La Cgil: sull'articoIo 18 non staremo con il no di R. Gi.
La Cgil: sull'articoIo 18 non staremo con il no SALVI: IL REFERENDUM OTTERRÀ' IL QUORUM La Cgil: sull'articoIo 18 non staremo con il no ROMA «Mettere in campo una riforma che sappia parlare a tutti, ma al referendum non staremo certo con il "no"». È quanto ha detto ai quadri e ai delegati lombardi il leader della Cgil Guglielmo Epifani. Una presa di posizione che conferma la annunciata preferenza per una soluzione legislativa che eviti il voto sul quesito proposto da Rifondazione e Fiom, ma che per la prima volta socchiude (per adesso solo questo) la porta a un possibile impegno del sindacato di Corso d'Italia nella campagna elettorale referendaria. E intanto, ieri nella direzione dei Ds - largamente dedicata a discutere e commentare le dichiarazioni di Sergio Cofferati - si è parlato del referendum: con Piero Fassino a ribadire la «netta contrarietà» della Quercia allo strumento referendario e l'ex ministro Cesare Salvi a repheare che «il no è fuori dall'ordine deUe cose». Il rompicapo da risolvere per sinistra e sindacato è evidente: a parte i promotori (Fiom, Prc, Verdi, minoranza Cgil, alcuni Ds), la parte maggioritaria di questo schieramento ha visto il via Ubera della Consulta al referendum come un bruttissimo colpo. Dopo il veto del governo a un possibile intervento legislativo bipartisan, a questo punto subentrano considerazioni tattiche. Possono Cgil e Quercia invitare i cittadini a votare «no», quando anche Cisl e Uil fanno capire eloquentemente di voler tenere una porta aperta (al limite) verso un possibile «sì» o una consegna di voto libero? Molto dipenderà dalle tendenze che emergeranno nelle prossime settimane nell'elettorato. Ieri Cesare Salvi ha dichiarato che esisterebbero sondaggi secondo cui il quorum potrebbe essere raggiunto, e il «sì» prevalere. A quanto risulta, in realtà sondaggi non ce ne sono: i responsabili degli istituti di ricerca spiegano che è troppo presto per avere indicazioni credibili. Peseranno, naturalmente, anche fatti pohtici estranei alla materia: la guerra, le indicazioni di voto, l'andamento delle amministrative. E così la Cgil ha deciso di continuare su una strada di attendismo. Ieri mattina Epifani a Milano ha rilanciato l'esigenza di una legge, ma ha chiarito che «le ragioni che stanno adducendo quel¬ li favorevoli al no non sono le nostre ragioni, non c'è bisogno di aggiungere altro». E ieri pomeriggio la segreteria Cgil ha esaminato e approvato (a maggioranza, con il «no» di Giampaolo Patta, secondo cui si deve puntare tutto sul volo) uno schema di proposta di legge sui diritti. Tra le novità, l'estensione alle piccole imprese della reintegra per giusta causa, lasciando al datore di lavoro la possibilità di chiedere al giudice una monetizzazione (variabile caso per caso) del licenziamento. Per adesso, Fassino sembra invece soprattutto preoccupato di evitare spaccature nel partito e nella coalizione: «Non è lo strumento referendario, che si riduce ad un secco sì o no a consentire la realizzazione di una soluzione giusta ed equilibrata su questa tema». La strada «corretta» ha ribadito Fassino è quella della legge. Ma se si dovesse votare, dice il segretario Ds, «dobbiamo determinare insieme agli alleati dell'Ulivo quali indicazioni di voto dare al momento opportuno». Ma oltre a Salvi, anche un esponente del correntone come Fabio Mussi afferma che «è stato un errore promuovere questo referendum, ma ora che c'è bisogna freddamente ragionare», [r. gi.]
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