«Anche noi siamo investiti dalla tragedia del Columbia»

«Anche noi siamo investiti dalla tragedia del Columbia» INCERTEZZA E PAURA PER il FUTURO FRA i DIPENDENTI DELL'ALENIA DOPO IL DISASTRO DELLO SHUTTLE «Anche noi siamo investiti dalla tragedia del Columbia» I sindacati: temiamo per le prossime commesse, è una battuta d'arresto che va ad aggiungersi ai 35 giorni di cassa integrazione già programmata il caso Alessandro Mondo INCERTEZZA. Paura del futuro. Attesa di risposte da parte dell'azienda. La Stazione spaziale intemazionale sta là sopra, in orbita da qualche parte. Loro, i dipendenti di Alenia Spazio, si interrogano sul loro futuro sotto il cielo grigio di Torino. Una cosa è certa. Con i rottami del «Columbia» - il più vecchio dei quattro «Shuttle» - è precipitato anche il morale dei dipendenti di Alenia Spazio. Manco il tempo di metabolizzare l'iniezione di ottimismo seguita alla visita e agli elogi di Sean O'Keefe - l'amministratore generale della Nasa - che sull'azienda di corso Marche si allungano nuove ombre. L'impatto della tragedia investe lo stabilimento torinese - un migliaio di dipendenti costituiti in gran parta da tecnici e progettisti - dove vengono progettati, costruiti ed integrati (cioè dotati di sofisticate apparecchiature) i gangli della Stazione spaziale intemazionale (ISS) già in orbita intorno alla Terra. In orbita ma incompleta, benché abitata. L'equazione è di drammatica semplicità: niente lanci, vettori fermi. E se non si muovono dagli hangar di Cape Canaveral i vettori - cioè i tre shuttle sopravvissuti al «Columbia» e prima ancora al Challenger (Discovery, Atlantis, Endeavour) - ne faranno le spese sia gii astronauti sia chi alla «ISS» ci lavora. Né è ipotizzabile affidare ai «Vulcan», gli antiquati ma solidi razzi russi il trasporto di componenti eccezionali per peso e dimensioni. Il cerchio si chiude in corso Marche, da dove è cominciato. Perché è proprio qui che Alenia Spazio (Gruppo Finmeccanica) forte di 3 mila dipendenti distribuiti fra Torino, Milano, Roma, L'Aquila e Taranto - ha lo stabilimento principale: quello dove si progetta e si assembla circa il 700Zo della ciclopica stazione orbitante. Cosa esattamente? I moduli logistici Leonardo, Donatello e Raffaello, progettati per compiere 25 missioni in 15 anni e già consegnati alla Nasa; due dei tre «Nodi», cioè i raccordi fra i vari moduli abitativi della stazione (il primo, realizzato da «Boeing» è già in orbita, collegato con il modulo russo). Ma anche gli Atv, i moduli cargo «a perdere» - nel senso che non sopravvivono al rientro in atmosfera - lanciati dalla base di Kourou, nella Guyana francese, per garantire i rifornimenti, e svariati satelliti scientifici. Senza considerare il coinvolgimento di Alenia Spazio in nuove frontiere: come il programma «Mars Express», al quale è affidata la futura esplorazione del misterioso «Pianeta Rosso». Per questo in corso Marche il ritrovato ottimismo ha ceduto il passo alla preoccupazione. Nessuno si nasconde le ricadute devastanti che lo stop della Nasa potrebbe avere sulle componenti in fase di realizzazione, sui finanziamenti e quindi sulle future commesse. In assenza dell'azienda, dove in questi giorni la parola d'ordine è «no comment», parla il sindacato. «E' una battuta d'arresto - spiega Claudio Chiarie per la Fim-Cisl -. Il problema riguarda eventuali rallentamenti per i componenti ai quali stanno lavorando». E' il caso dei due «Nodi»: il secondo, da consegnare alla Nasa entro marzo, e soprattutto il terzo, appena impostato. «Dall'azienda non ci sono segnali - aggiunge Chiarie -, anche se ci aspettiamo una convocazione in settimana. Saremo tassativi sul rispetto degli accordi già sottoscritti». Fra le altre cose, prevedono 35 giorni di cassa integrazione nel 2003 e altri 30 di blocco della produzione nel corso dell'anno. La disintegrazione del «Columbia» rischia di compromettere un quadro già difficile. Il giro di vite sui finanziamenti concessi all'Agenzia spaziale italiana - non incrementati rispetto a quelli del 2002 -, rendeva già il percorso in salita incidendo sui tempi di molti programmi. Ora la nuova emergenza, seguita con ansia dai lavoratori che inseguono sui media il ping-pong delle dichiarazioni fra la Nasa e il presidente degli Stati Uniti: «La Nasa sostiene che entro cinque mesi riprenderanno le missioni»; «Sì, ma quando precipitò il Challenger bloccarono i lanci per 32 mesi...»; «Forse questa volta andrà meglio, pare abbiano già individuato la causa». Davanti ai cancelli dello stabilimento è un continuo inseguirsi di commenti e valutazioni. Soprattutto di auspici per un'avventura mai come oggi incerta. «Le ipotesi sono due - interviene Emilio Lonati, segretario nazionale della FimCisl -: o la Nasa abbandona i programmi, cedendo il campo ai militari, o gli Usa prenderanno atto della necessità di nuovi investimenti. L'obsolescenza delle macchine è evidente, così come l'inadeguatezza di programmi ventennali». I viaggi spaziali al bivio? «L'esperienza insegna che una crisi si affronta in due modi: chiudendo baracca o rilanciando gli investimenti. E' una regola alla quale non sfugge nemmeno la Nasa». ^^ La disgrazia W degli Stati Uniti si inserisce in una fase delicata del nostro lavoro Siamo ovviamente in ansia per le ricadute Tutto dipende da quando riprenderanno i lanci spaziali 99 66 Lo stabilimento di corso Marche è l'unico che lavora al progetto della ISS, la Stazione spaziale Per questo l'impatto di quei poveri morti rischia di essere drammatico 99 Alei Claudio Chiarie Alcuni dipendenti all'uscita dello stabilimento in corso Marche Sigismondo Canino

Persone citate: Alei Claudio Chiarie, Alessandro Mondo, Cape, Claudio Chiarie, Emilio Lonati, Sean O'keefe, Sigismondo Canino