Alla fine Roma si è sviluppata un po' come Mussolini la voleva

Alla fine Roma si è sviluppata un po' come Mussolini la voleva PIANI REGOLATORI II Al convegno sull'architettura della seconda guerra mondiale spunta la variante fantasma del 1942 - Gli urbanisti del Duce — — 1 guidati da Piacentini disegnarono la Capitale Imperiale- Non se ne fece nulla " Ma a ben vedere molte di quelle indicazioni sono state poi attuate Alla fine Roma si è sviluppata un po' come Mussolini la voleva Il carcere di Rebibbia è nato là dove lo pensavano gli architetti del regime Così il nuovo mattatoio La direttrice di sviluppo era prevista verso Ostia Gli edifici dovevano rispettare tutti un ordine prestabilito FRANCESCO GRIGNETTI - OGGI che si parla nuovamente di Piano Regolatore, di urbanistica, e di architettura, sarà interessante andare a rispolverare la storia di un Piano Regolatore che non vide mai la luce. Una Variante che volle Mussolini in persona, nel 1942, e che intendeva disegnare la Roma imperiale che sarebbe dovuta nascere a guerra finita. Una Capitale fascista degna di sbalordire il mondo. Magniloquente nelle sue architetture monumentali al pari della Grande Berlino che Hitler aveva commissionato al suo architetto di fiducia, Albert Speer. Non a caso il duce incaricò Piacentini, che era il «suo» architetto di fiducia, e che già si stava occupando di disegnare rE42, l'odierno Eur. Di questa Variante fantasma - di cui sono spariti i plastici e le tavole, ma che è rimasta sottotraccia nella storia urbanistica della città - si è parlato ieri alla facoltà di Architettura, in piazza Borghese, durante l'affollato seminario «Architettura e città negli anni della seconda guerra mondiale». Non solo di questo, naturalmente. E' stato presentato un avvincente cd-rom realizzato dal Qart (Laboratorio per lo studio di Roma contemporanea del Dipartimento di Proget- tazione architettonica) sulla «Battaglia a difesa di Roma». Curatore è Piero Ostilio Rossi, direttore del Qart: «Questo è il primo di una serie di nove cd-rom. Speriamo che vada nelle scuole. Per la prima volta gli architetti si occupano di storia. E lo facciamo alla nostra maniera, partendo dai luoghi». Approccio apprezzato da Vittorio Vidotto: «De Felice ha scritto innumerevoli libri sul fascismo, ma mai una parola sul valore simbolico di luoghi fondamentali per il Ventennio come il balcone di palazzo Venezia o via dei Fori Imperiali». Architetti e storici si sono confrontati sulla ricostruzione della città negli anni bui del regime e dell'occupazione nazista. Ma alla fine è intorno a quel Piano Regolatore del 1942 che s'è ragionato. Là dove si prevedevano le porte d'accesso alla città: per il nord, la zona del Flaminio-Foro Italico al termine di Cassia e Flaminia; per l'est, porta Maggiore allo Al seminario partecipano Vidotto, Barbera, Scoppola Piccioni, Bruschi e Rossi che ha curato un cd-rom sulla «Battaglia a difesa di Roma» sbocco di Prenestina e Casilina; per il mare, Ostia e Eur. «La Variante progettala nel 1942, - ha esordito Lucio Valerio Barbera, Direttore del Dipartimento di Progettazione architettonica, urbana, del paesaggio e degli interni - come ben si sa, fu alla base delle trasformazioni successive della città». Nella città che si scopriva prima distante e poi apertamente contraria al regime, infatti, e dove prendevano forza i gruppi antifascisti, - come bene hanno spiegato Pietro Scoppola, Vittorio Vidotto e Lidia Piccioni - gli urbanisti di Mussolini continuavano a sognare la «loro» capitale imperiale. Un contrasto quasi surreale che poi la storia, dopo il 25 luglio 1943, si incaricò di sciogliere. «Presupposto alla Variante - ha spiegato nel suo intervento l'architetto Andrea Bruschi - fu un decreto del gennaio 1941. Per la prima volta indicò nel territorio compreso tra Roma e Ostia la direttrice di sviluppo. Ma soprattutto obbligava il Governacorato all'esproprio generalizzato di tutte le aree edificabili comprese in quel perimetro». Era un intervento autoritario. Totalitario, anzi. Il governo di Mussolini eliminava dalla scena fondiaria tutti i tradizionali protagonisti. Allo stesso tempo, s'ingabbiavano anche gli architetti. La città imperiale, infatti, avrebbe dovuto presentarsi con un'immagine formale uniforme. Bruschi ha scovato una lettera personale di Piacentini che si esprime senza perifrasi: «Nelle zone destinate all'abitazione - scrive nell'ottobre 1941 a Melis, capo di gabinetto del Governatore - gli edifici non dovranno più avere caratteri singoli e individuali, rispondenti ai gusti dei vari proprietari e architetti, ma saranno allineati secondo un rigoroso ordine prestabilito, in una generale armonia d'insieme. Gli edifici non costituiranno più una unità staccata, bensì una sottounità dell'unità maggiore che sarà la strada e la piazza». Coerente con l'ideologia fascista, insomma, anche l'architettur- '.'urbanistica si irreggimentano. E se l'italiano fin da bambino deve portare la divisa del balilla, anche le costruzioni devono perdere l'individualità. Un'utopia, quella degli architetti «padroni» della città, che rasenta l'incubo. A fare piazza pulita di tutti questi progetti, come s'è detto, ci penserà la guerra. Il 29 ottobre del 1941, nei saloni del palazzo delle Esposizioni, l'architetto Piacentini e il governatore Borghese, presentarono a Mussolini i grandi plastici della città futura. Restano delle foto d'epoca dove si intravedono le miniature e un duce moltOi compiaciuto. «Interessante -' conclude Bruschi - è che questo piano cadde assieme al fascismo. Ma molte previsioni si avverarono. Il carcere di Rebibbia è sorto dove pensavano. Lo stesso per il nuovo mattatoio. Ed è noto che, nelle discussioni del Piano Regolatore del 1962, a fronte della moderna linea di Piccinato, gli uffici comunali imposero alcune scelte che erano ancora quelle del 1941». Inerzie. O forse corposi interessi. Ma per scherzo della storia, quello che doveva essere una rivoluziono, negli anni Cinquanta fu il trionfo dei palazzinari. - ?. m* llllllll llllflfl lllllltl ìlìlliii M PALAZZO CIVILTÀ DEL LAVORO ALL'EUR m STUDIO PER L'È 42. LE FOTO SONO STATE TRATTE DAL LIBRO «EUR LA CITY DI ROMA»

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