Powell: gli Usa pronti ad agire da soli in Iraq di Stefano Lepri

Powell: gli Usa pronti ad agire da soli in Iraq IL SEGRETARIO DI STATO A DAVOS: «IL MULTILATERALISMO NON PUÒ' DIVENTARE UNA SCUSA PER NON FARE NULLA» Powell: gli Usa pronti ad agire da soli in Iraq Ma fa balenare uno Stato palestinese nel 2005 Stefano Lepri inviato a DAVOS «Gli Stali Uniti non hanno fretta di andare in guerra», ma «agiranno anche se altri non saranno pronti a unirsi»: davanti a una platea di industriali e finanzieri del mondo, per lo più timorosi che i loro affari siano danneggiati da un conflitto con l'Iraq, il segretario di Stato Colin Powell ha spiegato con emozione le ragioni della Casa Bianca. Agire secondo le procedure dell'Onu è preferibile ma non è obbligatorio poiché «il mullilateralismo non può diventare una scusa per non far nulla»; si formerà «una alleanza tra coloro che lo desiderano». Se gli ispettori Onu chiedono tempo «si può trattare di settimane, non di mesi». Al mondo arabo, presente in forza tra le nevi di Davos con governanti e petrolieri, Powell ha dato qualcosa di nuovo: il termine preciso del 2005 per la formazione di uno Stato palestinese «democratico» che. (in una aggiunta a braccio, non contenuta nel testo scritto) dovrà essere «uno Stato vero, con un territorio non spezzettato in mille frammenti». Perché l'obietlivo sia raggiunto saranno necessari «intensi sforzi da parte di tutti»: i palestinesi dovranno mettere da parte Arafat e «porre termine a terrorismo e violenza»; Israele «dovrà interrompere la costruzione di nuovi insediamenti» nei territori occupati. Isolato al centro di un grande palcoscenico, con la tv interna che spiava ogni moto del suo volto, il segretario di Stalo ha cercato di argomentare logicamente perché «per Saddam Hussein il tempo sta per scadere». Gli si sta forse chiedendo di dimostrare la sua innocenza, senza riuscire a provare la sua colpevolezza? No, perché la prova che esistevano in Iraq armi di distruzione di massa era stata già trovata nelle precedenti ispezioni Onu, quelle degli anni'90. Dunque «la risoluzione 1441 del Consiglio di Sicurezza Onu non richiede agli ispettori di trovare nuove prove. Essa richiede invece all'Iraq di rivelare l'intero suo arsenale di armi illecite e di distruggerlo». «Solo un miracolo può evitare la guerra, a questo punto», commenta 0 re Abdallah di Giordania, anche lui a Davos. «Saddam deve dire la verità, subito!», esclama Powell: già erano note decine migliaia di litri di antrace e bolulino, 30 mila proiettili capaci di contenere armi chimiche, e altro. Ci sono Stati che hanno in piena trasparenza distrutto armi atomiche che possedevano o attrezzature in gradi di fabbricarne: Ucraina, Kazakhstan. Sud Africa: «nessuna indicazione di comportamenti come questi è mai venuta dall'Iraq», e invece «le solile vecchie tattiche di inganno e di rinvio». E poi, «questo dittatore ha chiari legami con gruppi terroristici, inclusa al Qaeda». Di questo, come si sa, molli governi europei non sono convinti. Powell non ha precisato che cosa intendesse: l'incontro a Praga tra il dirottatore suicida Mohammed Atta e un diplomatico iracheno è stelo smentito con nettezza dal presidente ceco Vaclav Havel. Proprio a convincere l'Europa il segretario di Stato ha dedicato la gran parte delle proprie energie: «Gli Usa faranno ogni sforzo per cooperare con l'Europa, dove abbiamo i nostri amici e alleati più stretti», ma «quando siamo profondamente convinti di una cosa, agiamo da soli». Alle divergenze tra i due lati dell'Atlantico il World Economie Forum di quest'anno ha dedicato molta attenzione. Mentre si cerca di correggere i meccanismi della globalizzazione per riavvicinare Paesi ricchi e Paesi povpri, sembra dividersi l'Occidente, centro del mondo ricco. Secondo Powell «che ci sia talvolta diversità di vedute è già accaduto in passato e probabilmente è inevitabile; non si può parlare di arroganza americana ogni volta che se ne manifestano». Ma forse questa volta i pericoli sono maggiori. Senza fare polemiche, il presidente della Slovenia Janez Drnovsek espone un problema molto pratico: «A marzo il mio Paese voterà in un referendum se aderire alla Nato. Io mi batterò per il sì, ma temo che con una guerra in Iraq possa prevalere il no». Un veicolo Onu con una squadra di esperti in missili entra nel centro di ricerca Ibn al Haitham, alla periferia di Dayhuc.d