Muccino, gruppo di famiglia malato di successo di Simonetta Robiony

Muccino, gruppo di famiglia malato di successo ESCE «RICORDATI DI ME», NUOVA PROVA, E GRANDE SPERANZA, DELL'EX «ENFANT PRODIGE» DEL CINEMA ITALIANO Muccino, gruppo di famiglia malato di successo Padre scrittore frustrato, madre attrice mancata, figlia aspirante velina Simonetta Robiony ROMA «Ricordati di me» prodotto da Procacci ma in uscita sotto il marchio Medusa in seicento copie come neanche un kolossal americano il 14 febbraio, giorno di San Valentino, è il quarto film di Gabriele Muccino, ex enfant-prodige del nostro cinema. Il primo fu «Ecco fatto», ritratto di un ventenne sfigato, poi è arrivato «Come te nessuno mai», micro-affresco di liceali durante l'occupazione della scuola, infine «L'ultimo bacio», radiografia di una coppia di trentenni alla soglia delle nozze, Stefano Accorsi e Giovanna Mezzogiorno, nella quale si sono riconosciuti talmente i trentenni italiani da far arrivare a 25 miliardi di lire l'incasso del film e far diventare il regista un mito conclamato in quanto autore capace di far soldi. Con «Ricordati di me» Muccino racconta una famiglia, una tipica famiglia di oggi, verosimile più che vera, nella quale però la gente dovrebbe riconoscersi perché sono belli, sono nevrotici, sono egoisti, ma comunque fanno qualcosa per superare la crisi in cui sono avvitati. La madre, Laura Morante, è una insegnante ma avrebbe voluto recitare. Il padre, Fabrizio Bentìvoglio, lavora in una società finanziaria ma si sente uno scrittore. Il figlio, Silvio Muccino, fratello piccolo del regista, è un liceale ma sogna il primo amore. La figlia, Nicoletta Romanoff, per la prima volta in un film, è una studentessa ma vuole andare in tv e diventare show-girl. Troppo presi dai propri problemi, ognuno pensa a sé dimenticando gli altri. E così Bentìvoglio intreccia una storia con un vecchio amore, Monica Bellucci, che lo incoraggia a pubblicare quel che scrive. Laura Morante prova di nuovo a far l'attrice con l'aiuto di Gabriele Lavia che la dirige in palcoscenico. La Romanoff, tra il letto di un teledivo e quello di un altro, conquisterà il suo posticino in uno spettacolo televisivo. Muccinojr, tra molte delusioni, comincerà a capire chi è. Tutto a posto dunque? Non tutto. Perché il papà, che non ha avuto il coraggio di continuare il suo famoso romanzo, ricomincia a vedere il vecchio amore che lo consola della sua sconfitta. Il tutto condito dalla voce di Elisa che canta «Almeno fu nell'universo» e da quella di Pacifico che canta «Ricordati di me». Difficile girare un film dopo ;1 successo travolgente di «L'ultimo bacio»? Gabriele Muccino dice di no. «Difficile è stato superarlo, quel successo. Finché il film è stato in sala non riuscivo a pensare ad altro. Poi "L'ultimo bacio" è sparito dalla circolazione e io, che mi sono sentito liberato, ho cominciato a pensare a un'altra storia». Meticoloso, pignolo, attento, Muccino spiega che per lui la vera fatica è quella che fa prima di cominciare le riprese perché scrive e riscrive, studia i movimenti di macchina, pensa alla colonna sonora, ma soprattutto discute a lungo con gli interpreti un passaggio dopo l'altro dei personaggi. «Girare per me è un sollievo», ammette. E per gli attori? È facile o difficile esser diretti da Muccino? Bentìvoglio lo considera facile: «Si entra in una galleria del vento dove lui ti trascina con il suo entusiasmo». Laura Morante difficilissimo: «È stato il mio ruolo più duro perché il mio personaggio cambia continuamente umore. Mi pareva di essere in bilico su una corda e avevo paura di cadere. Tra l'altro questa madre non mi è simpatica: la trovo isterica e puerile. Ha un rapporto infeli¬ ce con i figli che io, pur avendo fatto moltissimi errori, con le mie figlie non ho mai avuto». Monica Bellucci ne è fiera: «È la prima volta che recito un personaggio adulto. Stavolta dovevo essere più vecchia. Sono ingrassata, ho tagliato 1 capelli alla pariolina, ho accettato qualche ruga, ma sono orgogliosa di aver potuto interpretare una donna autentica, in una pellicola fatta in Italia in cui ho potuto recitare con la mia voce e il mio accento». Nel film due luoghi sono descritti da Gabriele Muccino come orrendi. Una riunione politica dove il suo capo che vuole candidarsi alle elezioni per aver i voti dice: «Non sono un post-comunista, né un postfascista e tanto meno un postsocialista: sono solo uno come voi». E uno studio televisivo dove la ragazzina che sfila mostrando il suo corpo dice a quelli che devono selezionarla: «Non sono ima brava ragazza perché le brave ragazze vanno in paradiso e invece io voglio andare dappertutto». Cos'è, Muccino, l'orrore contemporaneo sta nella politica e nella televisione? «Ma sì. Sono due situazioni in cui valgono le false promesse. In politica, l'abbiamo visto, comanda la demagogia e il populismo e vince chi sostiene di assicurarci un domani migliore. E la tv è la stessa cosa perché racconta la favola del "Provaci! Ce la farai": illude e sfrutta. Soprattutto, però, non sopporto i programmi dove la gente comune va a piangere e il suo pianto fa impennare l'ascolto. È un meccanismo atroce». Ma davvero le famiglie italiane sono come questa sua? «Non tutte ma molte. Del resto io parlo del ceto medio. E nel mondo occidentale ognuno di noi è ceto medio: chi va a Cortina e chi va a Rimini perché i sogni che fanno sono trasversali. Gli operai sono scomparsi e i proletari sono solo gli immigrati». Gabriele Lavia e Laura Morante in un momento del film «Ricordati di me» «È stato difficile superare "L'ultimo bacio". C'è voluto molto tempo per pensare a un'altra storia» «La tv illude e sfrutta raccontando la favola del "provaci e ce la farai" È un meccanismo atroce»

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