LEuropa divisa tenta un vertice sul «dopo-Powell»

LEuropa divisa tenta un vertice sul «dopo-Powell» A LIVELLO DI CAPI DI STATO E DI GOVERNO O DI MINISTRI DEGLI ESTERI LEuropa divisa tenta un vertice sul «dopo-Powell» E dieci paesi dell'ex Est firmano una lettera di appoggio all'America Enrico Singer corrispondente da BRUXELLES Un vertice europeo straordinario sull'Iraq. Adesso che Colin Powell ha parlato, tra Bruxelles e Atene che guida per questo semestre la Uè - s'intrecciano nuovi contatti per arrivare a una riunione che ritrovi il filo di un denominatore comune tra i Quindici. La presidenza greca questo incontro lo vuole fortemente. «Ma un summit si convoca soltanto se ci sono ragio • nevoli possibilità di successo», dicono a Palais Breydel, sede della Commissione Uè. E queste possibilità, per il momento, devono essere ancora esplorate. Ci vorranno dei giorni e prima di qualunque «pronunciamento» bisognerà attendere anche il secondo rapporto del capo degli ispettori dell'Onu, Hans Blix, previsto per il 14 febbraio, perché su ima cosa, almeno, l'Unione è d'accordo: la guerra è l'ultima delle opzioni e tutte le possibilità di soluzione negoziata devono essere inseguite. Aumentando anche la pressione su Saddam perché collabori pienamente con gli ispettori. Una dichiarazione della presidenza della Uè, consegnata ieri agli ambasciatori iracheni a Bruxelles e Atene, usa toni forti: «Il tempo sta per scadere, la .risoluzione 1441 ha dato all'Iraq l'ultima possibilità di disarmo pacifico. Se questo non ci sarij, jl'Iraq avrà la responsabilità di tutte le conseguenze». Ma la Grecia vuole l'accordo degli altri partner. Per questo insiste sulla necessità di convocare il vertice straordinario: a livello di capi di Stato e di governo, oppure a livello dei ministri degli Esteri. L'unità nel giudizio e nell'azione è l'obiettivo più ricercato, ma anche quello più difficile. Come hanno dimostrato le iniziative degli ultimi giorni: dalla dichiarazione franco-tedesca contro l'unilateralismo americano alla lettera degli otto di sohdarietà con gli Usa, fino all'aperta divergenza registrata nell'incontro tra Chirac e Blair. «Se l'Europa è divisa non è colpa della mia politica)», .ha detto ieri sera il canceUiere tedesco, Schroeder. E nuove divei^enze si aggiungono: in appoggio alla posisizione americana ecco una «lettera dei dieci» diffusa ieri sera a Vilnius e firmata da Lettonia, Estonia, Li¬ tuania, Slovacchia, Bomania, Slovenia, Croazia, Macedonia, Albania e Bulgaria. La Turchia, senza lettere né documenti, si è già schierata apertamente. «Saremo sempre al fianco degli Usa», ha detto ieri il premier, Abdullah Gul, il quale ha anche annunciato che, nel caso di guerra, «nel Nord dell'Iraq andranno più soldati turchi che americani». Proprio la Turchia è al centro di un'altra delicata partita che si sta giocando in queste ore a Bruxelles: non nella Uè, ma nella Nato. Oggi 0 Consiglio atlantico esaminerà la richiesta americana e turca di offrire «sostegno militare» nel caso di conflitto con l'Iraq. In particolare, la Nato dovrebbe fornire missili Patriot e copertura aerea alla Turchia. E' la terza volta in due settimane che gli ambasciatori dei 19 Paesi dell'alleanza ne discutono. . il segretario generale della Nato, Lord Robertson, ha detto che i Paesi dell'alleanza «sono totalmente uniti» nell'impegno di «fornire qualsiasi sostegno richiesto dall' Onu» preso nel vertice di Praga del novembre scorso. Robertson ha ammesso che ci sono opinioni diverse «sui tempi» delle decisioni. Francia, Germania, Belgio e Lussemburgo sostengono che prendere - e annunciare - già adesso misure di sostegno militare darebbe un colpo mortale alle ultime speranze di soluzione negoziata. E un margine di tempo esiste ancora: «La decisione può essere presa tra due giorni come tra due settimane», dicono alla Nato. Un soldato turco di guardia a una base vicino ai confine iracheno: Ankara ha annunciato ieri che collaborerà con gli Usa

Persone citate: Abdullah Gul, America Enrico Singer, Chirac, Colin Powell, Hans Blix, Lord Robertson, Robertson, Schroeder