Venturi vite bruciate sulla via delle stelle

Venturi vite bruciate sulla via delle stelleDALL'APOLLO ALLE SOYUZ AL CHALLENGER, I DRAMMI DELLO SPAZIO AMERICANI E SOVIETICI Venturi vite bruciate sulla via delle stelle Giancarlo Riolfo IL destino, a volte, sembra giocare con le date. E' il 27 gennaio 1967 quando un incendio durante una simulazione divora la capsula Apollo 1. Virgil Grissom, Edward White e Roger Chaffee muoiono fra le fiamme. Il 28 gennaio 1986 la navetta Challenger esplode poco dopo il decollo. Ieri, 10 febbraio, la tragedia del Columbia. Ancora una volta 0 dramma si è consumato negli stessi giorni d'inverno. La prima vittima dello spazio non è stato un uomo, ma un cane. Anzi, una cagnetta: Laika, una bastardina lanciata in orbita con la navicella Sputnik 2. Era il 3 novembre del 1957. Il volo non prevedeva ritomo e l'animale, esaurito l'ossigeno, avrebbe dovuto scivolare dal sonno dell'ipossia alla morte. In realtà, si è recentemente scoperto, qualcosa non andò per il verso giusto e Laika morì durante le prime orbite. Nel 1967 la tragedia dell'Apollo 1. I tre americani periscono in un'esercitazione considerata dalia Nasa «non pericolosa» sulla rampa di lancio numero 34 di Cape Canaveral. Un corto circuito e la capsula Apollo, riempita d'ossigeno puro, si trasforma in un inferno. Colpa di una progettazione affrettata dalla competizione per Luna e dell'impiego di materiali ignifughi nell'atmo- sfera, ma infiammabili in un ambiente di ossigeno al lOC/o. Colpa anche della decisione di mantenere nell'abitacolo sulla rampa non la tenue pressione prevista per il volo, ma una maggiore di quella esistente al livello del mare, per verificare la tenuta della capsula. Pochi mesi ed è la volta dei russi. Il 23 aprile viene lanciata la prima Soyuz. I guai cominciano subito: un problema ai palmelli solari, uno al sistema di guida. Si decide di abortire il volo. Il cosmonauta Vladimir Komarov riesce con incredibile abilità a pilotare la capsula manualmente nella discesa, ma il paracadute non si apre. Aziona quello d'emergenza, ma questo si arrotola attorno al primo. La navicella si schianta. Nel 71 un'altra tragedia. Durante il rientro l'abitacolo della Soyuz 11 perde pressione. Per ragioni di spazio, i cosmonauti Georgy Dobrovolsky, Vadim Volkov e Viktor Patsayev non indossano il pesante scafandro pressurizzato: le squadre di recupero li troveranno ai loro posti come addormentati. Per la Nasa gli Anni 70 segnano un periodo di transizione. Conquistata la Luna, il programma Apollo viene interrotto anzitempo per ragioni di costo. L'ultimo uomo a camminare sul satellite della Terra è Gene Cernan, nel dicembre 1972. Mentre gli ultimi lunari razzi Satum vengono riciclati per la stazione spaziale Skylab e per la missione congiunta Apollo-Soyuz, si lavora al progetto della navetta riutihzzabile: lo Space Shuttle. Il programma si rivela presto più costoso e più complesso de] previsto. Il primo lancio della navetta Columbia, la stessa esplosa ieri nei cieli del Texas, avviene solo nel 1981. Il volo ha rivelato alcuni problemi con il complesso sistema di «piastrelle» che proteggono il veicolo durante il rientro nell'atmosfera, ma tutto sommato è un successo. Per la Nasa inizia così un periodo fehce: a bordo degli Shuttle vengono fatti volare persino un paio di parlamentari. Tutto sembra facile, troppo- Dopo alcuni rinvìi, il 28 febbraio 1986 la navetta Challenger parte un altro volo di routine. A bordo sette astronauti; uno di essi è una maestra di scuola che dovrà tenere una lezione dalla spazio: Christa McAuliffe. I suoi compagni si chiamano Francis Scobee, Michael Smith, Ronald McNair, Ellison Onizuka, Gregory Jams e un'altra giovane donna, la veterana dello spazio Judy Resnik. Tutto sembra procedere bene, quando appena superala la velocità di massima sollecitazione aerodinamica lo Shuttle esplode. Si scoprirà che a causare l'incidente del Challenger è stata una tragica catena di leggerezze. A causa di un clima eccezionalmente freddo per la Florida, la navetta era rimasta tutta la notte sotto zero. Lanciare in quelle condizioni, lo si sapeva, poteva presentare dei rischi. Nessuno, però, prese la decisione di rinviare nuovamente la partenza. A causa del gelo, una giunzione di gomma tra i segmenti di uno dei booster a propellente solido cedette: il getto di gas incandescenti fece esplodere il grande serbatoio dell'idrogeno e dell'ossigeno liquidi.Dopo la tragedia del Chal¬ lenger, la Nasa ha riprogettato le giunzioni dei booster e molti altri particolari delle navette, dotando anche gli astronauti di alcuni dispositivi d'emergenza: dalle tute a pressione ai paracadute, che però possono essere impiegati solo in particolari circostanze. Il segreto della sicurezza, però, sta nelle procedure di controllo e di decisione. Che ora, evidentemente, hanno in qualche modo nuovamente fallito. Le vittime dello spazio sono ora 21. Molte di più se si considerano anche gli astronauti periti in meidenti di volo dui-ante il loro addestramento. Tra di essi, anche il primo cosmonauta: Yuri Gagarin, morto nel 1968 ai comandi di un Mig-15 Uti, la versione scuola del celebre caccia sovietico. In mezzo a questi disastri, mia sciagura sfiorata: Apollo 13. E' l'aprile del 1970 e, dopo due sbarchi sulla Luna, giornali e tv hanno relegato la nuova missione tra le «brevi». Questo finché - a metà strada tra la Terra e la Luna un'esplosione in un serbatoio d'ossigeno del modulo di servizio non priva l'astronave d'energia, del gas vitale e del motore necessario per ritornare indietro. Nel modulo di comando rimane appena elettricità e ossigeno per circa due ore. Con una straordinaria capacità di reazione, la Nasa improvvisa un nuovo piano di volo. I tre astronauti - Jim Lovel, Fred Haise e Jack Swigert - si trasferiscono nel modulo lunare, il cui motore viene impiegato per correggere la traiettoria verso casa, dopo un giro di boa attorno alla Luna. Il mondo resta con il fiato sospeso sino allo «splash down» nel Pacifico. Il salvataggio dell'Apollo 13 appare un trionfo della volontà, della determinazione e dell'organizzazione. Qualcuno definirà il volo «un fallimento di successo». Quanto alle cause dell'esplosione, si scoprirà che un'incredibile concatenazione d'eventi ha fatto sì che a bordo del modulo di servizio ci fosse un serbatoio d'ossigeno liquido con un filo elettrico scoperto. In barba a tutti i controlli. C'è chi sottolinea la presunta sfortuna legata al numero «13». Apollo 13, partito da Cape Canaveral alle ore 13 e 13 minuti, entrato nel campo gravitazionale della Luna il giorno 13 aprile. Qualcuno, forse, tirerà in ballo qualcosa di simile per questa nuova tragedia. La missione del Columbia, infatti, portava la sigla Sts-113. Nel 1985 la tragedia che anticipa quella di ieri: lo Shuttle esplode poco dopo il lancio, muoiono anche due donne fra cui una maestra Un disastro evitato che tenne il mondo con il fiato sospeso fu quello dell'Apollo 13 Astronauti salvi dopo un'odissea nello spazio . 27 gennaio 1967: l'Apollo 1 prendefuoco a terra, muoiono in tre 12 novembre 1957; la cagnetta Laika a bordo dello Sputnik II. Vivrà pochi giorni 28 gennaio 1986; lo Shuttle Challenger esplode in volo 73 secondi dopo il decollo uccidendo i sette astronauti a bordo 29 giugno 1971 ; i russi Dobrovolsky, Volkov e Patsayev muoiono per problemi di pressurizzazione a bordo della Soyuz 11 in fase di rientro 24 aprile 1967; l'astronauta sovietico Vladimir Komarov perde la vita nell'impatto sulla terra dello spacecraft Soyuz I. Nella foto, le sue ceneri vengono tumulate al Cremlino

Luoghi citati: Columbia, Florida, Texas