Il dolore per la morte di Giovanni Agnelli

Il dolore per la morte di Giovanni Agnelli PROFONDO CORDOGLIO DEL MONDO POLITICO ED ECONOMICO PROVINCIALE CHE RICORDA L'UOMO ATTENTO A INDUSTRIA, TERRITORIO, INFORMAZIONE E SPORT Il dolore per la morte di Giovanni Agnelli Ha avuto un ruolo fondamentale anche nello sviluppo del Vercellese Donata Belossi VERCELLI Certo sono pochi i vercellesi che hanno avuto modo di conoscere o di incontrare, anche solo per pochi minuti, Gianni Agnelli. Ci sono l'avvocato Dario Casalini per la Fondazione di Candiolo, il senatore Lorenzo Piccioni e l'ex senatore Roberto Scheda, ma anche se la città non proclama il lutto, tutti, dai rappresentanti delle istituzioni alla gente comune, sono rimasti colpiti dalla scomparsa di «un mito». Per quanto annunciata dalla lunga malattia, la morte sembrava non potesse avere la meglio sull'uomo-simbolo dell'Itaia legato anche al mondo dell'informazione come presidente dell'Editrice La Stampa. E le impressioni che si raccolgono vanno tutte in questo senso. «Anche se l'evento era nell'aria - dice l'avvocato Dario Casalini - resta la sensazione di un grande vuoto. La realtà è che Agnelli ha riempito oltre mezzo secolo di cronaca e, insieme, l'immaginario di giovani e meno giovani. Resterà difficile staccarsi da questo "mito" ancora per molti anni». Lo ripete, con altre parole, anche il sindaco Gabriele Bagnasco. «La notizia era attesa, ma l'impatto resta forte per tutti. Non c'è dubbio che sia scomparsa una delle figure più importanti del Dopoguerra. L'ho saputo mentre ero all'inaugurazione dell'Anno accademico di Ingegneria, ed è stato il ricercatore Giuseppe De Rita, presente nell'aula magna del Politecnico di Torino, a mettere subito in evidenza l'intreccio di conseguenze che verranno, in campo economico e sociale. Finisce un'epoca. Speriamo che quella che verrà non porti con sé troppi sconvolgimenti. Personalmente sono colpito e preoccupato per tutta la vicenda Fiat, che già fa sentire le sue ripercussioni negative anche sull'indotto vercellese». E' d'accordo con il primo cittadino, il presidente della Provincia Renzo Masoero: «In un momento di grande confusione, la morte dell'avvocato, figura carismatica per la Fiat ma anche per il Paese, accresce la preoccupazione. L'augurio è che l'azienda resti alla famiglia e soprattutto che resti italiana. In un mondo globalizzato, il rischio è che una realtà industriale così grande possa perdere la propria territorialità». Ma a Vercelli c'è chi ricorda Agnelli anche nella sua veste di primo tifoso della Juventus. L'arc«HafamSch Il sindaco Gabriele Bagnasco e il presidente della Provincia Renzo Masoero L'avvocato Dario Casalini e il senatore Lorenzo Piccioni L'ex senatore Roberto Scheda e l'arcivescovo Enrico Masseroni L'arcivescovo padre Enrico Masseroni «Ha garantito benessere a molte famiglie, adesso pregherò per lui» Scheda e Piccioni colleghi al Senato «Ho sempre invidiato ad Agnelli il suo aplomb durante le partite al "Delle Alpi" - ammette l'avvocato Roberto Scheda -. Qualche volta l'ho intravisto in tribuna, e, qualunque fosse il risultato, riusciva ad alzarsi e a lasciare lo stadio dieci minuti esatti dalla fine della partita. Anche se la mia Fiorentina ha spesso perso il match con la Juve, sono sempre rimasto a soffrire fino all'ultimo minuto». Poi però Scheda ricorda l'avvocato come collega al Senato. «Sono arrivato a Palazzo Madama nel '92 - dice - e durante il periodo del mio mandato ho notato come il senatore a vita Agnelli non mancasse mai, nono¬ roni » to stante gli ovvi impegni di un manager come lui, ad una votazione importante per il futuro del Paese: dalla finanziaria alle riforme costituzionali. Un esempio di assunzione di responsabilità da non dimenticare». Anche un senatore più «giovane» (in Senato dal 2000) come Lorenzo Piccioni dice di aver conosciuto Agnelli a Palazzo Madama. «E' stato particolarmente gentile e disponibile con tutti i nuovi eletti - ricorda - e mi colpì il suo carisma. In aula non ha mai preso la parola, eppure è sempre stata più che evidente la sua naturale autorevolezza, frutto di cinquant'anni di dirigenza Fiat. Ha portato il Piemonte nel mondo, è stato l'immagine dell'Italia capace di imporsi in Europa e Oltreoceano». «Un uomo di grande fascino» è la descrizione semplice ed efficace di Carla Passerini, delegata vercellese, con il notaio Francesco Poggia, per la Fondazione piemontese della ricerca sul cancro di Candiolo. All'inaugurazione del centro si è trovata seduta accanto ad Agnelli. «Per puro caso - ci tiene a sottolineare la signora - perchè l'avvocato, davvero schivo, non si era messo in prima fila. E così abbiamo scambiato alcune parole. Aveva una fasciatura alla mano e, alla mia curiosità, ha risposto di aver avuto un piccolo incidente con il suo cane». Agnelli a Vercelli? La storia recente della città non ricorda un suo passaggio. Ma a risalire alla fine degli Anni Quaranta, quelli del primo ciak di Riso Amaro, girato nella Veneria, già di proprietà della famiglia torinese, allora si potrebbe ricordare un giovanissimo Gianni, interessato alle riprese, pronto a mescolarsi con attori e maestranze, ancora lontano da quegli obblighi di rappresentanza che, se gli hanno reso la vita una fiaba, lo hanno pur sempre imbrigliato in ruoli fissi. «Da credente che celebra messa tutti i giorni, lo ricorderò nella preghiera di suffragio dice commosso e vicino alla famiglia l'arcivescovo di Vercelli Enrico Masseroni -. L'occupazione è l'elemento decisivo per la pace e il futuro, e Gianni Agnelli, nei suoi 30 anni di ^residenza Fiat, ha garantito avoro e benessere alle famiglie. E vorrei che il ruolo di grande industriale non fosse disgiunto dal suo valore morale e dalla sua probità. Questo è il giudizio immediato; sarà il tempo a scrivere il giudizio storico di una persona che è diventata personaggio».

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