Il regime? Ora ne parla la destra E l'Ulivo «ritrova» la democrazia

Il regime? Ora ne parla la destra E l'Ulivo «ritrova» la democrazia DOPO IL VERDETTO DELLA CASSAZIONE CHE HA LASCIATO I PROCEDIMENTI A MILANO Il regime? Ora ne parla la destra E l'Ulivo «ritrova» la democrazia La scelta della Suprema corte inverte le «paure» degli schieramenti I girotondi si fermano e riconsiderano la legge Cirami: quasi buona rmf "" Im Tr^ Jm rnffl rfni .mMA9MMiya4!mMu'tg^aaaaaaaiA.a. msssÈSS!® analisi Pierluigi Battista ROMA E il regime, che fine ha fatto il famoso regime? Per il momento il regime s'è spostato: da sinistra a destra. E' bastata la decisione della Cassazione di confermare Milano come sede del processo a Berlusconi, e tutto, nello spirito pubblico, nel discorso comune, nella retorica degli schieramenti, nelle predilezioni lessicali, nel tono delle dichiarazioni, proprio tutto s'è capovolto La sinistra gridava al regime incombente, si apprestava alla «nuova Resistenza», si scaldava il cuore con il «resistere, resistere, resistere» di conio borrelliano, intonava indignata e combattiva "Bella ciao", organizzava girotondi attorno alla democrazia moribonda, disquisiva nei convegni fiorentini officiati da Paul Ginsborg sulla sostanziale identità di «vecchio fascismo», quello dell'olio di ricino, e «nuovo fascismo», quello mediatico? Un verdetto della Cassazione che dà torto a Berlusconi produce l'effetto di una metamorfosi e a sinistra pare di vivere, improvvisamente, nel migliore dei mondi possibili. E a destra non si irrideva forse la mania del regime di marca gauchiste, non si deplorava la liturgia del «resistere, resistere, resistere», non si scommetteva sull'esistenza in Italia di una democrazia piena e matura? La Cassazione decide come ha deciso, e nel centro-destra i toni si fanno cupi e sconsolati. Il regime? c'è. Ma ha traslocato. Il capogruppo al Senato di Forza Italia Schifani dice: «resisteremo». A quando il coro di «Bella ciao»? Gaetano Pecorella, avvocato e presidente della Commissione Giustizia alla Camera afferma che non si può più «avere fiducia nella magistratura»: un grido nell'ultima spiaggia della democrazia, l'ultimo legame oramai spezzato con un barlume di normalità democratica, prima dell'avvento del regime sì, ma dei magistrati. Attorno ad Alleanza Nazionale si riesuma un termine molto in voga nei mesi scorsi nelle piazze giro- Renato Schifani Fausto Bertinotti La sede della Corte di Cassazione a Roma tondiste: «indignazione». Dice Mario Landolfi: «An condivide interamente l'indignazione e la preoccupazione». La fronda del Foglio scherza ma fino a un certo punto e nella redazione del giornale di Giuliano Ferrara si fa sarcasticamente proprio l'urlo di battaglia. «Resistere, resistere, resistere», anche lì. Sandro Bondi, di Forza Italia, parla di «necessità democratica» del cambiamento: la democrazia è in pericolo. Urge girotondo, ma con direzione rovesciata; verso destra. Perché verso sinistra si celebra la primavera dei popoli. Ogni cupezza è dissipata. Lo spirito del Palavobis è andato in pensione alle 18 e 40 del 28 gennaio, quando in Cassazione s'è scoperto che il regime non c'era. «La legge è uguale Der tutti», titola trionfante 'Unità, il giornale che fino all'altro ieri dichiarava che nell'Italia irreggimentata esisteva una sola legge, illegittima, quella berlusconiana. Si placano i furori girotondisti. Intervistata, la regina dei girotondi Silvia Bonucci, rivendica il fatto che l'orrida legge Cirami, dopo la maral suasion del Quirinale, non era più la stessa. Anzi, a conti fatti è quasi buona. Ma non avevano fatto una tetra fiaccolata sotto il Quirinale per esortare il Capo dello Stato a non firmarla? Fausto Bertinotti dirama il bollettino della vittoria: «la democrazia oggi non cede». Un mese fa aveva già ceduto, schiacciata dal tallone di ferro del nuovo regime. Liberazione diretta da Alessandro Curzi si scopre istituzionale e compassata, preoccupata degli eccessi della piazza: «irre¬ sponsabili reazioni del centrodestra». Al Manifesto, avanguardia della dura battaglia contro il regime, scoprono all'improvviso che in Italia gode di ottima salute «il senso del limite», ma fino a pochi giorni fa il limite dell'equili¬ brio democratico sembrava abbondantemente sorpassato. Poi, a sinistra, si scatenano guerricciole interpretative. Dicono al Riformista: «Ve l'avevamo detto che non c'era il regime». Il magistrato D'Ambrosio annuncia una nuova epoca di pace: «Ora basta con la guerra». Dario Fo, Premio Nobel, assume la solennità appropriata al peso delle sue onorificenze: «sono state sconfitte l'arroganza e la prepotenza», ma fino a pochi giorni prima il premio Nobel per la letteratura diceva che in Italia, dopo l'approvazione della legge Cirami, anche nella sua ultima versione soft e, allo stato dei fatti, inutile per il premier, sarebbe stato impossibile battere la prepotenza e l'arroganza. Paolo Flores d'Ar- Nel Polo i toni si fanno sconsolati mentre la sinistra manda in pensione lo spirito del Palavobis cais, direttore di MicroMega, smette i panni del predicatore di sventure e festeggia la «bella giornata» della democrazia custodita dalle sentenze delle sezioni unite della Cassazione. E' davvero cambiato tutto, con quelle sentenze. Anche in Italia i cambiamenti umorali durano lo spazio d'un mattino, fomentano la naturale volubilità del carattere nazionale, producono repentini trasformazioni nello stato della psicologia politica complessiva. Oggi la destra sente di vivere in un regime e la sinistra sogna di vivere in una fiorente democrazia dove rifulge l'imperio della legge, dura, ma pur sempre legge. I girotondi, almeno per un giorno, restano fermi a sinistra. Gli appelli alla nuova Resistenza risuonano, almeno per un giorno, a destra. E il regime? E' andato in vacanza.

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