori e manager illuminati. Ora che le piazze finanziarie, a partire dal Nyse, l'hanno scoperta e l'apprezzano rivalutando i titoli delle società che la incorpora, la Social Responsibility sta facendo proseliti tra le imprese grandi, come tra quelle di piccola stazza; sta diventando un fenomeno osservato attentamente in Europa, dove il governo italiano - con il ministro del Welfare Roberto Maroni - si è spinto oltre la pura osservazione ponendo tra le priorità della presidenza italiana dell'Unione il nodo della attestazione di veridicità delle dichiarazioni di assunzione di responsabilità sociale da parte delle imprese con l'intento lodevole di poterla incentivare: proprio per questo è stato dato incarico all'Università Bocconi di costruire parametri di misurazione adeguati. L'orientamento che ne sta emergendo sembra aver assunto i connotati della certificazione che hanno fatto squillare un immediato campanello d'allarme tra le piccole e medie imprese. Per tre ordini di ragioni che il presidente delle piccole impresedi Assolombarda Carlo Moretti ha voluto spiegare con lettera al ministro del Welfare, la cui buona fede non è mai stata messa in discussione da nessuno degli imprenditori milanesi che oc"ù torneranno a sollevare i loro dubbi presenti lo stesso Maroni e il premier Silvio Berlusconi - nel corso della giornata sul tema promossa da Sodalitas e dall'associazione guidata da Michele Perini, cui parteciperà il presidente di Confindustria Antonio D'Amato. Perché il sistema della certificazione della eticità dei comportamento è complicata ed opinabile. Perché l'iter sarebbe inevitabilmente molto burocratico e dunque troppo costoso per imprese di piccola stazza. Perché la certificazione affidata al pubblico potrebbe inquinarsi di valutazioni partitiche, ma consegnata al privato potrebbe tradursi in nuovi extra guadagni per le società di consulenza: detenninando l'ennesima dittatura delle società di rating americane che si sono già mosse portandosi al seguito potenziali imitatori. Timori ingiustificati delle im¬ prese desiderose di difendere la natura spontanea della Social Responsibility? Si sarebbe stati tentati di dire di sì, sino a una manciata di giorni fa quando, a Milano, Accenture - che non ha la Csr come mission principale presentava la sua Fondazione nuova di zecca, creata tra l'altro per far da consulente e aggregatore di risorse e progetti nel campo e promuovere (sic!) la «costituzione di un ente» per certificare «l'eticità» dei comportamenti aziendali. Non bastava la presenza di rettori ed ex rettori delle Università milanesi a rendere commestibile quella proposta. A Maroni l'onere di coniugare la misurabilità (necessaria per l'incentivazione) con il rifiuto degli appesantimenti burocratici, dell'aggravio dei costi e, soprattutto, delle furbizie, f. pod.l Roberto Maroni

Persone citate: Antonio D'amato, Carlo Moretti, Maroni, Michele Perini, Roberto Maroni, Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Europa, Milano