«Lo Stato deve aiutare i fumatori a smettere» di Daniela Daniele

«Lo Stato deve aiutare i fumatori a smettere» PROPOSTA DEL COMITATO DI BIOETICA : «A RISCHIO SOPRATTUTTO LE DONNE INCINTE» «Lo Stato deve aiutare i fumatori a smettere» Daniela Daniele ROMA E' sacrosanto il dovere di preservare la salute dei non fumatori con divieti a tutto campo. Ma alla salute dei fumatori chi pensa? La domanda se l'è posta il Comitato nazionale di Bioetica che è giunto a una proposta concreta: una volta che sia stato accertato il rischio sanitario del fumo, lo Stato si prenda carico dei tabagisti intenzionati a smettere, assicurando loro i trattamenti necessari per uscire dal vizio della sigaretta. Il suggerimento sarà indicato in un documento che il gruppo di lavoro del Comitato sta preparando e che presenterà al voto dell'intero organismo. Si tratta, per ora, soltanto di una bozza che conterrà anche una parte dedicata ai rischi sanitari ai quali sono esposti i nascituri di donne che fumano. Non si proporrà alcun divieto di fumare per loro, come ha spiegato Bruno Silvestrini, ordinario di farmacologia all'Università La Sapienza di Roma e coordinatore del gruppo di lavoro. Ma verrà sottolineata l'esigenza che le gestanti siano correttamente informate sui reali pericoli per le creature che portano in grembo. Il problema è tutt'altro che insignificante dal punto di vista numerico. Quasi una donna su tre, infatti, non spegne la sigaretta neppure quando sa che sta per diventare mamma. Secondo un recente studio, su cento donne 23 si sono limitate a ridurre il numero delle sigarette, cinque non hanno cambiato abitudini e una ha fumato ancora di più. E fra le donne che hanno smesso di fumare durante la gravidanza, la grande maggioranza, pari al 76 per cento, ha ripreso a fumare subito dopo. Di queste, il 3 per cento ha addirittura acceso la sigaretta immediatamente dopo il parto, mentre il 4 per cento ha aspettato un mese, il 18 per cento ha pazientato fino a un anno di vita del bambino, il 37 per cento ha atteso la fine dell'allattamento e il 12 per cento ha resistito soltanto per un anno. Sono i risultati di una ricerca condotta dal Moige (Movi¬ mento Italiano dei Genitori) che, nei giorni scorsi, ha lanciato la prima campagna contro il fumo della donna in attesa. Una campagna per informare, così come chiederà il comitato nazionale di bioetica in un prossimo documento. I danni, ha spiegato Isabella Maria Coghi, associato di endocrinologia ginecologica all'università La Sapienza di Roma e componente del gruppo di lavoro sul tabagismo del Comitato di Bioetica, sono ormai certi. Si contano a decine gli studi che dimostrano quanto possa fare male il fumo durante la gravidanza, dalla nascita di bambini sotto peso alla morte in culla. «Molte sono le donne che decidono di smettere di fumare appena sanno di essere in attesa - ha ammesso sulla base dell'esperienza clinica -, ma resta il fatto che sono milioni quelle che non smettono». E il danno è anche per l'uomo fumatore: lo sperma, in determinati momenti del suo sviluppo, è più vulnerabile e il fumo riesce e ridurre la fertilità. Ma gli spermatozoi vivono poco e per fortuna basta smettere di fumare perchè un uomo possa tornare ad avere la stessa capacità riproduttiva di prima. Il gruppo di lavoro si sta occupando dei problemi legati al tabacco a tutto tondo, non solo dal punto medico, ma anche psicologico, sociologico e culturale. «Il Comitato dichiara il suo presdiente, Francesco D'Agostino - assumerà una posizione sulla base di dati concreti. Il fumo è un problema medico, sociale e culturale che non si può combattere in astratto, ma anche politico, laddove entra in conflitto il diritto personale di gestire il proprio stile di vita e il diritto della collettività di limitare i danni biologici». «E' un problema sociale e politico laddove entra in conflitto il diritto di gestire il proprio stile di vita e quello collettivo di limitare i danni biologici»

Persone citate: Bruno Silvestrini, Francesco D'agostino, Isabella Maria

Luoghi citati: Roma