CRAGNOTTI «Ha fatto strada il mio calcio senza bandiere»

CRAGNOTTI «Ha fatto strada il mio calcio senza bandiere»Ifeé Dopo ™" Berlusconi sono stato il manager più innovativo Trovai uno sport che ondeggiava tra l'etico e il sociale: l'ho rivoltato come un guanto, ho introdotto il business, mi sono inventato un metodo: Borsa, scambi, le plusvalenze 99 PER LA PRIMA VOLTA DOPO L'USCITA DI SCENA L'EX PRESIDENTE BIANCOCELESTE SI CONFESSA. INCORONANDO TOTTI, ZIDANE E IL FOOTBALL INGLESE CRAGNOTTI «Ha fatto strada il mio calcio senza bandiere intervista Roberto Beccantini inviato a ROMA RIFAREI tutto». Non è pentito, Sergio Cragnotti, padrone della Lazio dal 20 febbraio 1992 al 3 gennaio 2003. Undici anni di acrobazie e poi il passo d'addio, imposto dalla crisi della Cirio. «Finché la "banca" va». Appunto. A un certo punto, non è più andata. Dica la verità: mai nella vita si sarebbe dimesso di suo pugno. «Mai nella vita, certo. Conosco, però, le regole del gioco. Sono regole severe. Il crac del gruppo ha coinvolto tutte le strutture operative, Lazio in testa. Ho le mie responsabilità, ma non mi si venga a dire che abbiamo rischiato di fare la fine della Fiorentina. Balle. Lascio un centro sportivo stimato 350 miliardi di lire e un parco di 26 giocatori fra i migliori in circolazione. Cesare Geronzi e Capitalia pensavano di aver individuato un acquirente di fiducia. All'orizzonte, per la verità, non vedo nessuno. Aspetto, curioso». Preoccupato? «Gliel'ho appena detto: curioso». Lo stile Cragnotti: parliamone. «Dopo Berlusconi, sono stato il manager più innovativo. Quando bussai alla porta di Calieri, trovai un calcio che ondeggiava fra l'etico e il sociale. L'ho preso di petto, l'ho rivoltato come un guanto, ho introdotto il business. Prendevo e cedevo, cedevo e prendevo. Macché simboli, macché bandiere, per fare della Lazio una delle sette sorelle non c'era altra strada». A che prezzo, però... «Tornassi indietro, rifarei le stesse cose. Roma non ha dentro di se la tradizione e il potere della Juventus e delle milanesi. Bisognava sparigliare il mazzo. Mi sono inventato un metodo tutto mio, discutibile ma vincente. La Borsa, le plusvalenze, gli scambi ad altissimo livello: e l'intuizione che Mancini sarebbe stato un signor allenatore. Prenda l'albo d'oro dal '92 al '99: cinque volte il Milan, tre volte la Juve. Improvvisamente, Lazio e Roma. Avevo ragione io». A sentire i tifosi, non si direbbe. «Ma io non ho mai cercato il loro consenso. Ho cercato il risultato: il risultato e basta. Badavo al sodo, non al cuore. Anche in questo, sono stato un presidente diverso». Carraro, Galliani, Giraudo: Asse del male, come dice Sensi, o che cosa? «Imprenditori moderni, vicini alla mia mentalità. Complotti e venti del Nord fanno parte del folclore italiano. Galliani e Giraudo li ho pure battuti: e anche Sensi, se non sbaglio, ci è riuscito». Nesta? «Sul piano tecnico, m'inchino. Un grande. Non altrettanto a livello umano. Mi aspettavo di più. E poi...» E poi? «Ci ho rimesso almeno 40 miliar' di. Avrei dovuto venderlo due anni fa: l'avrei piazzato a 100. Cosi, invece, mi sono dovuto accontentare di 60... Non per ^ÉL Ho badato ™" al sodo e non al cuore: se potessi, ripeterei tutto Non si dica che saremmo finiti come la Fiorentina Gascoigne mi servì per l'immagine. Nesta è stato una delusione, Vieri e Nedved due affari Mendieta, 90 miiiardi buttati 99 niente ci eravamo già assicurati Stam, il suo sostituto naturale». Mendieta? «L'errore che non rifarei. Quarantacinque milioni di euro buttati. Stipendio a parte, non gli si è dato nemmeno il tempo di guardarsi attorno». Un acquisto d'immagine? «Gascoigne. Mica ci serviva. Lo presi perché, nel mondo, la Lazio non la conosceva nessuno. Per la verità, fu un mezzo lascito di Calieri. E comunque ci aiutò a "sbarcare" in Europa». Vieri? «Preso a 50 miliardi, dall'Atletico, rivenduto a Moratti a 90. Modestamente». Il tradimento di Nedved? «Non esageriamo. Pagato nove miliardi, piazzato alla Juve a 75. Tradimento? Nel suo piccolo, un capolavoro... e Veron, 50 al Parma, 75 dallo United. Straici della mia filosofia. Non proprio da curva, forse, ma da alto bordo. Mi creda: se avessi fatto il buo¬ no, dando retta ai cori e agli striscioni, la concorrenza mi avrebbe sbranato». Rimpianti? «Zidane. Governato ci era arrivato prima di tutti. Esitai. Se lo pappò Moggi. Ma più che Zidane, Ronaldo. Un anno e mezzo di caccia, io che ero abituato ai blitz, alle operazioni lampo tipo Stankovic, ore 10 a Belgrado ore 4 di notte la firma. Per Ronaldo scomodai addirittura Joao Havelange, allora presidente della Fifa. Sembrava una formalità: due milioni e mezzo di dol lari al giocatore, 40 miliardi al Barcellona. Non so Z come, ma Moratti fu piùi persuasivo». \ Si può vincere senza \ sporcarsi le mani?. «Il mio scudetto è sicuramente pulito. Vede, noi italiani siamo più sensibili al sospetto che alle analisi. Le topiche arbitrali fan no parte del gioco. Così come le polemiche. Glielo dice uno che per un punto ha lasciato un campionato al Milan. Rigori, fango, veleni: scagli la prima pietra chi». Le "organizzazioni a delinquere" di Sensi? «Franco è un tipo sanguigno: pane al pane, sempre. Si piace così. Io sono più portato ali dialogo, anche se il pomeriggio del caso De Santis-Cannavaro avevo un diavolo per capello e il Milan non c'entrava...» Passi in rassegna i suoi grandi rivali. «Carraro è il tessitore per eccellenza. Giraudo, un cardinale. Moggi, un broker. Galliani, il ragioniere che tutti vorremmo avere. Tanzi, un cavaliere. Sensi, l'ultimo bartaliano, gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare». E Moratti? «Un filosofo. Che ammiro e, nello stesso tempo, non sempre capisco. Si può perdere uno TI agli mi rivaSe lo Zidazo di to ai tipo o ore naldo Havedella tà: Z \ sì lo ha al ni: elinigno: piace to ali riggio avaro lo e il i ^\ scudetto come ha fatto l'Inter il 5 maggio? Al posto suo, sarei ancora lì a farmi l'esame di coscienza». I suoi allenatori, adesso. «Mancini, un predestinato: genio e regolatezza. Zoff, un mito. Zeman, tutto campo e niente società. Nemico giurato della doppia F, farmacie e finanze, ha avuto molte ragioni sulle prime, poche sulle seconde. Zac¬ cheroni, un incompiuto: la squadra non lo seguiva, gli infortuni fecero il resto. Eriksson, il migliore. Nello spogliatoio, alla lavagna, nei rapporti. La Lazio 3Ìù grande rimarrà, nei secoli, egata a lui». Cragnotti, perché non pagava più gli stipendi? «Il mercato era bloccato, Nesta, come ho già detto, lo dovetti vendere a prezzo quasi straccia¬ to, e anche Crespo. Erano gli acquirenti a dettare le condizioni. E poi, a monte, il "default" del gruppo. Però, ripeto, la Lazio non era e non sarà mai una Fiorentina». Passaportopoli? «Se leggerezze furono commesse, non si trattò certo di malafede. La caccia al bisnonno italiano era diventata quasi un gioco di società... E' un popolo, il nostro, che va malto per lo scorciatoie». Quelli del Chievo gliel'han- no giurata. «C'erano in ballo due giocatori, Manfredini e il non ancora Luciano, il presidente Campedelli fece di testa sua e non onorò quel patto fra gentiluomini che avevamo siglato. Colpa sua». Pure Campedelli la pensa così: colpa sua... «I miei sono fatti, non opinioni». Chi vince lo scudetto? «Il Milan. Ha uno squadrone, ^ jfe Carrara, Galliani ^" e Giraudo sono i più vicini alla mia mentalità. Sensi è un bartaliano. Roma non ha il potere della Juve e delle milanesi, bisognava sparigliare il mazzo. Ho lasciato solo debiti? La Lazio è a 3 punti dal WVùarv. le chiamate ft A macerie? ^^ LA SUA FORMAZIONE IDEALE m Td MARCHEGIANI ^h PANCARO VERON .EGRO ™Af ,t^ALI\ ALMEYDA FAVALLI NEDVED 'MANCINI ® VIERI SIGNORI Allenatore: ERIKSSON altro che rigori o favori». E la Champions League? «Pista inglese: Manchester United oArsenal». Il giocatore italiano più forte? «Totti, per distacco». E nel mondo? «Zidane. In assoluto». Il doppio designatore? Il sorteggio? «Ne parlammo a cena da Carraro. Galliani, Giraudo, Sensi, Moratti, Tanzi, io. Tutti d'accordo. Il male minore». Che cosa pensa di aver lasciato al calcio italiano? «Già immagino la risposta: un sacco di debiti. E invece la prego di tornare al discorso delle sorelle. Quante erano in principio? Sette, se non sbaglio. Bene: la Fiorentina ò scomparsa, il Parma naviga a centro classifica. Ne restano cinque: con la Lazio, la "mia" Lazio, a tre punti dal Milan. E lei queste le chiama macerie?».