«A Napoli dimostrata l'alleanza tra camorra e terrorismo islamico»

«A Napoli dimostrata l'alleanza tra camorra e terrorismo islamico» NAUFRAGA CON UNA RAFFICA DI ARRESTI IL PIANO DI UNA CELLULA PER COLPIRE BASI MILITARI E IL CONSOLATO USA «A Napoli dimostrata l'alleanza tra camorra e terrorismo islamico» Gli investigatori: tutto era pronto per un attentato. L'alloggio dove sono stati bloccati i 28 pakistani è di proprietà dei fratelli Giuliano Fulvio Milone NAPOLI Tritolo e nitroglicerina del terrorismo islamico contro la Nato, ordigni in grado di far saltare in aria un intero palazzo. Gli inquirenti ne sono convinti; tutto era pronto per un attentato, mancava solo l'ok definitivo che però non è mai giunto. Hanno fatto prima i carabinieri, e così è naufragato con una raffica di arresti il piano di una cellula per colpire le basi militari o il consolato Usa, oppure il quartier generale della Nato a Napoli. Ma dalle pieghe dell'indagine che ha portato in prigione 28 pakistani per associazione finalizzata al terrorismo internazionale affiorano particolari sconcertanti. Gli investigatori sono rimasti di sasso quando si sono accorti che il covo imbottito di esplosivo, documenti falsi, un centinaio di cellulari, mappe della città con gli obiettivi segnati e foto dei martiri della Jihad, era un tempo una reggia della camorra: una casa su tre livelli nel vicolo della Pace, nel cuore del rione Forcella, dove i fratelli Luigi e Carmine Giuliano, boss della mala vesuviana poi caduti in disgrazia, nella prima metà degli Anni Ottanta davano feste da mille e una notte e brindavano a champagne con Diego Armando Maradona. Per abitare in quell'appartamento tappezzato di marmi e ornato con stucchi corrosi dal tempo e coperti di polvere, i pachistani pagavano alla camorra un fitto mensile di millecinquecento euro. Quanto basta, tutto questo, per rafforzare un sospetto che cova da tempo nella mente degli inquirenti: l'esistenza, ritenuta a questo punto estremamente probabile, di contatti fra la malavita organizzata e frange del terrorismo islamico. Gli arresti. I carabinieri non hanno dubbi: con l'irruzione nel covo di Forcella è stata smantellata una cellula di Al Oaeda. Durante la perquisizione è saltato fuori di tutto. In un'intercapedine di una parete sono stati trovati 800 grammi di tritolo in scaglie, 50 metri di miccia detonante a base di pentrite e nitroglicerina che, miscelata con il tritolo, avrebbe formato un chilo e mezzo di micidiale T4. Dappertutto c'erano foto di martiri della Jihad, manuali per la falsificazione di documenti di identità, centinaia di documenti contraffatti, agende piene di indirizzi su cui sono in corso accertamenti, un centinaio di telefoni cellulari. E' impossibile, per ora, stabilire se tutti i ventotto pachistani facessero parte del gruppo terrorista: i magistrati della sezione antiterrorismo della procura napo¬ letana, coordinata da Franco Roberti, stanno ancora vagliando le posizioni di ognuno di loro. Dovranno, spiegare soprattutto la presenza nell'appartajnento di alcune pagine strappate da uno stradario della città. Su quei fogli qualcuno ha tracciato con una penna dei cerchi attorno a possibili obiettivi: il consolato Usa, la base Nato di Bagnoli e quella della Us Navy ad Agnano, l'aeroporto militare di Capodichino che è utilizzato anche dalle forze armate americane. Altre mappe recano segni in corrispondenza di piazza Municipio e piazza Plebiscito, nel centro di Napoli. «Insomma - spiegano gli inquirenti - se fino a ieri pensavamo che Napoli fosse una zona di transito per i terroristi islamici, oggi ci rendiamo conto che la città rappresenta un obiettivo a tutti gli effetti». Come sono arrivati i carabinieri nel covo di Forcella? Dicono che la scoperta di una presunta cellula terrorista ha rappresentato per loro una sorpresa. L'obiettivo sarebbe stato un altro: individuare gli immigrati clandestini che controllano una fetta del racket della droga e della prostituzione. Ma qualcuno, fra gli inquirenti, lascia capire che il blitz potrebbe essere stato reso possibile grazie a una soffiata Droveniente dagli stessi ambienti della camorra. Il ruolo della camorra. La spia, se davvero esiste, sarebbe arruolata da uno dei tanti clan in lotta fra loro per il controllo del crimine a Forcella, un rione divenuto terreno di conquista dopo l'arresto dei Giuliano. In altri termini, una banda avrebbe avuto interesse a «bruciare» un covo della Jihad protetto da un'organizza¬ zione avversaria. Ma si tratta solo di ipotesi. Si sta invece trasformando in certezza il sospetto sui possibili legami fra terrorismo islamico e camorra. Spiegano gli inquirenti: «Va ricordato che gli immigrati clandestini sono spesso manovali della camorra: le occasioni di contatto, insomma, sono tante». In una richiesta di rinvio a giudizio firmata l'anno scorso dai sostituti procuratori Sergio Zeuli e Giuseppe Narducci contro 22 persone accusate di aver messo in piedi una cellula algerina che fa capo a Al Qaeda, è scritto che «Napoli è luogo di approvvigionamento delle armi». Aggiungono i magistrati: «Quest'aspetto è evidente laddove si considerino le enormi disponibilità di tali «prodotti» da parte della criminalità organizzata campana». I clan avrebbero ceduto ai terroristi soprattutto «armi già usate in delitti di sangue sul nostro territorio». E poi c'è l'esplosivo che serve ai terroristi come ai camorristi: nel rione Sanità, a due passi da Forcella, i camorristi fecero saltare in aria due auto imbottite di tritolo davanti a un circolo frequentato dai rivali. 1 CONSOLATO USA Ha sede in piazza della Repubblica in un edificio di cinque piani, un ex albergo realizzato nei primi anni del Novecento e dotato di doppio ingresso. L'accesso principale, che si affaccia sul lungomare, è munito di un rigido sistema di controllo. L'area è sorvegliata all'esterno 24 ore su 24 dalle forze dell'ordine. Nella sede, cui è attualmente assegnato il console Clyde Bishop, lavorano una quarantina di dipendenti, in parte italiani, ma prevalentemente appartenenti all'amministrazione Usa. Nel settembre 2001, dopo l'attentato alle Torri gemelle, il consolato rimase chiuso al pubblico per tre giorni per motivi di sicurezza. 2 COMANDO NATO BAGNOLI Nel quartier generale di Afsouth, sede del Comando Alleato del Sud Europa, sono impiegati circa 2000 militari sotto la guida dell'attuale comandante in capo, ammiraglio Gregory G. Johnson. Complessivamente sono circa 5000 le persone, incluse le famiglie, che gravitano nel complesso. Tra queste, 450 i dipendenti civili, in gran parte italiani. Il comando Afsouth, dal 1954 a Bagnoli, è destinato ad avere una nuova sede: il progetto prevede il trasferimento nella zona di Lago Patria, a circa 20 km da Napoli. L'esigenza del trasferimento nasce da problemi di manutenzione del complesso, costruito negli anni Trenta da! Banco di Napoli e destinato in origine a un orfanotrofio. 3 BASE US NAVY AGNANO E1 la sede della Nsa, Naval Support Activity, che garantisce strutture di supporto alla Marina Usa. L'accesso è in via Scarfoglio, non lontano dal Comando Nato. Il complesso ha subito negli anni un ridimensionamento per il trasferimento di attività e servizi nella Base Nsa di Capodichino. Parte dell'area è stata ceduta ed attualmente è occupata da un cinema multisala. Permangono tuttavia attività militari e sono in funzione unità di servizio a carattere civile per il personale americano. Tra quest'ultime, un supermarket e un Me Donald's. La sorveglianza è assicurata dai carabinieri e da militari Usa. 4 BASE USA CAPODICHINO Occupa una parte, quella riservata all'aeroporto militare, dell'area dello scalo napoletano di Capodichino. Già utilizzata in precedenza come base aeroportuale, è stata ampliata agli inizi degli anni Novanta per ospitare strutture della Nsa, Naval Support Activity, trasferite da Agnano. Oltre a un centro di comando e controllo, hanno sede nella base un'unità sanitaria per 40 posti letto, uffici amministrativi ed edifici per alloggi di personale militare subalterno. Il trasferimento fu deciso per superare le carenze della sistemazione della Marina Usa, accrescendone la funzionalità ma anche la sicurezza. La vasca da bagno resa celebre da Maradona, nella casa ora abitata dai pakistani