Dopo 54 anni le due Cine unite da un volo diretto

Dopo 54 anni le due Cine unite da un volo diretto LA LOGICA DELL'ECONOMIA FA CADERE UN'ALTRA BARRIERA Dopo 54 anni le due Cine unite da un volo diretto Un aereo ha collegato ieri Taiwan e Shanghai, il 10 febbraio il viaggio si prolungherà fino a Pechino. Per ora si tratta di charter riservati agli isolani che lavorano sul continente, già previste tratte regolari analisi Francesco Sisci PECHINO LMANNO cinese della capra " chesta per cominciare con I il 1" febbraio comincerà in un modo veramente speciale per Pechino, perché per la prima volta nella loro storia il continente e Taiwan saranno uniti da un volo diretto, mettendo di fatto fine a 54 anni di separazione. Il primo aereo taiwanese è arrivato a Shanghai ieri. Ed è solo l'inizio, perché nelle prossime due settimane, prima e dopo del capodanno lunare, maggiore festa del calendario cinese, il traffico aumenterà per servire le migliaia di laiwanesi che lavorano nel continente e che vogliono tornare a casa per la festa. Per ora non si tratta di voli di linea, ma solo di charter e gli aerei fanno ancora scalo a Hong Kong, ma il ghiaccio delle comunicazioni dirette è rotto e Pechino e Taipei sono vicine come mai da mezzo secolo a questa parte. La storia di questi voli è complicata e piena di risvolti ironici. Pechino e Taipei sono indipendenti, di fatto, ma ufficialmente riconoscono l'esistenza di una sola Cina, e le due città affermano entrambe di essere il solo legittimo governo esigendo che gli altri Paesi riconoscano solo una rappresentanza cinese. In questa situazione, la crescila economica della Cina popolare e la sua nuova attiva politica estera hanno tolto via via spazio diplomatico all'isola di Taiwan. Così negli ultimi dieci anni si è rafforzalo nell'isola il partilo a favore di una dichiarazione unilaterale di formale indipendenza di Taiwan. Il continente però si oppone a questa scelta, poiché teme che tale dichiarazione da parte di un territorio abitalo da etnia han, la maggioritaria in Cina, rafforzi le spinte indipendentistiche di regioni come lo Xinjiang o il Tibet con una popolazione a maggioranza non han. Perciò Pechino minaccia una guerra se Taipei dichiarasse l'indipendenza. Questa situazione di tensione, esasperala nel 1995 quando Pechino lanciò una salve di missili intorno a Taiwan, si è aggravata per certi versi negli ultimi tre anni con l'elezione a presidente di Taiwan di Chen Shui-bian, leader del parti¬ lo indipendentista. Però dopo la sua elezione, paradossalmente, sono cresciute a dismisura le spinte profonde alla riunificazione. Nel 2001 gli scambi bilaterali erano raddoppiati rispetto all'anno precedente toccando quasi 28 miliardi di dollari, di cui r80nZo erano esportazioni taiwanesi verso la Cina popolare. Inoltre gli investimenti taiwanesi in Cina ormai hanno superalo i cento miliardi di dollari. I laiwanesi residenti sul continente cinese sono oltre 300 mila e sono tra il personale più qualificato dell'isola che conta 21 milioni di abitanti. L'economia cinese tira, quella taiwanese stenta, e gli uomini d'affari laiwanesi in Cina hanno per legge lutto il meglio: conservano i privilegi e le facilitazioni fiscali degli stranieri, ma non hanno alcuna delle loro limitazioni e quindi hanno anche tutti i diritti dei cinesi locali. Questi dati damio la dimensione non solo dei rapporti commerciali tra Pechino e Taipei ma spiegano quasi in dettaglio la dipendenza di Taiwan verso il continente cinese. La Cina attraverso le sue importazioni dà ogni anno oltre 20 miliardi di dollari a Taiwan, l'economia dell'isola in altre parole crollereb- be senza gli acquisti di Pechino. Allora Chen Shui-bian ha, in effetti, solo poche carte da giocare. L'appoggio degli Usa è oggi tiepido, visto che Washington ha bisogno di Pechino nella guerra al terrorismo e non vuole essere coinvolta in una dispula cinese dai contorni molto dubbi. Gli ultimi assi di Chen sono quelli che sono chiamati i «tre collegamenti», san long: i collegamenti diretti via aerea, via mare e delle telecomunicazioni. Oggi tali collegamenti avvengono attraverso Hong Kong, chiaramente una finzione poiché Hong Kong dipen¬ de da Pechino, ma la Cina popolare preme perché ci siano presto collegamenti diretti. Chen finora ha resistilo, ma la pressione crescente della sua comunità di laiwanesi sul continente lo sta facendo cedere. Il primo passo sono questi voli charter, e presto potrebbero esserci anche voli di linea tra Shanghai, dove abitano la maggioranza dei taiwanesi del continente, e Taipei. Restano le difficoltà politiche. Chen insiste a non volere affermare, come chiede Pechino, che c'è una sola Cina. Pechino invece si ammorbidisce e alla fine del 2002 Gian Qichen, vice premier cinese con la responsabilità per Taiwan, affermava che esiste una sola Cina e Pechino e Taipei ne fanno parte. Una dichiarazione che era un passo indietro rispello alla pretesa precedente che Taipei riconoscesse l'autorità di Pechino. Così la rigidità taiwanese appare un segno di debolezza, la duttilità cinese un segno di forza. Né questa forza di attrazione sembra destinata a esaurirsi, anzi. Infatti negli ultimi anni il grande capitale taiwanese è diventalo sempre più affascinalo dai tecnocrati spesso giovani e molto efficienti della Cina e sta perdendo fiducia invece nella continua guerriglia politica tra fazioni che tormenta la vita dell'isola. E poi ci sono i soldi. Pechino sta usando per Taiwan la stessa lattica che ha funzionato per Hong Kong: sedurre con lucrose prospettive di affari i ricchi isolani. I cittadini della Repubblica nazionalista residenti in quella comunista sono 300 mila. Gli investimenti toccano i 100 miliardi di dollari e l'interscambio commerciale nel 2001 ha sfiorato i 28 miliardi La politica cerca una via per adeguarsi alla realtà Due dragoni portafortuna salutano i passeggeri del primo volo diretto tra la Repubblica Popolare Cinese e l'isola di Taiwan

Persone citate: Chen Shui-bian, Francesco Sisci, Gian Qichen