Suona ancora la tromba granata per quei ragazzi rimasti a Superga

Suona ancora la tromba granata per quei ragazzi rimasti a Superga LE RIPRÉSE INCOMINCERANNO IN PRIMAVERA: LA PELLICOLA SARÀ SUGLI SCHERMI IL PROSSIMO NATALE VINCENZO VERDECCHI GIRA UN FILM SULLO SFONDO DELLE VICENDE SPORTIVE DEL GRANDE TORINO Suona ancora la tromba granata per quei ragazzi rimasti a Superga Giorgio Destefanis TORINO Diciotlo ragazzi al culmine della gloria sportiva che, in un giorno di maggio tanto piovoso da sembrare di ottobre, tutti insieme muoiono schiantandosi in aereo contro la Basilica simbolo della città di cui difendono i colori: è il «Grande Torino». Una storia che sembra fatta apposta per il cinema, ma che nessuno, almeno finora, aveva ancora avuto l'idea di portare sullo schermo. Ci voleva un romano, e per di più tifoso giallorosso, nel caso certe appartenenze calcistiche contassero qualche cosa davanti ad avvenimenti come questo. «L'idea non è mia ma di Carmelo Pennisi, sceneggiatore e tifoso del Torino, che da tempo aveva questo chiodo - mette subito in chiaro il regista Vincenzo Verdecchi -. Me ne ha parlato, mi ha raccontato la storia che subito mi ha molto emozionato. Ci siamo messi lì con Massimiliano Durante e abbiamo scritto una sceneggiatura. Trovare il produttore non è stato un problema, visto che si tratta di mio fratello». Vincenzo Verdecchi ha 54 anni, quanti ne sono passati da quel tragico 4 maggio. Del Grande Toro non può avere ricordi diretti. «Certo che no - ribadisce -. Anche se, come tutti, ne ho sempre sentito parlare. Ma questo non è molto importante per il mio film che non racconta le vicende di una squadra di calcio, ma il senso di una passione, della memoria. La squadra potremmo dire che è lo spunto». Nessun attore nei panni di Mazzola o Ossola, dunque, ma una piccola vicenda legata ad una figura veramente esistita. «Il famoso Trombettiere - spiega Verdecchi -. Un personaggio che ad ogni partita del Torino dalla gradinate suonava la carica. Quella tromba esiste ancora, al Museo di Superga cui è stata regalata dal figlio. È partendo da questo personaggio semplice, un ferroviere, come ho saputo, che abbiamo costruito una storia. Che si svolge tutta nei dieci giorni precedenti la tragedia». Ricca di avvenimenti e con tanto di finale a sorpresa. Le riprese, tutte rigorosamente a Torino, incominceranno a fine maggio-inizio giugno. Dovrebbe essere sugli schermi per il prossimo Natale, con doverosa prima all'ombra della Mole. Ancora non si sa chi interpreterà Michael, giovane inglese che viene a Torino per organizzare un match fra il Toro e la sua Nazionale, né chi avrà il volto di Sally, docente di letteratura inglese all'Ateneo torinese innamorata dell'Italia e in particolare del capoluogo subalpino, al centro di una drammatica storia d'amore. Tutti personaggi rigorosamente di fantasia. Il Trombettiere sarà Adriano Giannini, il «vecchio tifoso» Giorgio Albertazzi. «Ma tutto finirà alle 17,04 del 4 maggio 1949 - racconta Verdecchi -. Michael e il trombettiere si stanno prendendo a pugni per amore di Sally, in mezzo alla strada: un boato scuote la città, la paralizza insieme ai due liti¬ ganti. È l'aereo del Toro che si schianta contro il terrapieno della basilica di Superga» (anche questo di fantasia, ndr). Opportuno lasciare il resto della storia al fascino dello schermo. All'inizio del film si vede un anziano in fin di vita, il seguito è un continuo passare dal ieri ad oggi, un «avanti e indietro», conio lo definisce il regista. Con la tromba come filo conduttore. «Una tromba che cambia la vita dei protagonisti, fino a quell'ultima volta in cui ha suonato, l'unica volta, dopo la tragedia di Superga. Ma la parte più corposa è ambientata ai giorni nostri. Non c'è una sola scena in cui si veda giocare il Toro. Forse nel finale, vedremo». Un dubbio, nel sentire Vincenzo Verdecchi parlare del suo film: che la «fede» granata abbia fatto un altro proselito. «Ed è proprio quella, che spero di mettere dentro al mio film spiega -. La magia che la circonda. Non si può non innamorarsi di una storia come questa. Vorrei far capire perché al ristorante uno sconosciuto mi offre la cena perché mi sente dire che farò un film sul Toro. Io voglio trasmettere emozioni, con il mio lavoro, e non posso farlo se non le provo in prima persona». Un fatto pare comunque certo fin d'ora: che chi ha il Toro nel cuore troverà pane per i suoi denti. Fin dalle prime scene: i ruderi del Filadelfia con una radiocronaca (rigorosamente d'epoca) di Nicolò Carosio come sottofondo. «Mi fa male al cuore vedere il vecchio stadio così ridotto - sottolinea Verdecchi -. Mi verrebbe da dire che qualcuno ha voluto ridurre il "Fila" come quell'aereo caduto a Superga». Non una rievocazione di quei mitici campioni ma una storia d'amore dai risvolti misteriosi che parte dal Filadelfia Loilc e Capitan Mazzola guidano il Grande Torino in allenamento davanti alla storica tribuna in legno del vecchio Stadio Filadelfia Adriano Giannini (a sinistra) e Giorgio Albertazzi, sono gli unici interpreti già sicuri del film di Vincenzo Verdecchi