Aziz dal Papa, Vaticano sempre più anti-guerra di Marco Tosatti

Aziz dal Papa, Vaticano sempre più anti-guerra IL MINISTRO DEGLI ESTERI IRACHENO SARA' RICEVUTO IL 14 FEBBRAIO Aziz dal Papa, Vaticano sempre più anti-guerra Domani da Wojtyla un leader pacifista, il tedesco Fischer Marco Tosatti CITTA'DEL VATICANO Il Vaticano è in pieno «pressing» contro la guerra all'Iraq. Su un duplice fronte: diplomatico e dell'opinione pubblica. Ieri il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquin Navarro Valls, ha confermato le indiscrezioni relative a ima visita del «numero due» iracheno ai Sacri Palazzi. «Il vice primo ministro del governo dell'Iraq, Tarik Aziz ha chiesto di essere ricevuto dal Papa», ha dichiarato lapidario Navarro; e l'udienza avrà luogo venerdì 14 febbraio. Ma domani sarà a Roma, e incontrerà anche il Pontefice, un ministro degli Esteri importante, nella partita che si sta giocando intorno all'Iraq: Joschka Fischer, responsabile della diplomazia tedesca, che giungerà oggi a Roma direttamente da New York, dove ha presenziato alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La visita al Papa, e il colloquio con il Segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano, sono previsti per venerdì mattina. La Santa Sede si trova certamente in sintonia con la posizione franco-tedesca, piuttosto che con la spinta alla guerra che proviene da oltreoceano, anche se negli ultimi giorni la Santa Sede sembra spostarsi su tesi ancora più radicali. In questo senso si può interpretare l'intervista che monsignor Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e fino a poco tempo fa osservatore permanente alle Nazioni Unite, a New York, ha dato al «National Catholic Reporter», una delle voci più influenti del cattolicesimo a stelle e strisce. Martino ha tracciato un'analogia fra il concetto di «guerra giusta» e la pena di morte, per far capire il tipo di evoluzione che sta subendo il pensiero cattolico. «Nel catechismo della Chiesa cattolica c'è l'ammissione che la pena di morte potrebbe essere necessaria in casi estremi. Ma il papa Giovanni Paolo II neir«Evangelium Vitae» ha detto che la società dispone di tutti i mezzi per rendere inoffensivo un criminale che in precedenza avrebbe potuto essere mandato sul patibolo. Questo si può applicare al caso della guerra: la società moderna deve avere, e io credo che li abbia, gli strumenti per evitare la guerra». In particolare, nella questione che vede Baghdad in primo piano, secondo l'arcivescovo «la Risoluzione 1441 contiene tutti gli elementi per risolvere il problema senza andare in guerra. Se davvero c'è una prova che l'Iraq dispone di armi di distruzione di massa, gli ispettori sono pronti ad accoglierle, e a procedere in modo da distruggere queste armi, o da renderle inoffensive. Proviamo questa via, per prima». Il presidente di «Justitia et Pax» ha disegnato un panorama drammatico del possibile conflitto: «La guerra è spargimento di sangue, distruzione, disastro e morte - ha detto al National Catholic Reporter - Ho sentito proprio ieri che a Sigonella sono state portati centomila sacchi, il tipo usato per i cadaveri, insieme con seimila bare. Quelle non sono per i soldati iracheni! C'è un ospedale galleggiante con mille posti, e non sarà certo per curare soldati che hanno avuto un graffio. Stiamo parlando di perdite umane incredibili. Ho sentito che negli Stati Uniti si prevede la perdita di quindicimila soldati americani». Il presule prevede, come conseguenza dell'eventuale conflitto, un aumento dell'attività terroristica, e un Medio Oriente in fiamme; e ha sfidato Bush, e l'Occidente a risolvere prima il conflitto israelo-palestinese: «C'è un doppio standard. Abbiamo già una guerra, perchè non la fermiamo, invece di cominciarne un'altra»? Il presidente del Pontificio Consiglio non sarà a Roma quando arriverà Michael Novak, l'intellettuale cattolico «conservative» il cui viaggio a Roma, per sostenere la causa della guerra preventiva, è sponsorizzato dall'ambasciata Usa. Per protestare contro questa iniziativa oltre sessanta personalità cattoliche statunitensi, laici e religiosi, hanno inviato una lettera all'ambasciata Usa presso la Santa Sede. «Siamo molto preoccupati perchè avete scelto un teologo a rappresentare la Comunità cattolica degli Stati Uniti sulla moralità di questa guerra senza nessuna consultazione con dei leaders cattolici riconosciuti» scrivono i firmatari. L'ambasciatore, Jim Nicholson, ha risposto che «Novak viene a Roma come privato cittadino, a presentare le sue personali vedute». Anche Famiglia Cristiana prende posizione: «In una guerra come quella all'Iraq - chiede un sacerdote - un cappellano può assolvere un pilota che bombarda innocenti? Se abortire è peccato, che dire di chi si arruola in una struttura di morte?». Un paragone «valido», è la risposta del teologo della rivista, Giuseppe Mattai. Monsignor Martino fa un confronto tra «conflitto giusto» e pena di morte: la Chiesa li ritiene entrambileciti, ma bisogna fare di tutto per evitarli Papa Giovanni Paolo II