Brasillach, nascita di un critico

Brasillach, nascita di un critico IL LATO CINEFILO DELLO SCRITTORE FUCILATO PER COLLABORAZIONISMO Brasillach, nascita di un critico Edoardo Bruno RICORRE in questi giorni l'anniversario della morte di Robert Brasillach, intellettuale e poeta francese, fucilato il 6 febbraio del 1945 per collaborazionismo. Pur con tutte le dovute distanze debbo confessare che il mio vero incontro con la Storia del cinema avvenne proprio leggendo, nel 1948, la sua Histoire du cinema (scritta insieme a Maurice Bardèche nel '35 e aggiornata postuma nel '48), una storia mai tradotta in italiano, una lunga corsa tra le forme poetiche e le ansie segrete di chi getta lo sguardo oltre la semplice cronologia e si sforza di leggere i film attraverso la linea del linguaggio. In quegli anni avevo già incontrato altre storie del cinema, che non mi avevano convinto proprio per quella appuntita ricerca di date e di nomi che lasciavano soltanto trasparire la progressione estetica, perdendosi in riassunti dei contenuti e costruendo una rete sociologica che rispecchiava le varie epoche storiche. Per ritrovare il sapore dei vecchi film, non sempre facili a trovare nei cineclub, preferivo allora sfogliare le pagine di quella collana di libri di sole immagini, pubblicati dalla Domus con il titolo «Cineteca», dove alcune opere di René Clair, di Dreyer, di Carnè, Duvivierealtri, rivivevano almeno' per il gusto delle inquadrature e la composizione delle luci. L'Histoire du cinema di quei due giovani scrittori messi al bando, «attizzati, come scrivono, dal fuoco della nostra giovinezza», fu per me una rivelazione, un'indicazione di come inseguire nei film l'emozione del ritmo, la forza drammatica, la materialità dell'inquadratura. E ritrovare, nel discusso Nascita di una Nazione di Griffith, al di là della trama, «l'ardimento e la bellezza di una sequenza di Ejscnstein, o di una stampa del Goya», e nei film di Charlot la «leggerezza del corpo e la sua danza automa- Brasillach: fu fucilato il 6 febbraio 1945 tica, la poesia di una cera visione delle cose, lo stupore e la ingenuità della favola», o nell'Atulante di Jean Vigo il Rimbaud o il Celine del cinema francese, per la sua sincerità crudele e i ricordi lacerati». Bardèche e Brasillach intuiro«no, già allora, la grande importanza di un film come Citizen Kane {Quarto potere) di Welles, che considerano il primo film moderno, in cui si ritrova l'istinto fotografico di Man Ray e la forza del reportage del grande magazine americano oltre a una «capacità di trasporre in jazz un pezzo di musica classica»; o la novità di Paisà di Rossellini in cui «la audacia espressiva e la passione della sguardo, attraverso un mondo prodigioso di città distrutte, di negri, di ragazze folli e di piccoli scugnizzi che trafficano, segna una data unica nella storia del cinema». Un libro di passione e tensione, di scoperte e di impulsi, fatto di quel colpo d'occhio che spesso manca alla critica che, in genere, procede con lentezza nel dettagliare e scoprire i valori. Non una «estetica del cinema» ma una profonda intuizione, film dopo film, dei legami stretti del cinema con il senso di un'arte «giovane ma matura, legata all'epica e alla tragedia con mezzi di rappresentazione molto più potenti che tutte le altre forme espressive». Da ciò il mio debito che spero con questa nota di avere, in parte, assolto. Un'immagine di Quarto potere: secondo Brasillach, il primo film moderno