0STAGGI Ritorno nel teatro della morte di Anna Zafesova

0STAGGI Ritorno nel teatro della morte iL «MUSICAL MALEDÉTTO» DI NUOVO IN SCENA AL TEATRO DUBROVKA DOPO QUASI QUATTRO MESI 0STAGGI Ritorno nel teatro della morte reportage Anna Zafesova MOSCA QUARTA fila, poltrona numero cinque. Oleg Golub se lo ricorderà per tutta la vita, quel posto, e i suoi occhi si girano in continuazione verso quell'angolo della platea. Non può fare a meno di guardare, senza volerlo; è un'ossessione. In quella poltrona ha trascorso le 60 ore peggiori della sua vita: a poche file di distanza una bomba enorme legata al soffitto, qualche poltrona più in là una ragazza che giocherellava con il telecomando legato da fili alla sua cintura, davanti due terroristi con i kalashnikov puntati. «Non pensavo che sarei stato capace di rimettere piede qui dentro», dice mentre si cambia per tornare in scena: «E' stato terribile». Ma questa sera è contento ed emozionato: canterà e ballerà per i suoi compagni di prigionia. «Nord-Ost», il musical maledetto, è tornato sulle scene di Mosca in un coraggioso e disperato tentativo di dimostrare che la vita continua. Tra fabbriche e anonimi caseggiati della periferia il teatro sulla Dubrovka splende di un bianco fresco di restauro, illuminato a giorno nella notte moscovita. Sembra una nave, con la bandiera dello spettacolo che sventola fieramente e si vede da lontano, con lo striscione azzurro che scorre lungo tutta la facciata. Ma questo aspetto rutilante dell'edificio fa venire lo stesso i brividi. E' l'immagine che si è stampata nella memoria di milioni di persone in tutto il mondo, che ha girato le televisioni, entrata nella cronaca e nella storia accanto alle Twin Towers in fiamme. Se il teatro è una nave, si tratta di un vascello fantasma: qui 129 persone venute a trascorrere una serata divertente hanno trovato la morte. Oleg era sul palco quella sera del 23 ottobre 2003, a cantare e ballare vestito con l'uniforme dei pi'oti sovietici degli anni '30, la stessa che indossa oggi. Era cominciato da poco il secondo atto, una delle scene più movimentate dello spettacolo. Aveva intonato l'ultima frase della canzone, «Allora non ti ha visto volare», quando sul palco erano saltati uomini mascherati. Non si era spaventato, aveva pensato che fossero i servizi russi: «Poco prima dello spettacolo avevamo ricevuto una telefonata che ci avvertiva di una bomba nascosta nel teatro, brutti scherzi che succedevano spesso». Ma poi aveva sentito raffiche di mitra sparate sopra la sua testa e aveva capito che i nuovi arrivati non erano i buoni, ma i cattivi. Avevano fatto scendere gli attori nella platea. Il ragazzo chiude gh occhi, poi cerca di sorridere: «Il ricordo più terribile sono le minacce. Ogni sera i ceceni ci dicevano che la mattina dopo avrebbero fucilato 50 persone. E ogni notte mi interrogavo se avrei fatto parte di quei 50». A morire per mano dei terroristi sono stati cinque ostaggi, gli altri 124 sono rimasti soffocati dal gas lanciato dal gruppo d'assalto «Alfa» pochi minuti prima del blitz per liberare il teatro. «Sì, me lo ricordo», dice l'attore: «Ho visto tutto, non sono svenuto». Parla in fretta, vuole chiudere il discorso: «Mi dispiace, non ne voglio parlare». Più di tre mesi dopo si cerca di riprendere la vita dal momento in cui si era interrotta. «Allora non ti ha visto volare», intona allegramente un bel giovanotto biondo. Mentre un mighaio di spettatori applaude e ride, alcuni degli occupanti della platea sentono scorrere lungo la schiena un agghiacciante brivido di paura. Nello stesso posto, nello stesso momento, a queste precise parole la loro vita si era spaccata in un prima e un dopo. Olga Fitenko stringe i braccioli della poltrona e si guarda nervosamente intomo, come se si aspettasse ai vedere spuntare dal buio della platea i guerriglieri fasciati di esplosivo. E' seduta nella stessa fila dove aveva trascorso 60 ore di orrore, sotto i kalashnikov :,,-£Ld •(XPOHHKABlitz delle forz puntati. Questa signora quarantenne è tra i pochi dei quasi 700 ex ostaggi che hanno avuto il coraggio di rimettere piede nel teatro. «Volevo vincere così la mia paura», dice. E' una sorta di terapia d'urto che uno degli autori dello spettacolo - Georgij Vassiliev, che era rimasto ostaggio insieme al pubblico e ai suoi allori, entrando in trattative estenuanti con i terroristi per migliorare le condizioni della prigionia - spiega come «una vittoria di valori come l'amore e la giustizia sul terrorismo». Il musical, andato in bancarotta dopo la presa di ostaggi, è stato ripristinato con l'aiuto dello Stato e di numerosi privati: Vassiliev racconta che i contributi variavano da 9 rubli (20 centesimi) a 50 mila dollari. Il primo musical originale russo riprenderà a ritmo quotidiano nella versione originale, salvo qualche ritocco: coreografie e scenografie più complesse. Tutta la capitale è tappezzata di manifesti sprizzanti ottimismo, ma i biglietti sono stati venduti solo per i primi giorni: la favola d'amore e avventura è diventata una tragedia. Il teatro è stato restaurato a spese del comune di Mosca e Olga fatica ora a localizzare la poltrona dove era rimasta prigioniera: la sala è stata completamente ridise¬ gnata, il tessuto rosso delle poltrone sostituito con velluto blu. La fossa dell'orchestra è stata ricostruita. Trasformata in latrina dai terroristi, era il luogo dell'umiliazione: gli ostaggi potevano accedervi solo dopo ore di suppliche, costretti a fare i loro bisogni in pubblico, sotto i kalashnikov puntati. Ora dalla fossa rinnovata emerge, accolto da un commosso applauso, il direttore d'orchestra: otto musicisti di questo «Titanio» riemerso alla periferia di Mosca sono morti. Platea e galleria si alzano in piedi, spontaneamenle, per ricordare loro e i duo attori bambini, e gli altri ostaggi morti in questo teatro, Oleg dice che il nuovo aspetto della sala aiuta a dimenticare. Ma questo look scintillante del nuovo non riesce a esorcizzare i fantasmi delle terroriste, accasciate nelle poltrone dell'ultima fila, i volti esangui, i buchi delle pallottole nella fronte. E quando i piloti, tra cui Oleg, si lanciano nel loro sfrenato tip lap, nonostante l'impianto di ventilazione, nuovo di zecca e talmente potente che la brezza smuove i capelli degli spot- latori, nelle narici dei sopravvissuti toma l'odore soffocante di quei giorni: la puzza di sudore, sangue, urina, l'odore della paura, il sentore asfissiante del gas letale. I vetri rotti dalle raffiche di mitra, la moquette imbrattata di sangue, il buffet dove si erano accampati i ceceni: tutto è stato sostituito, riparato, pulito, lucidato. Ma il tentativo di superare e rimuovere si rivela un'irresistibile occasione per ricordare. Fin dall' entrata, dove quella gelida mattina del 26 ottobre giacevano, mescolali, corpi di ostaggi e terroristi, asfissiati dal gas, lividi, già morti e ancora vivi. Sul pavimento di marmo del guardaroba, al pianterreno, giaceva insanguinato il comandante dei terroristi Movsar Baraev. Nei camerini, invasi dall' odore pungente del trucco e gel per i capelli, gli attori indicano la finestra, dalla quale alcuni di loro erano riusciti a fuggire. La paura è presente dietro il glamour del grande evento: si entra nel teatro recintalo dalla polizia attraverso im metal detector, cani addestrati a fiutare l'esplosivo girano i corridoi, in un angolo è pronta una barella se qualche ex ostaggio non riesce a superare lo shock della terapia d'urto. Ministri e ambasciatori si alzano in un minuto di silenzio per le vittime, ma poi non riescono a negarsi un tour guidalo per questo posto che rimano la scena di un delitto. Gli ostaggi si distinguono per il loro silenzio, sono quelli che cercano di comportarsi da normali spettatori, senza mostrare morbosa curiosità. Olga Fitenko è uscita dal teatro tre mesi fa in barella, intossicata dal gas. Ma non rimprovera nessune, anzi è riconoscente alle forze di sicurezza: «Senza quell'assalto non saremmo qui oggi», dice: «Quelli che sono morti erano di salute fragile, oppure si erano preparali a morire: alcuni ostaggi avevano scritto il testamento». Uno spietato orgoglio di sopravvissuta. Ma dietro la trionfante relorica del rinato dalle ceneri ci sono centinaia di vite distrutte. La maggioranza degli ex ostaggi hanno rifiutalo la proposta dei produttori del musical di assistere alla prima. Alcuni attori hanno abbandonalo la troupe, senza avere il coraggio di ritornare sul palco della tragedia. Oleg dice che il lavoro è stato per lui la migliore terapia, ma molti non sono più in grado di lavorare, la salute fisica e mentale distrutta dal gas e dallo stress. Quasi cento famiglie hanno querelato il comune di Mosca, chiedendo ciascuna im milione di dollari di risarcimento danni. Si sono presentate al tribunale, non tanto nella speranza di ottenere dei soldi, ma di raccontare il loro calvario. Il calvario dei parenti che per giorni hanno cercato negli obitori e negli ospedali i loro cari. Alcuni sono stali ritrovati dopo settimane: i cadaveri erano stati catalogati come di terroristi e sequestrati. Nei certificati di morte delle vittime del blitz la voce «causa» è rimasta in bianco, oppure reca un lapidario «morto per atto teiroristico». Il calvario degli ostaggi abbandonali sugli scalini del teatro senza soccorsi, vivi e cadaveri insieme, soffocati da un gas misterioso che le autorità insistono a giudicare totalmente innocuo. Per la prima volta nella storia interminahile delle tragedie russe le vittime si sono ribellale alio Stato. Ma il processo è duralo appena una settimana: respingendo tutte le testimonianze, il giudice ha chiuso il caso respingendo la richiesta di risarcimento. «Storia di un amore, storia di un paese», come recita lo slogan pubblicitario dello spettacolo. La tragica vicenda della presa degli ostaggi rimane un mistero: l'inchiesta si svolge nel segreto assoluto, perfino il numero preciso dei terroristi del commando di Baraev rimane sconosciuto. Nella Mosca ferita da una guerra che sembrava lontana, non ridiventerà mai più solo il nome di uno spettacolo allegro. Nel finale tutti i protagonisti dello show sfilano per un pubblico che li applaude in piedi, e sembra per un attimo che tutto sia tornato come prima. Ma gli occhi di Oleg Golub guizzano per un attimo a sinistra, verso la quarta fila, poltrona numero cinque. L'edificio restaurato pare nella notte di Mosca un vascello fantasma, con i suoi 129 morti dopo l'attacco ceceno Pochi dei sopravvissuti a quella tragica notte sono tornati per la riapertura. «Il ricordo più terribile sono le minacce», dice Oleg, attore. Spiega Olga, seduta nella stessa fila dove aveva vissuto 60 ore d'incubo: «Volevo vincere così la mia paura». Tutto è nuovo, scintillante, ma restano troppi «perché» Senza Una TiSpOSta Mosca, 23 ottobre 2002: poliziotti di pattuglia davanti al Teatro Dubrovka, dove 41 guerriglieri ceceni tengono in ostaggio attori e pubblico del muiical «Nord-Ost» V \ * ism ^S& * Ci \ :,,-£Ld •i>.;u»--L;JliX^4xi - ■ M( (XPOHHKACOBbrTMH) Vil. Blitz delle forze speciali russe: una terrorista rimasta uccisa in platea Un'immagine dall'interno del teatro, trasmessa dalla rete russa Ntv: ostaggi guardati a vista da una kamikaze velata

Persone citate: Baraev, Di Nuovo, Movsar Baraev, Oleg Golub, Olga Fitenko, Towers, Vassiliev

Luoghi citati: Mosca