I sessanta giorni dell'ispettore Blix di Maurizio Molinari

I sessanta giorni dell'ispettore Blix IL LAVORO METICOLOSO DELL'EX DIPLOMATICO E GIURISTA SVEDESE I sessanta giorni dell'ispettore Blix Accusato di essere debole ha sfoderato una grinta inattesa retroscena Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK NEL gennaio del 2000 Hans Blìx era in viaggio con la moglie Eva tra i ghiacci dell' Antartico quando ricevette la telefonata di Kofi Annan che lo chiamava in pista per guidare l'Unmovic, il nuovo team degli ispettori Onu in Iraq. Tranne il Segretario generale delle Nazioni Uniti, quasi nessuno lo voleva in quel posto, uno dei più delicati dell'intero Palazzo di Vetro. Per i Paesi del Terzo Mondo, Blix era uno sconosciuto giurista di Uppsala, già ministro degli Esteri svedese ma con uno scarso curriculum da neutralista rispetto a molti suoi colleghi scandinavi. Per Washington e Londra era stato assai inefficace negli Anni 80 come direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, facendosi cogliere impreparato dai tentativi di Saddam Hussein di raggiungere la bomba, poi scoperti dopo la Guerra del Golfo del 1991. E le nazioni arabe diffidavano di lui proprio perché era stato diversi anni alla guida della sede viennese dell'Alea, quell'Agenzia internazionale per l'energia atomica che è tradizionale luogo di guerra di intelligence. Non essere il candidato di nessuno alla fine gli giovò e così fu lui a essere designato a sostituire l'australiano Bi- chard Butler, accusato dagli iracheni di essere una spìa dì Washington e Londra, avendo la meglio sul suo connazionale Bolf Ekeus, sostenuto a spada tratta dagli anglosassoni. Il debutto al Palazzo di Vetro avvenne con la decisione dì affìggere nel suo studio una gigantesca foto satellitare di Baghdad, ma non fu certo un debutto dei migliori: le ispezioni in Iraq erano sospese dalla fine del 1998, lavoro da fare ce n'era poco e lui continuava a essere inseguito dalla fama di essere soprattutto un debole. «Blix è stato preso in giro per anni, accusato di guidare un team senza poteri né denti, con un record personale privo di successi significativi nonostante 40 anni di diplomazia alle spalle» ricorda David AIbright, ex ispettore dell'Onu. A Stoccolma le cose non andavano meglio: «Blix è un politico debole, ingannarlo è quasi un gioco da ragazzi, difficile pensare a un alto funzionario europeo meno adatto a essere protagonista di un possibile confronto con un raiss astuto e spietato come Saddam Hussein», scrisse di lui Per Ahlmark, ex vicepremier di Svezia. Nulla di strano, dunque, se all'inizio dello scorso anno la Già aprì addirittura un'inchiesta su di luì per appurare come mai, quando era stato all'Alea, sì fosse fatto ripetutamente ingannare dai trucchi di Saddam Hussein. Dì fronte a sospetti, accuse e pubbliche beffe, il giurista dì Uppsala non ha mai perso la calma, sfoderando un carattere metodico condito da humour che gli ha fatto progressivamente conquistare il rispet¬ to dei diplomatici e la simpatìa dei media. L'autoironia lo aiuta. Quando seppe dell'inchiesta della Già disse: «Ho imparato la lezione degli errori commessi a Vienna, quando non si hanno indizi di qualcosa non significa affatto che non ci sia nulla». Quando gli chiedono come si senti ricevendo la chiamata dì Kofi Annan, risponde: «Venni proprio tirato fuori dal frigorifero, oramai la mia carriera era alle spalle, ero un tranquillo pensionato in viaggio con signora tra ì ghiacci del Polo Sud». Da quando é tornato in campo grazie alla ripresa delle ispezioni autorizzata dalla risoluzione 1441, il 74enne Blìx ha sfoderato uno stile fatto di sorrisi, grande disponibilità con tutti e al tempo stesso rìgida adesione a un Hans Blix, lo svedese a capo della missione per la verifica del disarmo iracheno metodo di lavoro che non lascia spazio a compromessi. Il debole e incerto Blix di Vienna non ha nulla in comune con il personaggio, affabile nei modi ma duro nella sostanza, protagonista indiscusso dì queste settimane. Quando sì é trattato di partire per Baghdad, ha assicurato che gli ispettori non sarebbero andati «a umiliare gli iracheni» e in effetti cosi é stato: luì stesso in prima persona si è interessato dei dettagli, per evitare che «qualsiasi membro della mis¬ sione» mancasse di rispetto al Paese ospite e ai suoi abitanti. Quando si è entrati nella fase in cui bisogna condurre controlli più efficaci, non ha esitato a confrontarsi - per almeno due volte faccia a faccia - con il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Condoleezza Bice, chiedendole senza troppe perifrasi di avere le «informazioni dì intelligence necessarie per svolgere il nostro lavoro». Ed é riuscito a ottenere che il flusso di dati iniziasse, grazie a un espediente: la Già avrebbe consegnato i dati solo a lui, che a sua volta li avrebbe fatti arrivare agli ispettori. Quando infine, nella giornata dì ieri, occorreva fare rapporto al Consiglio di Sicurezza su due mesi di lavoro, non ha risparmiato nessun addebito nei confronti dì Saddam Hussein, enumerando le violazioni compiute e richiamandosi ogni volta puntigliosamente a commi e articoli delle risoluzioni non rispettate. Se gli iracheni pensavano che il sorrìdente Blix si sarebbe accontentato dell'accesso ai siti, hanno dovuto ricredersi. Dietro la grinta del giurista di Uppsala, catapultato al centro dì un imponente braccio di ferro tra guerra e pace, c'è soprattutto la sua fedeltà a un metodo che lui, con falsa modestia, riassume così: «Pace e guerra non sono certo nelle mie mani, io sono solo un servitore del Consiglio di Sicurezza e sono tenuto a comportarmi come tale, rispettando le regole stabilite che per me rappresentano la Bibbia, il Corano e qualsiasi altro testo sacro preferiate». Ovvero: é luì a chiedere all'Onu dì essere coerente con le sue stesse decisioni, divenendo così, giorno dopo giorno, il garante della credibilità del Palazzo di Vetro.