Chirac e Schroeder, il duello con Washington continua di Francesca Sforza
Chirac e Schroeder, il duello con Washington continua Chirac e Schroeder, il duello con Washington continua A Berlino i due leader ribadiscono il loro «no» al conflitto, aspre reazioni alle parole di Rumsfeld Francesca Sforza corrispondente da BERLINO Quello che mancava alle celebrazioni franco tedesche - il calore, la sensazione del gesto storico, il reale comvolgimento dei due popoli - è arrivato ieri, a Berlino, davanti alla nuova sede dell'Ambasciata di Francia, a due passi dalla Porta di Brandeburgo. Quando i due capi di Stato sono scesi dalle auto, la folla li ha coperti di applausi. Non per aver siglato una nuova proposta per la Convenzione, non per aver stretto cento e uno accordi di cooperazione rafforzata, ma per aver avuto il coraggio di dire no alla guerra di George Bush. Un no deciso, congiunto, persino privo di accenti polemici. «Se questa è la "vecchia Europa" diceva ieri sera un anziano berlinese tornando a casa dopo la manifestazione davanti all'Am¬ basciata di Francia - allora io sono contento di essere un vecchio europeo». I dubbi sulla volontà dei francesi di porre il veto al Consiglio di Sicurezza si sono cominciati a diradare ieri mattina, di fronte alla domanda di una studentessa tedesca: «Ci hanno detto che non possiamo fare domande sulla guerra in Iraq, ma solo sulla situazione economica - ha esordito la ragazza durante l'incontro pubblico al Parlamento di Berlino tra Schoeder, Chirac e 500 studenti liceali provenienti da Francia e Germania - ma vorrei lo stesso chiedere se voterete per il no al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite». «Qui si può fare qualsiasi domanda» - ha rassicurato Schroeder, e poi ha aggiunto: «La guerra non è inevitabile, e per la Germania resta fermo che non daremo il nostro voto per legittimare questa guer- II ministro dell'Ecologia francese, signora Bachelot suggerisce di rispondere come fece Cambronne ra». Prima che il Cancelliere potesse portare nuovi argomenti alla sua tesi, il presidente Chirac ha chiesto la parola: «Ciò che è stato appena detto - ha dichiarato - esprime la nostra comune politica estera. Senza la possibilità di difendere insieme i valori in cui crediamo, non ci può essere nessuna azione diplomatica congiunta». Non proprio una dichiarazione di voto - gli uomini del presidente francese hanno precisato che la Francia «preferisce tenere aperte diverse opzioni» ma quasi. Il modo con cui il sottosegretario americano Donald Rumsfeld ha ironizzato sulla «vecchia Europa» non è piaciuto a nessuno e ha contribuito a rafforzare il fronte del no nelle opinioni pubbliche di Francia e Gennania: e se Joschka Fischer ha cercato di abbassare i toni dicendo di non credere che la posizione tedesca «rappresenti un problema», la leader della Cdu Angela Merkel ha parlato di «affermazioni sbagliate» e l'ex ministro della Difesa cristiano democratico Volker Ruehe ha definito Rumsfeld «un non diplomatico», incapace di vedere «la nuova Europa che sta nascendo». Dall'altra parte del Reno, poi, la ministra dell'Ecologia Roselyne Bachelot ha suggerito di rispondere a Rumsfeld con la stessa parola usata da Cambronne nei confronti degli ingle¬ si. «Quando si appartiene a un continente vecchio per storia, cultura, politica, economia, si è impregnati di una certa saggezza e la saggezza può essere talvolta una buona consigliera», ha commentato con maggiore pacatezza Jean Francois Copé, portavoce ufficiale del governo francese. A Berlino, nel frattempo, il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin ha invitato Rumsfeld ad avere più rispetto, «perché l'Europa guarda al futuro». Riusciranno Francia e Germania a farsi ascoltare da Washington o, per usare le parole del portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer, finiranno soltanto col «restare in panchina»? Chirac, al momento, ha un margine di manovra più ampio rispetto al cancelliere Schroeder, ma le opinioni pubbliche dei due Paesi sono già scese in campo. E hanno detto no alla guerra in Iraq. «Io ritengo che sia una combinazione delle due cose. Noi abbiamo più informazioni, in larga parte segrete e perciò inaccessibili agli altri, anche se spero che nel dibattito delle prossime settimane ci sarà l'occasione di divulgarle. Francamente, però, ci sono nazioni che vorrebbe semplicemente girare la testa dall'altra parte, fingendo che il problema non esista. Sono inquiete per le consejuenze della strada tracciata dala risoluzione 1441, e cioè l'uso della forza se l'Iraq non ottempera alla risoluzione. Noi, sottoscrivendo la 1441, speravamo per il meglio ma eravamo pronti al peggio. Lo spiegamento di forze nella regione del Golfo è di appoggio all'azione della diplomazia, il presidente Bush non ha ancora deciso se fare o non fare la guerra e quella decisione può essere evitata se nell'imminente futuro il regime iracheno ottempera ai suoi obblighi verso la 1441». I sondaggi d'opinione dicono che "appoggio alla posizione Usa sta calando in tutto il mondo. Siete preoccupati? «Certo che siamo preoccupati. Ovviamente seguiamo i sondaggi, ma dobbiamo fare ciò che riteniamo giusto fare. Noi riteniamo che, se riusciremo a spiegare bene la questione agli americani e al mondo intero, quell'appoggio ci sarà». II presidente francese Chirac e il cancelliere tedesco Schroeder hanno più volte ribadito che faranno tutto il possibile per evitare l'azione militare contro l'Iraq. Che cosa ne pensa? «Conosco la loro posizione e penso che forse dovrebbero aspettare di vedere il rapporto degli ispettori. Bush spera ancora in una soluzione pacifica del problema ma, come ho detto, tutto dipende dal regime iracheno. Quello su cui non transigiamo è il disarmo dell'Iraq : se non sarà possibile pacificamente, lo faremo con la forza». Copyright Pbs
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