«Si deve sapere fiutare ogni pericolo»

«Si deve sapere fiutare ogni pericolo» IL PROFETA DELL'ESTREMO RACCOMANDA PRUDENZA E INVITA A IMPARARE A TORNARE INDIETRO QUANDO SI SOSPETTANO RISCHI «Si deve sapere fiutare ogni pericolo» Valeruz: la tecnologia non basta per la sicurezza in montagna intervista Stefano Sergi AOSTA CON gli sci ai piedi, è sceso lungo pendii che altri nemmeno immaginavano di poter scalare in corda doppia. Maestro di sci, profeta dell'estremo ma anche e soprattutto grande conoscitore della montagna, Tony Valeruz guarda con diffidenza le frotte di scialpinisti che affollano in questi giorni le cime delle Alpi. Ascolta i telegiornali, legge i quotidiani che parlano di un bollettino di guerra tra le vette immacolate e storce il naso di fronte ai luoghi comuni di qualcuno, tipo «Montagna assassina». Schietto e quasi rabbioso per non poter fermare la strage, è di quelli che difendono ad ogni costo la libertà dell'alpinista, la libertà di chi sceglie le sfide a suo rischio e pericolo. Ma Tony Valeruz è anche uno di quegli uomini di montagna che non vogliono più sentir parlare di fatalità e destino. Ci sono anche responsabilità precise, dietro molte stragi d'alta quota, ci sono questioni economiche e, anche, le nuove mode. Valeruz, altri quattro morti in due giorni, altri scialpinisti travolti dalle valanghe. E' sempre e solo colpa del destino? «Una premessa: parlare, come si fa spesso, di "montagna assassina" è una fesseria, un'assurdità. Se non si esce di casa, non ci sono incidenti. Ricordatevi sempre che la responsabilità di chi muore è, salvo rari casi, sempre e soltanto dell'uomo. Essere travolti da una valanga è, nel 90 per cento dei casi, il prezzo di quale inesperienza. Certo, di fronte al dolore per la morte di una persona, si cerca sempre di non addossare colpe. Ma purtrop- pò non è così, ed è anche ora di finirla di glissare su certe cose». Ad esempio? Gli incidenti accadono anche in presenza di guide alpine o istruttori, persone che vivono in e di montagna, esperti fuori discussione, o no? «Attenzione, io dico alla gente di guardarsi bene da chi vanta troppa esperienza, mai fidarsi troppo. E poi, una buona dose di colpa è delle nuove mode, la tecnologia prestata alla montagna». Ma tecnologia, di solito, non è sinonimo di sicurezza? «Si, ma dipende sempre tutto dall'uomo. Oggi c'è questa mania dello sciare liberi, al di fuori dagli schemi e dalle piste, lungo tracciati immacolati, c'è l'Arva (dispositivo elettronico che rivela la presenza di persone sotto le valanghe), c'è il pallone che si gonfia. Ma sono tutte mode che rischiano soltanto di aumentare ancora di più il rischio. E sa perché? Si sta diffondendo la mentalità per la quale basta avere con sé le ultime novità elettroniche, le apparecchiature più moderne, per essere immuni dai rischi. Invece è solo illusione. Si uccide l'istinto dell'uomo che va in montagna». Chiudere le montagne non si può, evitare le morti nemmeno, ma secondo lei cosa potrebbe ridurre le stragi? «Si deve saper fiutare il pericolo, si deve tornare all'istinto che guida l'uomo di fronte a un rischio». La presenza di una guida non basta? «Non esiste una guida alpina in grado di garantire la massima sicurezza a un cliente se si va incontro a un pericolo. La guida può salvare una persona a cui è legata in parete, se scivola la trattiene. Ma non potrà mai dire se e quando cade un saracco. Mai. E questo che può sembrare un atto d'accusa alle guide, in realtà è una difesa, sia chiaro». Ci sono anche ragioni economiche, in tutto questo? «Purtroppo si, se una guida dice che nel percorso scelto c'è il rischio di valanghe, perde il cliente». Ma le tragedie sono accadute anche lungo itinerari collaudati e tradizionali, come lo spiega? «Ho sentito dire, riguardo a una delle ultime disgrazie accadute in Valle d'Aosta, che la valanga è caduta su quello che era considerato un percorso classico dello scialpinismo. E' un'assurdità, la valanga viene quando e dove meno te lo aspetti». A livello normativo, vede soluzioni? «No, assolutamente. La montagna non si può chiudere, né si può regolamentare l'alpinismo. Alla gente dico di diffidare verso certi esperti che in realtà passano il loro tempo più in un ufficio che in montagna. E alle guide dico: rinunciate allo scialpinismo se solo fiutate un minimo pericolo. Spesso è più facile andare avanti, che tornare indietro. Ecco, bisogna saper tomare indietro». «Si sta diffondendo la mentalità secondo cui è sufficiente avere con sé le ultime novità elettroniche per essere immuni da rischi: attenti agli errori d'inesperienza» Tony Valeruz

Persone citate: Stefano Sergi, Tony Valeruz, Valeruz

Luoghi citati: Aosta, Valle D'aosta