Gratis nel web, ma è una strina

Gratis nel web, ma è una strina 21 MARZO, DIGITAL DOWNLOAD DAY DELLE MAJOR Gratis nel web, ma è una strina Gli editori di musica, ma anche di film e li valutano l'opportunità di utilizzare Internet come mezzo per attirare un nuovo pubblico Luca Castelli Gratis o a pagamento? Questo è il problema. Il 21 marzo, le major discografiche permetteranno agli utenti Internet di alcuni paesi europei (Italia compresa) di scaricare gratuitamente alcune canzoni dei loro artisti (www.digitaldownloadday. com). Nel frattempo. Yahoo! ha impresso un'accelerata alla conversione dei suoi servizi «dal free al fee», dal gratis al pagamento. La realtà è che, da quando le illusioni sono volate via con la bolla della new economy, le sfere di cristallo si sono inceppate. Nessuno sa più dire quale sarà il futuro della Rete. Alcune voci ipotizzano il trionfo del pagamento, se non altro perché - con la crisi di borsa e pubblicità - i soldi degli eventuali utenti sembrano gli unici rimasti. Altre non sono d'accordo. E gli ultimi mesi hanno visto un fiorire di iniziative, tutte basate sul gratis, che hanno riguardato non solo il settore dei servizi, ma soprattutto quello dei contenuti, dove oltre alla prospettiva di un mancato guadagno, si aggiunge il dilemma del copyright. Da questo punto di vista, è naturale partire dalla musica. E' in questo campo che un piccolo software ha dato il via alla rivoluzione della libera circolazione delle opere creative su Internet, in barba al diritto d'autore. Si chiamava' Napster, e la sua storia la conoscono tutti. Dopo averlo abbattuto in tribunale, l'industria discografica non è riuscita a fare lo stesso con i suoi epigoni. Programmi come Kazaa si sono dimostrati molto più scaltri del capostipite, ^untando sull'offshore (più si è ontani dai giudici americani più si è sicuri) e decentralizzando il proprio servizio (Napster lo potevi eliminare staccando una spina, con Kazaa dovresti disattivare tutti i computer dei suoi utenti). Oggi, le major si trovano di fronte al dilemma su quale strada seguire - oltre a quella dei tribunali - per contrastare costruttivamente il problema. A parte iniziative estemporanee come il Digital Download Day, per ora la scelta è ricaduta su servizi a pagamento dallo scarso appeal, come Musicnet e PressPlay. Qualcuno, però, ha iniziato a sperimentare soluzioni di distribuzione gratuita. Piccole etichette, come l'americana Hush Records o la marchigiana Anomolo. Ma anche nomi di artisti celebri, come gli ormai defunti Smashing Pumpkins o i risorti Casino Royale (www.casinoroyale.it). Più complesso il discorso che riguarda film e video. Qui, l'effetto-Napster non si è ancora fatto sentire molto. In Rete si trovano già film «pirata», ma la loro diffusione è rallentata da zavorre tecnologiche: sono ingombranti, etemi da scaricare, di qualità neanche lontanamente paragonabile a quella in sala (mentre un brano Mp3 è una copia quasi perfetta dell'originale). Hollywood però non si fida e si sta muovendo nella stessa direzione dell'industria discografica: investendo più negli avvocati che nello sviluppo di strategie di distribuzione online. Una scelta ben diversa da quella presa nel mondo dei documenti d'epoca. A gennaio, la British Pathé ha aperto su Internet i suoi archivi: 3500 ore di cinegiornali storici, gratis e in inglese, che raccontano il ventesimo secolo. Un servizio simile a quello offerto in Italia dall'Istituto Luce (www.archivioluce.com). E i libri? A metà anni Novanta, le prime nefaste profezie riguardarono proprio loro. Il libro elettronico, si diceva, sostituirà quello cartaceo. In realtà, l'industria libraria è stata forse una di quelle meno sconvolte dalle nuove tecnologie. Tra gli esperimenti online, uno dei più interessanti ha riguardato i classici, non più protetti dal copyri- ght. Siti come Gutenberg (promo. net/pg) o Manuzio (www.liberliber.it) permettono oggi di sfogliare liberamente centinaia di tito11, dalla «Divina Commedia» alle tragedie di Shakespeare. Anche in questo campo, qualcuno ha poi sperimentato soluzioni più temerarie: a inizo anno, lo scrittore americano Cory Doctorow ha autorizzato il download gratuito del suo romanzo «Down and Out the Magic Kingdom» (www.craphound.com/down/). Risultato: diecimila copie scaricate in pochi giorni. Naturalmente, simili strategie incocciano subito in un dubbio: perché un artista dovrebbe distribuire gratis la propria opera su Internet? Cosa ci guadagna se nessuno lo paga? La risposta, affermano i sostenitori di questa teoria, sta proprio in casi come quello di Doctorow o della rockband Radiohead (il cui successo in America arrivò con un album, «Kid A», che da mesi circolava su Napster). In un mondo in cui le radio trasmettono non più di cento canzoni al mese, il cinquanta per cento dei cinema è appaltato a due o tre blockbuster e in tv si parla di libri solo se sono scritti da giornalisti, farsi conoscere dal pubblico è diventato sempre più difficile. Per quanto caotica e dispersiva, Internet permetterebbe una promozione straordinaria, economica, capace di allargare proprio tramite il gratis il target potenziale di un'opera. Da una nicchia di cinquemila aficionados che comprano un libro o un ed, a una folla di centomila che lo conoscono, lo provano e poi decidono cosa fare. PER SAPERNE DI PIÙ' www.digitaldownloadday.com www.kazaa.com vvww.musicnet.com www.pressplay.com www.hushrecords.com vvww.anomolo.com www.britishpathe.com

Persone citate: Casino Royale, Cory Doctorow, Doctorow, Gutenberg, Luca Castelli, Manuzio, Shakespeare, Smashing

Luoghi citati: America, Hollywood, Italia