Tiezzi trasferisce Amleto in Egitto e così cambia un mito del teatro

Tiezzi trasferisce Amleto in Egitto e così cambia un mito del teatro Tiezzi trasferisce Amleto in Egitto e così cambia un mito del teatro Osvaldo Guerrieri TORINO C'è del metodo nella follia d'arte che Federico Tiezzi espone sotto l'ombrello sgargiante deir«Amleto». E' il metodo dell'accumulazione, che trasforma la gran tragedia di Shakespeare in un excursus di stili, di lingue, di linguaggi, di suggestioni, di espressioni non fine a se stessi, ma convogliate verso un unico scopo: risvegliare le voci interiori di chi medita su questo intricatissimo testo, evitando di interrogare il pallido principe di Danimarca, dalla cui irresolutezza e dalla cui strategia vendicativa deriva il crollo di un intero mondo, uno strepito di rovine e di ferraglia omicida oltre il quale non c'è che silenzio. Tiezzi lavora da anni su «Amleto». Lo ha investigato, destrutturato e spiegato in tre «Scene» realizzate tra il 1998 e il 2001. Erano, quelle Scene, una sorta di disegni preparatori dello spettacolo finale che l'altra sera abbiamo visto al Carignano per il cartellone dello Stabile. Nella loro provvisorietà individuavano tre momenti figurativi, tre climi poetici, tre possibilità espressive, che poi si sono annodati nella sintesi ultima. La cui corrente trascina con sé tutte le pepite, i detriti, le sabbie che costituivano il sostrato dei tre Studi. E così, adesso, abbiamo l'incipit extra shakespeariano, con l'arrivo alla spicciolata dei comici dal fondo della platea, con la richiesta della finzione che dovrà smascherare il delitto di Claudio, e con la recita (in spagnolo) del monologo di Sigismondo da «La vita è sogno» di Calderón. Sono i segnali di un programma, l'annuncio di un lavoro che vuol fare teatro col teatro, ossia che utilizza il teatro per sviluppare una teatralità libera. Con conseguenze impensabili. Gli armigeri di Elsinore ci appaiono come «tupamaros» o come soldataglia medio orientale armata di fucile mitragliatore; lo Spettro è invisibile, ma parla dall'interiorità di Amleto; Claudio e la regina Gertrude sono presentati come due sovrani egizi; e la figuratività egizia (oltre che genericamente orientale o, in particolare, indiana) prevale su quella nordeuropea. Potremmo continuare ad elencare, ma ci limitiamo a segnalare il football giocato da Amleto con Rosencrantz e Guildenstern, e l'incontro di Amleto con la madre: lei, la regina, in abito di nozze candido; lui, l'orfano estenuato, in gramaglie femminili. Quanti segnali, dorature, preziosità e preziosismi ci invia Tiezzi. Ma, pensiamo, un conto è lavorare sul nucleo chiuso di un tema, un altro conto è forzarlo, il nucleo, spianarlo e saldarlo con i successi¬ vi fino a farne un nastro narrativo. Dalla forzatura a freddo deriva la caratteristica principale di questo spettacolo, e cioè il procedere per piccole frasi indipendenti anziché per periodi sintatticamente complessi. E ogni frase sarà magari bellissima, meravigliosamente pensata ed eseguita, ma sarà pur sempre una piccola frase staccata dall'ordito. Se a ciò aggiungiamo che gli interpreti si segnalano per la loro disuguaglianza, allora vediamo che questo «Amleto» somiglia a una macchina celibe, un congegno che vive di un movimento senza funzione. Non possiamo non lodare il mutevole e complesso Amleto di Roberto Trifirò, chiamato a una prova d'attore concentratissima; diremo un gran bene di Mario Valgoi, che mette la sua classe stizzita e ironica al servizio del Capocomico; diremo che è persuasiva Stefania Graziosi nella parte di Ofelia e che Marion D'Amburgo (nel ruolo minimo della recita) non ha modo di far valere se stessa. Alessandro Schiavo e Ciro Masella sono una ruvida coppia comica, ma Dominique Sanda (Gertrude) si rivela ancora una volta a disagio su un palcoscenico italiano: è bella, gelida, ma imprendibilmente altrove. Lunghi applausi finali e repliche fino a domenica.

Persone citate: Ciro Masella, Dominique Sanda, Federico Tiezzi, Mario Valgoi, Marion D'amburgo, Roberto Trifirò, Shakespeare, Tiezzi

Luoghi citati: Danimarca, Egitto, Torino