La cooperazione intemazionale passa da Torino

La cooperazione intemazionale passa da Torino L'INCONTRO CON SINDACI E AMMINISTRATORI DI VENTI CITTA GEMELLATE La cooperazione intemazionale passa da Torino Al via una settimana d'incontri per elaborare progetti finalizzati a concentrare gli aiuti attraverso la collaborazione fra gli stati Siamo la provincia italiana che destina più soldi ai paesi poveri Francesca Paci Chiusi i Forum speculari di Davos e Porto Alegre, la sfida globale passa a Torino. Da ieri mattina, una delegazione di sindaci e rappresentanti politici di venti città gemelle, discute con l'amministrazione locale le prospettive della cooperazione internazionale. E' la seconda volta: dopo l'analoga esperienza dello scorso gennaio, con ospiti europei, asiatici, africani, latino-americani, il Comune ha puntato sull'appuntamento il doppio delle risorse. Tra il 2002 e il 2003 la quota destinata a progetti di solidarità ha raggiunto i 780 mila euro. Lo 0,025 per cento del bilancio municipale è ancora lontano da quello 0,7 richiesto dall'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ai paesi ricchi per sostenere le casse di quelli in via di sviluppo, ma Torino guida la classifica italiana delle province donatrici. Un anno e mezzo fa, la neoinsediata giunta Chiamparino ha istituito uno specifico settore «Cooperazione Internazionale e Pace». Buonismo a parte, una necessità. Il presidente della Banca Mondiale James D. Wolfensohn ha ricordato in questi giorni ai new global riuniti per la terza volta nella brasiliana Porto Alegre, che governare la globalizzazione significa «concentrare gli aiuti sui poveri attraverso un'autentica cooperazione tra stati». La settimana d'incontri «Città solidali tra localizzazione e globalizzazione», è una delle iniziative. C'è l'Hydroaid di corso Unità d'Italia, la scuola internazionale dell'Acqua per lo Sviluppo che in 12 mesi ha diplomato trentadue tecnici provenienti da regioni del sud del pianeta e sta formandone altrettanti. La costruzione del laboratorio di depurazione idrica di Quetzaltenango, in Guatemala, dove vive una parte del miliardo e 400 mila cittadini del mondo attualmente senza acqua. Dieci progetti nuovi varati ogni anno. Le modalità d'intervento del Comune sono differenti. Galgaro ne elenca tre tipi: «Il finanziamento diretto come nel caso della struttura di Quetzaltenango, la più attrezzata del centroamerica. La formazione di tecnici tipo quelli usciti dall'Hydroaid. Il monitoraggio di attività patrocinate da Bruxelles, in collaborazione con altre capitali europee». Una scommessa: nel mondo che vive con un dollaro al giorno, meno di quanto necessario in media a una mucca del vecchio continente, gli interventi sono goc¬ ce nel mare. Torino, con un'occhio alla tradizione solidaristica locale e l'altro a Barcellona, che con la Dichiarazione del '95 per «una nuova politica di aiuto allo sviluppo 'fondata sul principio dell'uguaglianza delle parti» s'è data un'immagine intemazionale, gioca le sue carte. Il guadagno per la città? Sentite il vicesindaco: «C'è un aspetto umanitario importante, ma ce n'è anche uno imprenditoriale. Il rapporto privilegiato con realtà locali del sud del mondo, è una grossa opportunità per le piccole e medie imprese della provincia. Prendete il progetto di costruzione dell'inceneritore di Campo Grande, in Brasile. A chi chiederanno il know how, una volta attivati gli impianti grazie alla nostra partecipazione? A noi». Il pianeta globale è un villaggio. Stamattina, al Centro Congressi Torino Incontra (via Nino Costa 8) si parla di gestione dell'ambiente insieme ai sindaci di Guagadougou, Quetzaltenango e della bosniaca Breza. Un problema da terzo mondo? Nello stesso momento, a Roma, gli esperti dell'Ocse presentano il Rapporto sulle performances ambientali dell'Italia. E per il terzo mercoledì consecutivo, Torino si muove a targhe alterne.

Persone citate: Alegre, Chiamparino, Francesca Paci, Wolfensohn