Chavez arriva senza invito e conquista Porto Alegre

Chavez arriva senza invito e conquista Porto Alegre IL LEADER VENEZUELANO RACCOGLIE SOLIDARIETÀ. «SONO VICINO A CASTRO? E' L'UNICO CHE HA MANDATO I MEDICI QUANDO CE' STATA L'INONDAZIONE» Chavez arriva senza invito e conquista Porto Alegre Applausi del Forum e un'apertura brasiliana: è sotto il tiro imperialista reportage Giuliette Chiesa inviato a PORTO ALEGRE E' la giornata di Hugo Chavez, presidente del Venezuela. Invitato non si sa da chi, forse non invitato, ma presente qui a Porto Alegre, in cerca d'aiuto, evidentemente. All'Hotel Deville, accompagnato da Bernard Cassen di Le Monde Diplomatique, che faceva gli onori di casa, ha incontrato una selezione accuratamente meditata di ospiti stranieri. Da Danielle Mitterrand a Fausto Bertinotti, da Gianni Mina a Tank Ali, decine e decine che si accalcavano per stringergli la mano e dargli la loro solidarietà. Ma c'era anche il ministro degli esteri di Cuba, Felipe Perez Roche, e il ministro della cultura cubano, e registi e cineasti di Argentina, Bolivia, Perù, Uruguay e naturalmente del Brasile. Il tutto sotto gli occhi delle telecamere venezuelane che - essendo tutte in mano agli avversari del presidente in carica - ieri sera avranno sicuramente vomitato veleno contro di lui. Una delle ragioni per cui è venuto è proprio questa: spezzare la barriera informativa ostile che accompagna in patria ogni suo movimento. Ma Lula, nel suo discorso dell'altro ieri, non lo ha nominato, seppure Chavez fosse in piedi proprio dietro di lui, di fronte alla folla sterminata della Plaza do So. Tutti l'avevano notato, e la spiegazione era apparsa chiara: il presidente del Brasile non può rischiare di scivolare al primo passo sulla sorte del più pericolante e del più inviso agli americani del continente latinoamericano. C'era stata anche un'intervista a Roberto Savio su «Terraviva», organo ufficioso del Forum Social Mondiale (e Savio è una delle teste di serie di tutta questa immensa macchina pohtica), che diceva, senza mezzi termini, che il presidente venezuelano doveva trovare qualcuno che lo invitasse prima di partire da Caracas. Freddo e gelo. Ieri però allo stadio del Gigantinho, di fronte a una gran folla, il segretario del Pt, il partito di Lula, ha gettato un'ancora molto applaudita, chiamando i brasiliani alla sohdarietà con Hu- go, «sotto 0 tiro imperialista» . Insomma c'è un gioco delle parti. Lula non si compromette, ma non abbandona. Così Chavez ha prima tenuto una conferenza stampa affollatissima, nel palazzo dell'Assemblea legislativa di Stato, poi ha partecipato a una manifestazione antimperiahsta organizzata, di fatto. proprio per lui. Camicia verde, scarpe nere di coppale lucidissimo, un sorriso inossidabile, il presidente venezuelano è parso sicuro di sé. Ma tutti si chiedono quanto tempo gli lascerà Bush dopo la caduta di Saddam Hussein. Se l'OPEC ha tenuto alto il prezzo del petrolio è stato anche per l'insistenza venezuelana. E la vicinanza sempre più stretta tra Caracas e Cuba è molto di più che ima provocazione per lobbies cubane dell'emigrazione che controllano un sacco di voti americani. E non vale l'argomentazione di Chavez che Fidai è stato l'unico a inviare quasi duecento medici in soccorso delle regioni venezuelane colpite dall'alluvione. Il fatto è che questa alleanza tra poveri, in cui il Venezuela del meticcio Chavez - primo presidente non bianco della storia del Venezuela - manda petrolio quasi gratis a Cuba senza energia, in cambio di medici per le campagne venezuelane prive di assistenza medica dai tempi dei tempi, mostra una forma di uscita dai condizionamenti dei potenti, e un modello di cooperazione «fraterna» che non s'era mai visto in America Latina, nemmeno ai tempi della fraternità socialista sovietica. «C'è un paese chiamato sohdarietà dove nessuno è straniero», diceva ieri Eduardo Galeano, riassumendo il clima di questo terzo appuntamento mondiale di Porto Alegre. Dove per la prima volta la delegazione nord-americana è numerosissima, oltre 1000 presenze, la seconda dopo quella brasiliana, e ha dato vita ieri a una delle più forti manifestazioni contro la guerra in una delle immense aule dell'Università pontificia. Noam Chomsky è andato a visitare i contadini dell'interno, guidato dal Movimento sin terra, l'altro pilastro cruciale della vittoria di Lula. E «l'uomo più votato nella storia dell'umanità», con i 54 mihoni di voti raccolti - così l'ha scherzosamente definito Frei Betto - gettava a Davos, con un discorso prudente, il ponte tra due mondi che fino a un anno fa sembravano inconciliabilmente avversari. E lo sono ancora, s'intende. «La govemabihtà dell'esperimento di Lula dipende da questo nuovo movimento mondiale», ha aggiunto Frei Betto, cui Lula deve, senza alcun dubbio, il soste¬ gno massiccio delle organizzazioni ecclesiali di base. Si delinea insomma una specie di sinergia strategica tra il Forum Mondiale contro lo globalizzazione neo-liberista e il nuovo Brasile che esce da questa elezione storica. L'uno e l'altro, in apparenza nati da spinte indipendenti luna dall'altra, messi insieme rivelano un segno dei tempi (Ignacio Ramonet) e si rafforzano reciprocamente. 11 programma di Lula non può piacere a questa Washington repubblicana e imperiale, ma questo Brasile è troppo grande per poter essere maneggiato come il Venezuela. Dove il ghiaccio sotto i piedi di Chavez rischia di rompersi, Lula può camminare sicuro. «Lula è un risultato - esclama Frei Betto, citando lo stesso Lula di che cosa? Di quarant'anni di lotte democratiche e anche della lontana esperienza della lotta armata contro la dittatura. E questa di oggi è la prima volta, dalla caduta del muro di Berlino, che la curva della sinistra comincia a risalire». Ma attenzione e non fare passi falsi! Perché nessuno deve dimenticare «che noi non siamo arrivati al potere. Siamo solo arrivati al governo». Il segreto - lascia capire Betto sta tutto in questa capacità di non smarrire il senso della realtà. La strada non sarà facile, questo è nelle menti di tutti. Certo è che, se cadesse Chavez, il rimbombo si sentirebbe forte anche a Brasilia e San Paolo, e Porto Alegre, patria del primo e unico movimento internazionalista che si sta tentando dopo quello lontano e fallito del 1917, nel pieno deU'offensiva dell'impero, nell'infuriare di una crisi mondiale che non era stata prevista. Il capo di Stato ha incontrato politici ed intellettuali Si analizza il risentimento degli Stati Uniti per l'amicizia con Cuba e si difende il modello di cooperazione fraterna che sembra svilupparsi in America del Sud Lo scrittore Frei Betto spiega il nuovo corso della sinistra carioca «Il successo del governo è il risultato di oltre quarantanni di lotte democratiche ma anche armate contro la dittatura La curva della sinistra comincia a risalire» II presidente del Venezuela Hugo Chavez a Porto Alegre