Costa d'Avorio: Bush aiutaci, Chirac terrorista di Cesare Martinetti

Costa d'Avorio: Bush aiutaci, Chirac terrorista Costa d'Avorio: Bush aiutaci, Chirac terrorista Ondata d'odio verso l'antico colonialismo di Parigi, violati i patti appena firmati Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Bruciano i tricolori francesi davanti all'aeroporto di Abidjan, come quelli americani in Palestinr o nelle vie di Baghdad. Nella capitale commerciale della Costa d'Avorio le immagini si rovesciano rispetto al mondo intiero: «Bush, help us, Chirac terrorist», Bush aiutaci, Chirac terrorista. I francesi sfilano impauriti tra le urla e gli spintoni. Il Guai d'Orsay ha avvertito i compatrioti: «Tornate a Parigi». Sono ventimila. Nel caos di Abidjan sta finendo un'altra storia, che puzza di morte, tribalismo, razzismo e cacao: la materia prima del cioccolato arriva di lì. Mentre in Africa si muore nella polvere, nelle nostre pasticcerie il prezzo dei cioccolatini salirà. Ma r«enjeu», la posta in gioco, in questa partita diplomatica è molto più alto e non per niente Jacques Chi¬ rac è comparso di persona l'altra sera in tivù per un appello al presidente ivoriano Laurent Gbagbo: «Rispetta gli accordi». Gbagbo, invece, non ha nessuna intenzione di rispettare quanto pure aveva firmato soltanto qualche giorno prima a Marcoussis, Parigi, dove l'Eliseo l'aveva convocato insieme alle altre parti in guerra nel Paese africano, pensando di contare come un tempo. Gbagbo ha firmato un'intesa di unità nazionale, poi è tornato ad Abidjan e ha detto che quell'intesa era carta straccia. La maschera di Chirac s'è piegata in una smorfia patetica: «Rispetta gli accordi». Ieri sera il ministro degli Esteri Dominique de Villepin ha trasmesso al presidente ivoriano un messaggio più minaccioso: «Sei responsabile della sicurezza dei francesi». Insomma, le cose stanno girando al peggio per la diplomazia, ma anche per le migliaia di francesi che in queste ore si sono riversate sull'aeroporto di Abidjan sperando di trovare un volo per Parigi. Air Franco e Air Lib fanno la navetta con gli airbus. Ma non è facile. Ieri mattina i «patrioti» fedeli al presidente Gbagbo avevano invaso la pista per impedire decolli e atterraggi. Minacciosi cartelli con «a ciasuno il suo francese» sono spuntati qua e là. Per ora non c'è stata alcuna violenza, verso i francesi. Unica vittima un - soldato dell'Armée colpito al capo da una pietra e seriamente ferito. E intanto si aspetta di capire che cosa - davvero vuol fare Gbagbo che dovrebbe tra qualche ora indirizzare alla nazione uno storico discorso. Seydou Diarra, l'uomo che secondo gli accordi di Marcoussis avrebbe dovuto prendere il ruolo di primo ministro, non ha ancora potuto avvicinarsi ad Abidjan. E' un musulmano del Nord, uomo d'affari e camaleonte politico, anni fa al fianco del vecchio presidente Hophouét-Boigny, più recentemente con il golpista Guèi. I «patrioti» non vogliono lui; ma soprattutto non accettano che al ministero della Difesa e dell'Interno vadano uomini del fronte dei ribelli, come prevedono gli accordi di Marcoussis. Il compromesso escogitato dalla diplomazia francese, infatti, è parso fin da subito un po' singolare: chiunque abbia ragione, af¬ fidare i ministeri della forza a quelli che hanno tentato un golpe, è una soluzione piuttosto bizzarra. Gbagbo non voleva firmare nemmeno a Parigi, fino a quando sarebbe stato messo alle strette dal presidente Chirac. Ma appena tornato in patria, ha buttato tutto nel cestino. La situazione è a dir poco confusa. Dal 19 settembre la Costa d'Avorio è un paese diviso in due e in guerra. Il Nord è occupato da forze ribelli. Laurent Gbagbo, presidente eletto nell'ottobre 2000, ex oppositore, per sei anni in esilio a Parigi, grande amico dei socialisti, poi scivolato in una deriva nazionalista e xenofoba, è seduto su una pentola a pressione. I francesi scappano, le etnie si separano, gli «squadroni della morte» attraversano le campagne facendo stragi di donne, lo spettro di un altro Rwanda si sta drammaticamente materializzando. Io. m.] I francesi sfilano impauriti tra le urla e gli spintoni. Migliaia si riversano all'aeroporto per tentare di fuggire