Perdite record per il gigante del cinema e dei media di Francesco Manacorda

Perdite record per il gigante del cinema e dei media SUI CONTI DEL COLOSSO USA PESA ILTRACOLLO DI AMERICAN ON LINE. VERTICI DECAPITATI, CROLLO IN BORSA Perdite record per il gigante del cinema e dei media Aol Time Warner chiude il 2002 in rosso per 100 miliardi di dollari Francesco Manacorda MILANO Doveva essere la fusione del secolo. Passerà ancora alla storia, ma in modo un po' diverso dalle attese: per adesso è il maggior rosso in bilancio mai annunciato da una società Usa. Aol Time Warner, il colosso dei media battezzato tra squilli di fanfare tecnologiche tre anni fa, il gigante destinato a unire in un patto invincibile gli studios della Warner e gli inviati di guerra della Cnn, le pagine stampate di Time e Fortune e la pay-tv america-, na Hbo con le decine di milioni di computer messi in rete da America On Line, annuncia una perdita degna proprio di un film hollywoodiano: 99 miliardi di dollari per l'intero 2002. Un po' di più - per intenderci del prodotto interno lordo dell'intera Irlanda nello stesso anno. A coronare la disfatta finanziaria arriva anche la fuga dal ponte di comando di Ted Turner, prima epico fondatore della Cnn (venduta a Time Warner nel 1996), poi tra i grandi azionisti della nuova società. Ieri Tumer ha annunciato che a maggio abbandonerà la sua carica di vicepresidente per «dedicarsi alle sue attività di beneficenza». E' lo stesso annuncio dato appena due settimane fa da Steve Case, l'ex manager della catena Pizza Hut che a colpi di marketing aveva fatto grande Aol fino a diventare presidente dell'intero gruppo. Gli analisti sapevano che la cura dimagrante fatta di svalutazioni delle aree in crisi sarebbe costata cara ad Aol Time Warner, ma quei 44,9 miliardi di dollari di passivo trimestrale annunciati nella serat/i americana di mercoledì, riconducibili in gran parte proprio alle attività Internet, non se li aspettava nessuno. Aggiunti ai 54 miliardi di dollari già accantonati nel primo trimestre si arriva alla cifra che ieri ha fatto tremare il titolo (che ha chiuso in calo del 13,970Zo) e Wall Street (col Nasdaq a -2,65 e il Dow Jones a -2). A poco è servito il fatto che i ricavi dell'intero 2002 siano saliti del 6,607o a 41 miliar¬ di di dollari, grazie soprattutto ai successi delle attività tradizionali. Né Harry Potter, né Frodo Baggins nel sequel del Signore degli Anelli tanto per citare gli ultimi due successi di botteghino del gruppo - sono riusciti nella missione impossibile di salverei conti. Quando tre anni fa - era il 10 gennaio 2000 - Aol e "l'ime Warner avevano annunciato al mondo il loro matrimonio nulla sembrava poterli ostacolare. L'idea era quella di unire i contenuti - carta stampata, cinema e tv - con quell'inarrestabile mezzo di comunicazione e di business che era Internet per dar vita a una creatura ancora-indefinita, ma potentissima. «Sarà un mezzo di comunicazione nuovo e centrale come il telefono o la televisione», spiegava allora Case. «Sarebbe stato l'equivalente della coppia Fred Astair e Ginger Rogers commentava qualche giorno fa il New York Times - Aol avrebbe dato alla Time Warner l'aspetto sexy e Time Warner avrebbe offerto la sua classe ad Aol». E proprio per non restare spiazzati dal megamerger americano si erano mossi altri concorrenti, primo fra tutti Vivendi alla conquista di Universal. Ma il mondo della new economy è stato più veloce a crollare che non il sogno a realizzarsi: a picco la pubblicità su Internet, minori e meno rapidi del previsto i nuovi abbonamenti ai servizi Internet di Aol. Ultima ci si è messa anche la Sec, l'autorità di Borsa statunitense, che sull'onda dei tanti scandali finanziari ha messo in discussione anche le pratiche contabili di Aol. Poche cifre danno bene l'idea di come il mercato abbia vissuto questa avventura: quando la fusione fu annunciata i due gruppi assieme capitalizzavano 318 miliardi di dollari; un anno dopo, nel gennaio 2001, la capitalizzazione era già scesa a 223 miliardi; mercoledì, prima del ferale annuncio, Aol Time Warner valeva 62,4 miliardi, un quinto del suo valore tutto teorico - iniziale. Così, mentre le perdite crescevano e gli azionisti sperimentavano tutte le gradazioni di umore che intercorrono tra l'euforia e il terrore puro, molte teste sono cadute. Prima di tutte, nel dicembre 2001, quella di Gerald Levin, che da amministratore delegato di Time Warner aveva preso la guida di tutto il gruppo, poi è toccato al suo braccio destro Robert Pittman, a Steve Case e adesso di Ted Tumer, che resta comunque il maggior singolo azionista. Via i «visionari» della new economy, i poteri di amministratore delegato e di presidente si sono concentrati dal 16 gennaio nelle mani di Richard Parson, un manager «vecchio stampo» cresciuto alla scuola Time Warner e con un'esperienza legale che oggi non guasta. Le grandi pulizie in bilancio che ieri hanno lasciato senza fiato Wall Street hanno il suo marchio, così come le dismissioni accelerate e la promessa che per fine 2004 i debiti del colosso saranno scesi da 28 a 20 miliardi di dollari. Una pozione amara, quella di Parson, ma gli azionisti la ingoieranno senza fiatare dopo le troppe bollicine della new economy.

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