«Ariel ci porterà alla pace»

«Ariel ci porterà alla pace» YOSSI KLEIN HA LEVY, SCRITTORE E COMMENTATORE POLITICO «Ariel ci porterà alla pace» «Saprà trattare senza cedere ai terroristi» intervista Fiamma Nirensteìn GERUSALEMME YOSSI Klein Ha Levy, con la kippà colorata e il suo sorriso perenne, è uno dei migliori commentatori di politica israeliana. Gerosolimitano di origine americana, scrive sul Jerusalem Post; i suoi libri sono una guida vissuta al dialogo fra le tre religioni monoteiste. Ha Levy ha ottimi rapporti con musulmani e cristiani, suoi compagni di strada sulla via della mistica comune alle tre fedi. Ha una cinquantina d'anni e sembra molto soddisfatto, anche se la sua origine è di sinistra, del trionfo di Ariel Sharon: «E' una scelta che garantisce il migliore scenario, equilibrato e lungimirante». Non le sembra che Sharon abbia vinto soprattutto perché la sinistra è crollata su sé stessa a causa del fallimento dell'accordo di Oslo? «Ci sono momenti di questo tipo, in cui sei costretto a vincere perché l'antagonista sbaglia tutto. Ma per Sharon non è così: l'uomo ha saputo ridisegnarsi, se così posso dire, per il nostro tempo, da falco ideologico si è trasformato in leader pragmatico, che promette la guerra al terrorismo, ma anche un orizzonte pacifico. E' finito il tempo della Grande Israele, degli insediamenti a tutti i costi. Finito per sempre». L'ideologia della sicurezza con Sharon resterà la più importante, dicono i suoi critici, e la pace non sarà veramente perseguita. . «La questione si pone in tutt'altro modo: diciamo che la pace non è dietro l'angolo, ma ha ormai acquisito per Sharon una dimensione strategica legata al futuro prossimo venturo dell'intero Medio Oriente. In una parola: probabilmente il Medio Oriente sta per attraversare la crisi dell'Iraq: il popolo .qui dovrà affrontare due traumi contemporaneamente, quello dello scontro con i palestinesi e quello di una guerra che si addensa all'orizzonte e di cui non abbiamo cognizione. Sharon sa che questa situazione richiede unità, quiete, speranza. Cosi, ha imposto al suo partito una svolta ideologica incredibile. Oggi alla radio la ministra Tzipi Livni, una giovane politica molto fedele a Sharon, per quattro volte è stata richiesta dall'intervistatore se era disposta a accettare uno stato palestinese. La Livni alla fine ha inghiottito si è fatta forza e ha detto: "Si". Netnayahu tace. Così tutti gli uomini di destra. La svolta drammatica, Sharon l'ha imposta prima di tutto a sé stesso, e ha portato il partito al centro». Ma perseguirà pragmaticamente questa svolta? O è un amo per l'unità nazionale? «Sharon la perseguirà con le sue priorità: guerra al terrore, costi quel che costi, perché altrimenti non solo la Cisgiordania ma tutto il Medio Oriente può diventare una polveriera. E poi, l'accordo con una leadership palestinese che dia prova sicura di non fingere, come Arafat, di accettare la pace, ma che lo faccia sull'onda di una spinta vera, della popolazione». Vuole dire che Sharon non muoverà un dito finché Arafat non se ne sarà andato? «No: Sharon ha già una squadra al lavoro capitanata da un personaggio molto credibile, Dan Meridor, che lavora giorno dopo giorno con i palestinesi. Inoltre, si sa per certo che ormai nell'Autonomia si parla degli errori compiuti da Arafat , di come il suo alzare il tiro per attirare l'intervento internazionale si è trasformato in un vortice che, al contrario, ha attirato l'interesse americano su quello che è ormai ritenuto uno dei peggiori focolai di terrore. Sharon si è ridisegnato per una pace con un'Autonomia cambiata, dopo i cambiamenti che aspettano il Medio Oriente». E quando comincerà la trattativa di Sharon, dato che il terrorismo non dà nessun segnale di voler cessare? «Quando i palestinesi daranno forti segnali di volersene prendere cura, di sforzarsi per farlo cessare: secondo me, e Sharon l'ha compreso per tempo, ciò avverrà e gli consegnerà anche un governo di unità nazionale, quando tutto il Medio Oriente tremerà, fra poco».