Europa divisa, Schroeder insiste: niente guerra di Enrico Singer

Europa divisa, Schroeder insiste: niente guerra L'EUROPARLAMENTO SI SPACCA SU UNA MOZIONE DELLA SINISTRA CHE CHIEDE PIÙ' TEMPO PER GLI ISPETTORI E DENUNCIA OGNI «INTERVENTO UNILATERALE» Europa divisa, Schroeder insiste: niente guerra Prodi non commenta la lettera degli Otto, Parigi e Berlino smorzano Enrico Singer corrispondente da BRUXELLES La parola d'ordine è minimizzare. Non esasperare con una guerra di dichiarazioni la spaccatura tra le posizioni dei Paesi - vecchi e nuovi dell'Unione sulla crisi irachena che la «lettera degli otto» ha riproposto. «Quel testo lo avrebbero potuto firmare tutti se fosse stato discusso insieme», arrivano a dire i collaboratori di Javier Solana, Alto rappresentante della Uè per la politica estera e la sicurezza. «Non è in contraddizione con la posizione comune adottata lunedì dal Consiglio», dichiarano i greci che hanno in questo semestre la iresidenza di turno e che difendono 'unità d'azione dei Quindici. Anche la Commissione Prodi preferisce, non commentare una «iniziativa che riflette il punto di vista dei suoi firmatari» e che «non mette in discussione gli impegni presi da tutti». Ma dietro questo fuoco di sbarramento fatto di frasi rassicuranti, l'imbarazzo è forte. La «voce unica» dell' Europa in politica estera ha retto appena 72 ore. Dalla riunione dei ministri degli esteri di lunedi scorso a Bruxelles, alla diffusione della lettera - mercoledì - firmata dai capi di governo di Italia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Danimarca e dai leader di tre dei futuri membri della Uè: Polonia, Ungheria e Repubblica ceca. E le concertazioni tra i firmatari della lettera continuano. Dopo l'incontro dell'altra sera tra Berlusconi e Blair, il premier inglese ieri si è fermato a Madrid da Aznar, prima di raggiungere Washington. Certo, il testo della lettera è stato redatto proprio da Blair e Aznar con grande cura e con altrettanta astuzia. Anche i francesi che, con i tedeschi, guidano il fronte più ostile alla guerra, ammettono che le affermazioni contenute riella lettera «sono condivisibili». Il ministro degli esteri, Dominique de Villepin, le ha definite «un contributo al dialogo» e ha messo in guardia dal rischio di «opporre un'Europa all'altra». Nella lettera c'è anche il riconoscimento del primato dell'Onu e la speranza di «disarmare pacificamente»' Saddam. Ma il problema vero è che non è «condivisibile» l'iniziativa della lettera. E che non è stata nemmeno condivisa con tutti gli altri. «E' un segnale inviato per marcare una differenza, per dire agli Stati Uniti: guardate che noi siamo con voi più degli altri», dicono i belgi. E il governo olandese fa sapere che a loro la lettera era stata sottoposta per la firma, ma che «non è stata sottoscritta per non accentuare le differenze» all' interno della Uè. Alla Grecia - che pure detiene la presidenza - come alla Francia, alla Germania, al Belgio, al Lussemburgo e all'Austria, alla Svezia, alla Finlandia e - a quanto pare anche all'Irlanda i promotori dell'iniziativa non hanno fatto parola. Neanche Romano Prodi e Javier Solana sono stati avvertiti. Il primo ministro greco, Costas Simitis, ha ammesso con una certa amarezza di essere stato informato della lettera mercoledì sera dal suo collega ungherese, Peter Medgyessy, che era in visita ad Atene e chela lettera l'aveva anche firmata. Proprio la firma di questo documentò da parte di Ungheria, Polonia e Repubblica ceca è un altro elemento importante per misurare la spaccatura tra gli europei. E' una delle prime mosse politiche rilevanti di tre Paesi che, dal primo maggio del 2004, faranno parte integrante della Uè a Venticinque e dimostra che gli alleati «più fedeli» degli Stati Uniti nella nuova Grande Europa aumenteranno. E non è un caso che il nome dell'attuale presidente polacco, Aleksander Kwasniewski, circoli con insistenza come quello di uno dei possibili successori di lord Robertson che. tra un anno, lascerà la segreteria generale della Nato. Ma tra i Paesi della «vecchia Europa» - per usare l'espressione del ministro della Difesa americano, Donald Rumsfeld - il destinatario più diretto della «lettera degli otto» è di certo la Germania. Che, dal primo febbraio, assumerà per un mese la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza dell'Onu e si troverà in una situazione delicata. Già il 5 febbraio, quando Colin Powell presenterà le prove americane sulle armi proibite di Saddam, sarà il ministro degli esteri tedesco, Joschka Fischer, a dirigere la seduta che dovrà, dopo il dibattito, decidere sul futuro della missione degli Ispettori. A New York dicono che sui 15 membri del Consiglio di sicurezza, undici sarebbero a favore di una proroga. Ma quanto lunga si vedrà. Per il momento «sia Fischer che 0 cancelliere, Gerhard Schroeder, hanno ripetuto che la posizione tedesca non è cambiata: «Fare tutto il possibile per evitare la guerra e ottenere il disarmo dell'Iraq con mezzi pacifici». E sull'Iraq ieri si è spaccato anche l'Europarlamento che ha approvato una mozione che chiede più tempo per il lavoro degli ispettori dell'Onu con 287 voti a favore, 209 contrari e 26 astenuti. U gran numero di voti contrari su una mozione che era nata come unitaria - popolari, socialisti e liberali - è stato determinato dall'inserimento di un emendamento del pse e dei verdi che condanna «ogni azione militare unilaterale» definendo «contrario al diritto intemazionale un attacco preventivo». Alla fine di un dibattito anche aspro, i deputati del ppe (tra i quali quelli di Forza Italia, ma non i popolari italiani e greci) hanno votato contro il testo emendato. La crisi irachena, insomma, non divide soltanto i governi della Uè. Dopo l'incontrà dell'altra sera tra Berlusconi e Blair, Il premier inglese prima di raggiungere Washington ieri si è fermato a Madrid da Aznar (a sinistra)