Con poco ritmo non c'è formula che funzioni di Roberto Beccantini
Con poco ritmo non c'è formula che funzioni Con poco ritmo non c'è formula che funzioni Roberto Beccantini LA prima Juventus senza Del Piero. Non la primissima: almeno nel corso dell'atcuale campionato. Era già successo il 26 ottobre, contro l'Udinese: 1 -0, gol di Salas. In altre tre occasioni, era subentrato nel secondo tempo: a Salas in quel di Modena, siglando, fra parentesi, la rete della vittoria; a Nedved nella sfida casalinga con il Bologna, contribuendo alla rimonta firmata da luliano (I-I); a Di Vaio nella fatai Brescia, testimone periferico del fulminante uno-due di Schopp e Tare. Del Piero arrivò a Torino nell'estate del 1993, quando ancora comandava Bonipeiti. Fu Trapattoni a offrirgli l'emozione del debutto. Lippi, la stagione successiva, lo alternò con Roberto Raggio, di cui tanto, in settimana, si è parlalo. Persino il Trap - che pure, a mio avviso, l'ha coerentemente escluso dalla lista dei convocati per l'amichevole con il Portogallo - è incappato in un singolare lapsus di memoria: «Alla Juve, Baggio, lo feci comprare io». Non è vero: il Codino venne arruolata da Luca di Montezemolo, nel 1990: allenatore, Maifredi. L'attuale et aveva lasciato la Signora nel 1986 e, all'epoca, allenava l'Inter. Baggio, alla Juve, l'ha trovato (allorché vi ritornò nel '91, sotto braccio a Boniperti, precettato d'urgenza dall'Avvocato), non acquistato. Del Piero ne ha per un paio di mesi, Gabriele per non più di sette minuti. Il rigore che concede è imbarazzante. Mica può amputarsi il braccio, Cribari, sul cross di Pessotto. La fiscalità dell'arbitro stride con la manica larga (larghissima) della Camera, il cui decreto salva-bilanci assomiglia a un vero e proprio «golpe» da repubblica dei fichi d'India. Togliere alla Juve Del Piero e Camoranesi è come sottrarre la vena creativa a un poeta. L'Empo- li oppone l'agilità e il coraggio di un assetto che tiene perennemente sul chi va là Monterò S- Ferrara. La manovra dei campioni ricorre al lancio lungo, segno di personalità ondivaga e di equilibri precari. C'è il ritomo di Pessotto a sinistra, c'è lo spostamento di Zambrotta a destra, ci sono Tacchinardi e Tudor a metà campo, due camion accerchiati da un nugolo di utilitarie. Gli inserimenti di Nedved sollevano polvere, ai ohe perche Trezeguet e Di Vaio si telefonano trovando sempre occupato. È una Juve che si adagia sul gruzzolo invece di investirlo. Vorrebbe gestire la partita e risparmiare energie, liquidare l'Empoli e pensare ai fatti suoi. Troppe cose. Sulle fasce, nessuno che salti l'uomo: nemmeno Zambrotta. L'ala più ala si conferma Thuram. Cambia, la musica, con l'ingresso di Davids al posto di Tacchinardi (indolenzimento muscolare). Esce un oboe, entra un tamburo. Il ritmo ne riceve una scossa salutare, i campioni sfiorano più volte il raddoppio e stipano gli avversari - tre pimti nelle ultime sei partite - dentro alla loro area. La forza e il limite: se non alza il ritmo, e alzarlo sempre non si può, la squadra oi Lippi diventa facilmente disarmabile. La Juve chiude senza Del Piero, Camoranesi, Trezeguet e Nedved, e nel finale, casualmente?, l'Empoli spreca, con Di Natale, due grosse palle-gol (ma nel primo caso, l'attaccante era in fuorigioco). Vittoria sofferta, introdotta dalla benevolenza di Gabriele. In attesa di Perugia-Milan e InterReggina, la Signora raggiunge le milanesi in vetta alla classifica. Una Juve un po' così, orfana del suo faro, tirchia in avvio e sciupona sul più bello: e quando non sciupona, stregata da Berti. Lunga è la strada. E dal minimo non sempre si potrà spremere il massimo. Imbarazzante il penalty concesso in avvio dall'arbitro Gabriele Se manca la spinta sulle fasce, non sempre andrà così bene Caso Saggio: Trap è coerente, ma non fu lui a portarlo alla Juve
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