Verso una nuova risoluzione di Paolo Mastrolilli
Verso una nuova risoluzione Verso una nuova risoluzione ^er gli Usa deve prevedere un ultimatum «E desiderabile, ma non obbligatoria» Paolo Mastrolilli NEWY0RK Gli Stati Uniti hanno cominciato la campagna per convincere il mondo che Saddam sta imbrogliando l'Onu e ottenere sostegno per la possibile guerra. Questa operazione potrebbe comprendere il volo di una seconda risoluzione e l'intervento del segretario di Stato Powell al Palazzo di Vetro la settimana prossima, per prrsentare alcune prove di intelligence del riarmo. Baghdad risponde promettendo più collaborazione con gli ispettori, ma minaccia anche di colpire il Kuwait se ci sarà l'attacco, in cui secondo l'ex comandante della Nato Wesley Clark morirebbe il 507o dei soldati americani se venissero usate armi chimiche. Il giorno dopo la presentazione del rapporto di Hans Blix e Mohamed el Baradei al Consiglio di Sicurezza, all'Onu sono cominciate le consultazioni sulle prossime mosse. La Germania, che il primo febbraio assumerà la presidenza dell'organismo, ha ribadito la richiesta di un aggiornamento dai capi degli ispettori il 14 febbraio. Ora si tratta di capire se quella data diventerà la nuova scadenza per l'inizio della guerra, oppure se ci sarà più tempo. Il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer, ha detto che una seconda risoluzione è «desiderabile, ma non obbligatoria». Washington, dunque, sta considerando l'ipotesi di presentare al Consiglio di Sicurezza un nuovo testo, che stavolta però dovrebbe contenere un ultimatum preciso: se Saddam non sceglierà la «collaborazione attiva» entro quella data, qualunque paese membro dell'Onu sarà autorizzato a punirlo con le «serie conseguenze» già previste dalla risoluzione 1441. La decisione di seguire questa strada non è ancora stata presa, anche se i diplomatici sono già al lavoro sul documento. Nel frattempo però, secondo il giornalista del Watergate Bob Woodward, l'amministrazione Bush si prepara a rivelare una parte delle sue informazioni di intelligence, per provare il proprio caso contro Saddam. Oggi il segretario di Stato Powell e il capo del Pentagono Rumsfeld hanno in programma un nuovo vertice a porte chiuse con i leader del Congresso, per aggiornarli sulle notizie che possiedono. La settimana prossima, poi, lo stesso Powell potrebbe andare all'Onu, per un'apparizione che gli storici già paragonano a quella di Adlai Stevenson nel 1962, quando l'ambasciatore del presidente Kennedy mostrò le foto dei russi che costruivano rampe missilistiche a Cuba. Il segretario di Stato dovrebbe dimostrare che gli iracheni hanno spostato armi da un luogo all'altro mentre arrivavano gli ispettori Onu, hanno continuato ad importare materiali per i loro programmi missilistici e nucleari, e hanno stabilito contatti con al-Qaeda. In attesa degli incontri del presidente Bush con il premier italiano Berlusconi e quello britannico Blair, il ministro degli Esteri di Londra Straw ha appoggiato la linea americana, dicendo che «Vlraq è già in violazione materiale della risoluzione 1441». Francia, Germania, Russia e Cina continuano a chiedere più tempo per gli ispettori, e infatti Parigi e Berlino hanno obbligato ancora la Nato a rimandare la preparazione dei piani per difendere la Turchia in caso di guerra. Ma qualche pressione è venuta da Mosca, dove il presidente Putin ha detto che potrebbe smettere di favorire la diplomazia, se Baghdad ostruisse gli ispettori. Un monito ancora più netto lo ha pronunciato il leader egiziano Mubarak: «L'attacco sta arrivando, a meno che l'Iraq non obbedisca alle risoluzione e smetta di ostacolare i controlli». Il vice premier Aziz ha risposto che il suo governo sta già collaborando, ma può anche fare di più, considerando che le uniche divergenze con l'Onu riguardano l'uso degli aerei spia U2, in cambio dei quali Baghdad vuole radar per monitorarli, e gli interrogatori privati degli scienziati. Anche Aziz, però, ha lanciato il suo avvertimento: «In caso di guerra non posso escludere una rappresaglia contro il Kuwait, perché i soldati americani sono basati in quel paese e da li partiranno per invaderci».
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