Da Milano a Torino la rete che arruola terroristi di Massimo Numa

Da Milano a Torino la rete che arruola terroristi DALLE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE EMERGE L'ATTIVITÀ NASCOSTA DEI COMBATTENTI PER LA JIHAD Da Milano a Torino la rete che arruola terroristi Trovata una mappa deiraeroporto di Caselle e di altri possibili obiettivi Massimo Numa TORINO Dai marciapiedi di Porta Palazzo, Torino, a Torà Bora, Afghanistan. Ultima stazione le gabbie dell'X-Ray Camp di Guantanamo, La storia della cellula torinese di Al Qaeda è tutta qui, racchiusa nella storia dei ragazzi marocchini convinti a combattere la jihad in Afghanistan. Vediamo come, quando e perchè. E' il 1 luglio 2001, al terminale intemazionale dell'aeroporto di Roma-Fiumicino ci sono due marocchini: Mohamed Aouzar, 23 anni, professione muratore, e Salah Sassi Ben Hedi, 30 anni, disoccupato. Il fratello, Zuheir, lavora al mercato di Porta Palazzo. Fa il fruttivendolo. Il primo abita in via Catania a Torino, in un palazzone dove una volta c'erano gli operai della Fiat, a un passo dalla Dora; l'altro in corso XI febbraio, in un alloggio al quarto piano di un condominio quasi borghese di Porta Palazzo. Con loro c'è pure l'egiziano El Meshad Sherif Fathy Ah, uomo lega¬ to ad Es Sayed, uomo chiave della cellula milanese, morto in Afghanistan nel gennaio 2002. Stanno per imbarcarsi su un'aereo diretto a Teheran, via Meshad. Li ha arruolati come soldati, anzi soldatini, della Jihad l'infaticabile segretario dell'Imam della moschea mOanese di viale Jenner, cioè il signor Abdel Halim Remadna, uno dei referenti più importanti di Al Qaeda sul territorio italiano. Già, perchè Remadna tiene contatti diretti con Abu Jafaar, alias Omar Chaabani, uno dei responsabili dei campi di addestramento afghani. C'è una foto che ritrae Bin Laden con Abu Jafaar, appoggiato al cofano di un Toyota Land Cruiser, ' con il mitra a tracolla e una trasmittente in mano. Abdel Halim, i suoi «guerrieri», non li trascura. Dal suo cellulare telefona e telefona a Mohamed Aouzar e Salah Sassi Ben Hedi. Per esempio 0 26 giugno 2001. Vuole sapere i loro movimenti, in vista della partenza per il «Viaggio verso Dio», e anche verificarne u morale. Loro, i guerrieri finiti nelle valh di Torà Bora, rispondono da un telefono pubblico, in corso Regina Margherita, a un passo dalla casa degli altri «fratelli» ora indagati dalla cauta procura di Torino che ntn ha voluto arrestare gli estremisti islamici, tour operator del terrorismo intemazionale. Gli chiede «se vuole partire», «se è deciso». Poi, il giorno dopo, altra telefonata, questa volta sul telefono di casa Aouzar. Risponde un fratello di Mohamed, tutt'altro che entusiasta di avere a che fare con il reclutatore della jihad. Mohamed Aouzar risponde da una linea «vicina al Centro Culturale Islamico», precisano gli investigatori e lo rassicura: «Sì, dai, siamo decisi. Io e Salah partiremo». Giorni frenetici. Dai nastri delle intercettazioni emergono una serie infinita di colloqui, preceduti da lunghe formule rituali religiose. Che Remadna sia una persona seria e ben inserita nei livelli alti di Al Qaeda, lo dimostrano due comunicazioni inviate, il giorno stesso della partenza dei due «torinesi» per l'avventura afghana, inviate dal segretario dell'Imam a questo numero telefonico satellitare:. 00870762523737, utilizzato dal solito Abu Jafaar che, per farsi riconoscere dagli «italiana, dice di essere «quello che ama Dio». Da qui in avanti, i collegamenti tra le cellule milanesi e i «fratelli» torinesi diventano una valanga. Dimostrato il collegamento diretto tra Milano e Torino, restano da chiarire le posizioni dei 21 estremisti islamici, oggetto dell'indagine della Digos di Torino. Come jjli uomini intercettati dai microfoni nascosti nel Centro Islamico di Milano, Un certo Noureddine di Torino viene inserito neDa rete di reclutamento dei combattenti e quindi ammonito. «I tuoi uomini devono restare sempre in Moschea...». I reati contestati riguardano l'attività terroristica e il ruolo di sostegno svolto in favore di Al Qaeda. Nel settembre 2001, vengono scoperti, nel crogioulo multietnico di Porta Palazzo, 8 estremisti. Nelle case di questi insospettabUi, gente seria, che lavora, con i documenti in regola, spuntano fuori le solite videocassette, quelle con i soldati di Bin Laden che fanno saltare baracche e vecchie auto e altri documenti. Come una specie-di mappa dell'aeroporto di Caselle e di altri presunti obiettivi sensibili. C'è poi la storia delle rimesse in denaro destinate ai guerriglieri ceceni. Qualcuno, a Torino, ha ancora in tasca quei tagliandini rettangolari, con la sagoma di un Kalashnikov stampata sopra, nera, il numero in sequenza e la somma versata. In un'intercettazione, il solito Noureddine di Torino parla di «25 milioni già raccolti». «Ma in Cecenia servono più uomini che soldi...». Intanto, però, sono in arrivo «tre miliardi per sostenere il centro». Ma chi paga? Non si sa. Ci sono ancora due passaggi importanti. Il ruolo dalle moschee e le reazione della procura all'«intempestiva fuga di notizie». L'Imam Bouriqi Bouchta non ha mai fatto mistero delle sue idee: «Bin Laden, sino a quando non sarà condannato per l'attentato alle Torri, per me è innocente». Tanto è bastato per collegarlo alla Rete dello Sceicco del Terrore; però i due «soldati» della jihad presi a Torà Bora, andavano a pregare in un'altra moschea di Porta Palazzo. Quella dei moderati, Insomma, come in molti ' degli affaires arabi, la logica, spesso, non serve a capire cosa sta accadendo fuori e dentro la comunità musulmana. Infine, in una nota, il procuratore della Repubblica di Torino, Marcello Maddalena, sottolinea che, a proposito del mancato arresto dei 20 islamici indagati: «Eventuali divergenze di valutazione con organi investigativi sulla consistenza del materiale di prova raccolto rientrano nella normale dialettica, e non comportano affatto una sottovalutazione, da parto di questo ufficio, né della validità delle investigazioni né delle esigenze di sicurezza che, specie in tema di terrorismo, sono totalmente condivise, così come sono note e condivisi gli interessi intemazionali che siffatte indagini coinvolgono». "ti .1 .t — ''*,f**lìalBmim..~!' " "••*».zi- U n verbale della intercettazione